Si è svolto a Salerno nei giorni scorsi il 3° e ultimo modulo del percorso formativo WelfareLab, organizzato dalla Scuola di formazione “Pino Virgilio” della Filca-Cisl nazionale. La due giorni di lavoro è stata dedicata agli aspetti operativi della costruzione di un Piano di welfare integrativo. Anche questo modulo, come i precedenti, si è avvalso del contributo di figure esterne che da tempo operano, sebbene in diverse esperienze e in ruoli diversi, sul tema del welfare integrativo e dei suoi sviluppi. “Il percorso è stato davvero interessante e proficuo – ha dichiarato Roberto Scotti, direttore della Scuola – e ci ha permesso di sviscerare il tema da prospettive diverse e nuove. Il nostro obiettivo è costruire una rete interna, che ci consenta di non farci cogliere impreparati sul welfare e su tutto ciò che gli gira intorno, argomenti destinati a diventare sempre più centrali nel mondo del lavoro e nella società in generale”.
Molto apprezzato l’intervento di Felice Di Lernia, antropologo, operatore sociale e formatore: “Rilevo un focus forte riguardo al welfare aziendale che è una nicchia ed è importante da tematizzare in un certo modo”. Di Lernia ha raccontato un aneddoto molto efficace: “Nel cantiere della Cattedrale del Mare a Barcellona, gli operai fanno lo stesso lavoro con gli stessi attrezzi, ovvero rendere uguali i tufi. Arriva un pellegrino che chiede al primo operaio cosa sta facendo e dice “sto segando mattoni”, il secondo risponde “porto lo stipendio a casa”, il terzo dice “stiamo costruendo una cattedrale”, il quarto dice “stiamo glorificando Dio”. Il primo non ha visione né motivazione, il secondo ha motivazione, il terzo ha una visione di sistema il quarto ha una visione politica. Il secondo forse è il più attuale di tutti”.
Il segretario nazionale della Filca, Salvatore Federico, ha chiuso i lavori: “Non ci può essere visione senza formazione. È necessario essere formati e informati per poter conoscere e quindi saperci orientare nella direzione da prendere, non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare (Seneca). Per questo – ha detto – non dobbiamo guardare dal buco della serratura, vale a dire non dobbiamo limitarci a prendere le informazioni che giungono più facilmente e/o in misura più massiccia (per esempio da facebook, twitter, ma anche dalla televisione), né stare appesi ad un albero, cioè vivere fuori dal mondo rinchiudendoci nei nostri ambiti sicuri ma ristretti”.
“Le parole – ha aggiunto il segretario nazionale della Filca – costruiscono la realtà: sono le parole che ci vengono dette a costruire un’idea del mondo, per questo è necessario che ci riappropriamo dei significati con cui riempire di contenuto le nostre affermazioni, allo stesso tempo dobbiamo dare valore a quei significati senza abusare di parole che, nel continuo riuso fuori ambito, possono svuotarsi e perdere il loro valore. La politica ci dà, di questo, un chiaro esempio. Le nostre parole sono: partecipazione, visione, contrattazione, ma anche meritocrazia e fatica.
Per sostenere i nostri lavoratori vogliamo perseguire politiche di welfare con particolare attenzione verso i nostri obiettivi principali che sono: persona, famiglia, territorio e contrattazione, con le loro implicazioni e interconnessioni. Partendo dalla considerazione della fragilità e vulnerabilità dell’individuo, sempre più solo di fronte ad una complessità in continua e in veloce evoluzione, individuo che necessita che gli siano fornite risposte ma anche percorsi interpretativi della realtà. Per questo è necessario mantenere la chiarezza della visione all’interno della moltiplicazione e frantumazione delle problematiche e delle pressioni, una visione che deve poter connettere la memoria di chi siamo per fondare il chi vogliamo diventare. Infatti, senza un saldo basamento e un continuo ritorno sulle nostre fondamenta subiamo il rischio della schizofrenia tra la volontà di risposta ai nostri desideri e la responsabilità dell’essere dirigenti sindacali.
“Per questo – ha sottolineato Federico – scegliere e accogliere la fatica del cambiamento, assumerci la responsabilità della elaborazione di una visione, e giungere alla capacità della proposta che possa costruire le condizioni per la sua realizzazione, sono i tre termini su cui il nostro impegno deve fondarsi, come una boa ancorata al fondo che sa resistere alle correnti. Una visione che è la costruzione di un nuovo umanesimo che riponga la persona al centro del cosmo; che è ridare concretezza ad un’immagine della persona che è ormai ridotta solo alla sua superfice, impegnandoci nell’ascolto e nel ridare peso e spessore alla sua vita; che è riconoscere il ruolo della famiglia come sorgente di quello che la persona diventerà e che è il sostegno primo, e spesso l’unico, alle fragilità presenti nel corso dell’esistenza ognuno, ma che nello stesso tempo è destinataria dell’aumento dei carichi e della diminuzione delle risorse; infine il territorio, luogo di bisogni ma anche di opportunità di possibili risposte.
Questa visione trova la sua bellezza attraverso la contrattazione che dà forma a quella che, inizialmente era solo una visione. Se riusciamo a comunicare la nostra visione ovvero che vogliamo una società più giusta, riusciremo anche a far condividere i nostri progetti come aumentare l’adesione ai fondi, nell’ottica della democrazia economica. La responsabilità è anche verso i migranti e verso l’offerta di chiavi di lettura per ritrovare il significato alla loro accoglienza. Ugualmente creare percorsi per creare una giustizia sociale condivisa fra tutti, coinvolgendo anche i lavoratori extra azienda nel welfare, dobbiamo pensare a tutti i lavoratori e a tutte le persone. Non ci mancano gli strumenti: siamo quelli degli Enti Bilaterali, le casse sono tutte diverse ma sono nazionali, perché non si può fare entrare anche le aziende del legno nella bilateralità? L’innovazione parte dal territorio, attraverso sperimentazioni, e poi diviene nazionale.
Altro strumento è Welfarelab che è un contenitore per dare risposte, abbiamo anche i consulenti necessari per poterlo fare, e possiamo rispondere a chiunque lo richieda. Per diffondere meglio quanto abbiamo finora elaborato, l’idea è ripetere i contenuti principali dei tre moduli sia al gruppo che all’esecutivo, anche con l’aiuto degli esperti che ci hanno affiancato. Vogliamo costruire un pensatoio con le persone che abbiamo incontrato perché ci aiutino a fare quello che, come Filca, vogliamo fare. Infatti noi siamo i dirigenti e quindi spetta solo a noi la elaborazione e la realizzazione della decisione finale.
Non ci può essere visione senza formazione – ha detto – e per questo non dobbiamo guardare dal buco della serratura né stare appesi ad un albero. Le parole costruiscono la realtà, le nostre parole sono: partecipazione, visione, contrattazione, meritocrazia e fatica. Se riusciamo a comunicare che vogliamo una società più giusta riusciamo anche ad aumentare l’adesione ai fondi, nell’ottica della democrazia economica. La responsabilità è anche verso i migranti. Dobbiamo coinvolgere anche i lavoratori extra-azienda nel welfare, dobbiamo pensare a tutti i lavoratori. Siamo quelli degli Enti Bilaterali, le casse sono tutte diverse ma sono nazionali, perché non si può fare entrare le aziende del legno nella bilateralità? L’innovazione parte dal territorio. WelfareLab è un contenitore per dare risposte, abbiamo anche i consulenti necessari per poterlo fare. Vogliamo costruire un pensatoio con le persone che abbiamo incontrato perché ci aiutino a fare quello che, come Filca, vogliamo fare. Infatti noi siamo dirigenti e quindi spetta a noi la decisione finale”.
Numerosi e interessanti gli spunti emersi nel corso dei lavori di gruppo: i corsisti hanno evidenziato che i bisogni si differenziano per la popolazione, perché gli italiani hanno bisogno di cura per gli anziani mentre per gli stranierei ha più importanza l’infanzia. E’ stato inoltre sottolineato il concetto di trilateralità: lavoratori, aziende, istituzioni, in cui deve rientrare la gestione del mercato del lavoro. La formazione scolastica come è strutturata non permette di coniugare l’incontro domanda offerta, la formazione professionale potrebbe consentire l’accesso al lavoro. La visione del sindacato passa anche riportando a chiamare Inas e Caf con il nome Cisl, così da ricostruire un percorso comune. Rispetto ai fondi pensione si ritiene opportuno omogeneizzare i fondi al fine della democrazia economica in investimenti etici in economia reale. Forte emigrazione verso l’estero con brusco calo delle nascite e forte immigrazione situazione che può cambiare il volto del Paese. Offrire servizi non solo a chi è occupato ma a tutti. C’è impoverimento culturale perché chi studia parte. La questione della sanità è una questione con differenze territoriali, in alcuni luoghi pesa un forte inquinamento e incidenza di tumori, su altri ci sono spostamenti per cercare le eccellenze e su altri lunghe liste di attesa e necessità di spostarsi”, ha concluso Salvatore Federico.