Vi proponiamo una nota di Ottavio De Luca, segretario generale della Filca-Cisl Toscana.
Molti in questo periodo parlano di riformismo, ma spesso non sono che parole perché poi non vengono praticate nella realtà con vere riforme avviate e realizzate. Ancora oggi nella nostra regione, la Toscana, registriamo una poca incisività della politica regionale in tema di sviluppo infrastrutturale. Emerge in maniera chiara il forte ritardo sugli investimenti infrastrutturali della nostra regione. Restiamo ancora in attesa del completamento della Due Mari per la Siena–Grosseto ma anche degli investimenti per la migliore viabilità dell’A11 o di tutti gli interventi riguardanti la sicurezza stradale con una rapida manutenzione delle strade regionali. Come la stessa realizzazione del Passante Ferroviario Alta Velocità del Nodo di Firenze, della nuova Stazione AV e delle opere infrastrutturali connesse, che, sappiamo tutti, rappresenta un tassello di straordinaria importanza nel programma di modernizzazione del sistema regionale per le Grandi Opere unico per la Toscana, e che produrrà effetti positivi, già rilevabili dalla cantierizzazione delle opere, sul piano economico ed occupazionale.
Le grandi opere non possono essere opere incompiute ma devono essere realizzate in tempi certi. E’ pertanto necessario velocizzare la cantierizzazione di queste opere per recuperare il gap di competitività diventato ormai non più sostenibile. Senza la spinta dell’investimento e dello sviluppo pubblico anche infrastrutturale e di reti, non si può creare occupazione ed innescare l’investimento e di conseguenza produrre un’inversione ciclica di cui tutto il nostro paese ha bisogno. Solo in Toscana si possono creare da subito 10.000 posti di lavoro nell’edilizia e attivarne almeno altri 30 mila nell’indotto. Lo sviluppo infrastrutturale è il primo step per far ripartire il settore ma anche per modernizzare la viabilità e mobilità della nostra regione. Dagli ultimi dati forniti dalla consueta indagine della Camera di Commercio, il mondo delle imprese registra segnali di ripresa e si evidenzia anche un aumento delle unità produttive. Purtroppo, pur rallegrandoci per quanto emerso, teniamo a precisare che per il settore dell’edilizia non s’intravede alcuni segnali di ripresa, seppur lieve, sul quale fondare il ritorno a condizioni minime di normalità del comparto. Lo testimonia il panorama delle realtà aziendali del settore nella nostra regione che è a dir poco devastato, e oggi, come ieri, assistiamo impotenti alla sparizione di aziende storiche che impoverisce il tessuto industriale ed economico di un comparto sempre più in stato di emergenza.
Un segnale incontrovertibile, che rappresenta solo uno spaccato dei dati complessivi della nostra regione, proviene dall’analisi dei dati della Cassa edile lucchese che oltre a continuare a registrare diminuzioni di imprese e operai (negli ultimi 5 anni sono sparite oltre 400 imprese e più di 2000 lavoratori), evidenzia fenomeni sempre più preoccupanti di abusivismo delle regole contrattuali che, molto probabilmente, corrispondono ad una nuova, pesantissima ondata di lavoro sommerso nel settore che anni di faticosa politica sulla regolarità contributiva aveva cercato di contenere. Nonostante un’economia locale che sembra, seppur faticosamente, tornare a crescere, duole constatare con amarezza, come abbiamo ripetuto più volte in questi anni, che, invece, quello dell’edilizia è un settore che sembra non avere futuro, abbandonato, che non è più considerato né difeso da nessuno se non dalle associazioni di categoria: non dalla normativa, sempre più complicata e alienante che non premia il merito e la professionalità degli operatori ma permette un mercato senza controllo, basato su sistemi di qualificazione e certificazione sostanzialmente accessibili a chiunque; non dal sistema creditizio, ancora incapace di creare un virtuoso e più maturo rapporto con le imprese, per sostenere le iniziative aziendali e gli investimenti necessari a sostenere le timide richieste del mercato; non dalle Amministrazioni pubbliche, a cui spetterebbe, tra l’altro, il compito di salvaguardare l’occupazione e il benessere economico del proprio territorio, ma che invece contribuiscono a incentivare un sistema fallimentare a scapito della qualità del lavoro e della serietà di imprese e professionisti.
Più volte abbiamo contestato i bandi che continuano ad ignorare il prezzario regionale o si affidano a sistemi di aggiudicazione illegittimi che prevedono il sorteggio indiscriminato delle imprese, rinunciando alla fine a quel ruolo di selezione consapevole ed efficace che l’amministratore pubblico ha l’onere di avere. Tali comportamenti contribuiscono a peggiorare lo stato di un settore, dove si lavora sottocosto in un continuo gioco al massacro: è impensabile per le imprese partecipare a gare di appalto in cui non è possibile spendere le caratteristiche di affidabilità, capacità e di struttura come fossimo in una lotteria. Oggi le aziende che ancora resistono, hanno capito che l’unica difesa è quella che possono creare loro stesse senza affidarsi ad altri. Ne è un esempio la nascita dell’Ance Toscana Nord, che tra poche settimane eleggerà il suo presidente. Scelta questa, dettata soprattutto dalla consapevolezza che solo facendo rete e unendosi si potrà riaffermare con maggiore forza le necessità e la dignità di un comparto quello edile, che facendosi da effetto volano del mercato interno, potrà ancora fare la differenza in questo paese.
Noi – come Filca Toscana – abbiamo sempre auspicato che solo la nascita di imprese consorziate, in tempo di crisi, avrebbero quantomeno tamponato le conseguenze che il crollo del settore ha avuto in questi ultimi anni, fronteggiando meglio le difficoltà con più una maggiore presenza di imprese regolari e virtuose, sviluppando la c.d. white list di imprese, premiate per il lavoro regolare e sicuro a fronte di irregolarità e subappalti sfrenati in questi anni di caduta libera del settore edile. I primi ad innovarsi pertanto devono essere proprio loro, le imprese, il sistema Ance, che deve investire e non solo contenere i costi dell’appalto con risparmi che vanno sempre a scapito dei lavoratori. Spesso invece – continua Ottavio De Luca- assistiamo ad un insieme di costruttori che dice ‘ la politica non fa niente, non opera riforme’ ma quando tocca a loro ‘imprese’ innovare il sistema, fare davvero riforme di settore per salvaguardarlo, non ci riescono e anzi disdettano un virtuoso e prezioso accordo regionale che prevedeva la regionalizzazione degli enti bilaterali di settore con una conseguente diminuzione di costi di gestione a favore di imprese e lavoratori!
Un atteggiamento questo, che reputiamo irresponsabile e schizofrenico, che non vuole mettere in sicurezza gli enti bilaterali, che invece noi vogliamo garantire con la sostenibilità del sistema e la tutela per le imprese, per i lavoratori ed in generale per tutto il nostro settore.