VERTENZA NATUZZI, SOLUZIONE VICINA?

VERTENZA NATUZZI, SOLUZIONE VICINA?

Fa capolino un moderato ottimismo sulla vertenza Natuzzi, dopo l’ennesimo incontro al ministero dello Sviluppo economico. Sul tavolo cominciano a concretizzarsi varie opzioni, sulle quali potrebbe arrivare l’accordo agognato tra azienda e sindacati per scongiurare il licenziamento di 1726 dipendenti dichiarati in esubero dal gruppo di Santeramo in Colle, in provincia di Bari. Tre sono le date importanti: il 24 e 25 settembre prossimi, e poi il 3 ottobre. In quei tre giorni sono in programma la firma del mancato accordo sulla procedura di mobilità per i 1726 dipendenti e confronti serrati sulle ipotesi in campo, prima in ristretta e poi in plenaria.
“Siamo davanti ad un bivio”, afferma Paolo Acciai, segretario nazionale della Filca-Cisl. “O aspettare il 16 ottobre, data in cui scade la Cig, e assistere inermi al licenziamento dei dipendenti, oppure cercare tutte le soluzioni possibili per il ricollocamento dei lavoratori. Ovviamente stiamo lottando per la seconda. Le nostre priorità sono evitare che il lavoro possa andare all’estero e riuscire a conservare il posto ai dipendenti che rischiano. L’ultima opzione percorribile, invece, è la definizione di incentivi per l’esodo volontario. Ma sarebbe una sconfitta per il sindacato – afferma Acciai – perché vorrebbe dire snaturare il nostro ruolo, sempre teso all’occupazione”.
Il ventaglio delle possibilità al momento è vasto, non si esclude nessuna soluzione. Si sta ragionando sugli incentivi all’esodo, sulla stipula di contratti di solidarietà, sul trasferimento della produzione rumena in Puglia e sulla creazione di newco. Queste ultime consisterebbero in nuove aziende satellite del Gruppo Natuzzi, di proporzioni ridotte, in grado di ottenere la salvezza della casa madre con lo spostamento della produzione dagli stabilimenti della Romania alla Murgia. Il progetto potrebbe ricevere una parte delle risorse (in totale 101 milioni di euro) messe a disposizione nell’Accordo di programma dal Mise e dalle regioni interessate, Puglia e Basilicata. L’accordo, infatti, siglato nel febbraio scorso, prevede l’utilizzo delle risorse per la “salvaguardia ed il consolidamento delle imprese che operano nel settore del mobile imbottito, per l’attrazione di nuove iniziative imprenditoriali e per il sostegno al reimpiego dei lavoratori espulsi dalla filiera produttiva”.
Fino a pochi anni fa il distretto, che sorge a cavallo tra le province di Bari, Taranto e Matera, poteva contare su circa 15mila addetti, per un fatturato di 2,2 miliardi di euro.

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