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TESTO UNICO SULLA SICUREZZA, LA POSIZIONE DELLA CISL

TESTO UNICO SULLA SICUREZZA, LA POSIZIONE DELLA CISL

Roma
Il testo è stato approvato venerdì scorso in Consiglio dei Ministri
Venerdì scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo Testo Unico sulla Sicurezza. Adessp il testo passerà all’esame delle due commissioni lavoro di Camera e Senato e delle Regioni, per giungere all’approvazione finale entro la data inderogabile del prossimo 15 maggio.
Analizzando complessivamente le modifiche elaborate da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, relative all’articolato del d.lgs.81/08, previste nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri del 27 marzo 2009, concentrandoci su quelle riferite al Titolo I ed esprimendo un giudizio positivo sul totale recepimento da parte del Ministero dei punti dell’Avviso comune, si esprimono alcune prime considerazioni.

  • in merito ai punti dell’Avviso comune, si evidenzia un non puntuale e corretto recepimento in relazione al tema delle visite pre-assuntive. Il testo introdotto dallo schema di decreto non riproduce in modo preciso (travisandone il significato) il testo concordato ed inserito tra i punti dell’Avviso comune;
  • in merito al tema dei cantieri temporanei o mobili, regolato nel Titolo IV del d.lgs.81/08, si evidenziano alcune modifiche, a partire dall’innalzamento della soglia prevista per l’obbligo di elaborazione dei piani di sicurezza, dalla sola presenza di due imprese, anche non contemporanee (regola oggi vigente), all’esclusione per tutti i cantieri di entità presunta inferiore a 200 uomini-giorno;
  1. Si analizzano alcune delle disposizioni integrative e correttive previste dallo schema di decreto, riassumendole in base a due dei temi maggiormente interessati da modifiche, a nostro parere, sicuramente non condivisibili:
    1) Processo di valutazione dei rischi e contrasto del lavoro irregolare.
    2) Rappresentanza e pariteticità.

Si registra, l’intenzione di rendere, attraverso diversificate modifiche, il processo di valutazione dei rischi e il rispettivo documento, obblighi di minor significato e rilevanza, di quanto invece previsto nel testo del d.lgs.81/08, ad oggi vigente.
In specifico:
Oggetto di valutazione dei rischi – ART.16, c.1, lett.c), schema di decreto.
L’integrazione prevista all’art.28, c.2, lett.a) non convince e anzi crea alcune forti preoccupazioni a partire dai termini utilizzati. Se parlare di un criterio quale la potrebbe avere un senso nei riguardi di un documento centrale, fondamentale e a scopo operativo come quello della valutazione dei rischi, parlare anche di e porta a favorire un alleggerimento nell’impegno all’elaborazione accurata e puntuale dell’analisi e della relativa valutazione del rischio in azienda. Se di certo il documento di valutazione dei rischi per essere adeguato ed efficace, non deve essere né complicato, né tanto meno prolisso, conoscendo la realtà purtroppo tali termini anziché aiutare, spingere e promuovere uno svolgimento dell’obbligo in maniera più attenta e puntuale, saranno fautori di alibi per i datori di lavoro che si sentiranno a posto elaborando un documento di valutazione dei rischi poco approfondito e generico, motivando tale redazione all’insegna della “semplicità” richiesta per legge. In questo senso, tale grande preoccupazione si collega con la riduzione delle sanzioni relative agli obblighi inerenti lo svolgimento della valutazione del rischio e del relativo documento (qui di seguito analizzate).
Oggetto di valutazione dei rischi – ART.16, c.1, lett.d), schema di decreto.
Con l’inserimento del c.3bis, all’art.28, in base al quale si prevede la possibilità per le aziende di nuova costituzione di assolvere all’obbligo di valutazione dei rischi ed elaborazione del documento entro 90gg. dalla data di inizio attività, torna la disposizione già presente nel d.lgs.626/94 che, nell’elaborazione del d.lgs.81/08, non era stata riconfermata. Tale mancata riproposizione venne da alcuni motivata come una mera dimenticanza, mentre da altri (con i quali concordiamo) fu accolta come segnale positivo del non consentire all’azienda di avviare l’attività senza aver svolto una preventiva valutazione dei rischi e senza essersi dotata di un documento di valutazione dei rischi (non va in questo senso dimenticato, infatti, che il documento può essere sempre modificato e, pertanto, ampliato in qualsiasi momento, a seguito di valutazione più approfondita e relativa a condizioni di lavoro più consolidate). Con l’inserimento oggi di tale disposizione si riapre il problema.
Sanzioni – ART.31, schema di decreto.
Oltre ad un’azione complessiva di riduzione delle sanzioni prevista per tutti i principali obblighi, a partire da quelli previsti a carico del datore di lavoro, l’aspetto maggiormente incomprensibile è quello relativo all’abbassamento delle sanzioni penali, sia di natura detentiva che di natura pecuniaria (giungendo, per quest’ultime, a cifre per la quali conviene rischiare la sanzione che pagare un consulente per farsi fare una valutazione dei rischi adeguata), previste, non solo di mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi, ma soprattutto di effettuazione dell’analisi, sia per le aziende ad alta e specifica percentuale di rischio (per le quali, pur essendo confermata la pena unica dell’arresto, viene diminuita significativamente), che per tutte le altre aziende.
Medesimo intervento lo si registra anche nel caso di riduzione delle sanzioni per l’assenza dal documento di valutazione dei rischi delle indicazioni relative alle procedure di lavoro e all’organigramma aziendale di sicurezza (art.28, c.2, lett.d), elementi introdotti tra le nuove disposizioni previste dal d.lgs.81/08, oggi vigente, e ritenuti da tutti espressione di un valore aggiunto, di grande rilievo, sul piano prevenzionale e di analisi organizzativa.
La netta differenza posta tra la rilevanza degli obblighi relativi alla valutazione dei rischi e quelli relativi all’elaborazione del documento (sottolineata dalla diversità di peso delle sanzioni previste per ciascuno dei due tipi di violazione), fa emergere la difficoltà che troveranno gli organi di vigilanza nel verificare il rispetto dell’obbligo da parte del datore di lavoro della realizzazione di un percorso adeguato di prevenzione e tutela in azienda, non potendo contare sull’evidenza documentale (che, se curata in modo adeguato, non ha alcun mero significato di obbligo formale, bensì sostanziale), compreso l’obbligo di aggiornamento delle misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi, anch’esso ridimensionato nella sanzione e, pertanto, ritenuto non rilevante ai fini della tutela (art.18, c.1, lett.z, d.lgs.81/08, oggi vigente).
Inaccettabile, e per giunta in controtendenza, l’aumento delle sanzioni penali di natura pecuniaria previste a carico dei lavoratori.
Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza – ART.14, c.2, schema di decreto.
Non si ritiene adeguato escludere a priori l’obbligo di redazione del DUVRI in caso di lavori di durata non superiore a due giorni e non in presenza di determinati rischi. Tutti siamo a conoscenza che i rischi da interferenza sono tra i rischi più ricorrenti e pericolosi e il fattore tempo (inferiore a due giorni) non sia determinante nell’aggravare o alleggerire il rischio. Pertanto tale disposizione appare quanto mai pericolosa nel lasciare tali brevi interventi (che generalmente sono di manutenzione) scoperti dall’obbligo di analisi congiunta tra i datori di lavoro collegati da contratto di appalto. Incomprensibile risulta anche l’esclusione dei rischi elettrici, dai rischi elencati quali pericolosi in caso di interferenza.
Se giusta appare l’esclusione dei servizi di natura intellettuale dell’obbligo di redazione del DUVRI (art.26, c.3bis, d.lgs.81/08), di contro, si rileva l’incoerenza che si crea nel determinare ed elencare (in un’altra parte del testo) le esclusioni e nel prevedere, al contempo, il rimando alla Commissione consultiva per l’individuazione di tipologie di attività per le quali disporre la non operatività dell’obbligo di redazione del DUVRI (art.6, c.8, lett.m-ter, d.lgs.81/08, come da modifica prevista dallo schema di decreto).
Contrasto lavoro irregolare – ART.10, c.1, lettere b) e c), schema di decreto.
Non convincono, tenuto conto della rilevanza dei temi al fine della lotta contro gli incidenti sul lavoro, gli interventi di alleggerimento delle condizioni di revoca del provvedimento di sospensione dei lavori irregolari, in specifico, la riduzione della somma aggiuntiva (art.14, c.4, lett.c, d.lgs.81/08, oggi vigente) e la riduzione delle sanzioni previste in caso di non ottemperanza del provvedimento di sospensione (per il quale è stato previsto al posto della sola pena detentiva, l’inserimento della pena alternativa, detentiva e pecuniaria) – (art.14, c.10, d.lgs.81/08, oggi vigente).
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Si registra, esprimendo perplessità, la modifica sostanziale dell’intero modello di promozione e sostegno della rappresentanza e pariteticità ed, in particolare, della disposizione mediante la quale, nel d.lgs.81/08, ad oggi vigente, si prevede la presenza “certa” di una forma di rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza a livello aziendale o territoriale, in tutte le realtà lavorative.
In specifico:
Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza – ART.27, schema di decreto.
L’intervento di integrazione previsto al c.8, dell’art.47, non è in alcun modo sostenibile, tenuto conto che con tale intervento si giunge a vanificare l’intero modello di promozione e sostegno della rappresentanza e pariteticità ed, in particolare, della disposizione mediante la quale, nel d.lgs.81/08, ad oggi vigente, si prevede la presenza “certa” di una forma di rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza a livello aziendale o territoriale, in tutte le realtà lavorative. Eliminando l’avvio del procedimento di verifica dell’elezione/designazione del RLS da parte di un sistema nazionale, quale il Fondo (ex art.52), e delegando tale informazione/comunicazione ai lavoratori, si esclude di fatto la possibilità di poter garantire una forma di rappresentanza proprio a quelle realtà lavorative dove i lavoratori/trici sono più deboli, sia per mancanza del sindacato, che per assenti o carenti conoscenze sui propri diritti di rappresentanza e in tema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Tale disposizione, inoltre, si combina con l’eliminazione dagli obblighi sanzionati, a carico del datore di lavoro, di segnalare il nome del RLS al SINP (art.18, c.1, lett.aa, come da proposta di modifica nello schema di decreto).
Pari valutazione deve essere riservata anche alla disposizione prevista nella seconda parte del comma, dove il riferimento agli organismi paritetici, quali soggetti incaricati di degli RLST dietro comunicazione da parte del datore di lavoro, fa emergere l’insostenibile principio della “pariteticità” della figura del RLST, a contrasto di quanto da sempre sostenuto da parte nostra e da parte di tutte le organizzazioni sindacali, dell’appartenenza esclusiva del RLST alla compagine sindacale dei lavoratori, quale figura di rappresentanza e non di mera funzione tecnica. Come più volte specificato, tale provvedimento è in totale contrasto con il modello praticato dal settore edile, nel quale la figura del RLST, di chiara espressione sindacale, è ben separata e non confusa con il tecnico del CPT (comitato paritetico territoriale) di indiscussa appartenenza paritetica.
Fondo per l’RLST, la pariteticità e le PMI – ART.30, c.1, lettere a) e b) e c.3, lett.b), schema di decreto.
Chiare, come non condivisibili, risultano le modifiche previste all’art.52, c.1, lettere a) e c), del d.lgs.81/08, oggi vigente. Snaturato il ruolo del Fondo mediante l’intervento di modifica previsto all’art.47, e venendo ad essere privato della grande parte delle fonti di finanziamento, il Fondo si avvia a divenire una scatola vuota e priva del suo principale ruolo e significato, compreso anche, di riflesso, l’indebolimento della figura degli RLST tenuto conto delle scarse risorse economiche ad esso destinate per garantire un numero significativo di rappresentati sul territorio dove richiesti e necessari, potendo contare solo sulle risorse provenienti dai versamenti delle aziende. Di contro si registra positivamente l’intervento necessario e coerente di integrazione al testo del c.3, dell’art.52, del d.lgs.81/08, oggi vigente, secondo il quale si prevede (correttamente), l’istituzione di un comitato centrale amministratore del Fondo, che dovrebbe, a nostro parere, prevedere di certo una composizione a carattere paritetico (e che andrebbe puntualizzata espressamente nel testo dell’articolo).
Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentati – ART.20, c.1, lett.b), schema di decreto.
La puntualizzazione che viene fatta, nella quale si modifica “l’obbligo”, previsto dal testo vigente, con la mera “possibilità” di collaborazione con gli organismi paritetici (ove presenti) per la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentati, è insostenibile e va in piena controtendenza con il criterio dichiarato dagli estensori dello schema di decreto di valorizzazione della pariteticità e del ruolo centrale degli organismi sul territorio, per la promozione e realizzazione di interventi migliorativi di tutela della salute e sicurezza sul lavoro nelle diverse realtà lavorative (art.37, c.12, d.lgs.81/08, oggi vigente).
Presunzione di conformità – ART.2bis, schema di decreto.
In merito alla nuova disposizione prevista nello schema di decreto, secondo la quale gli enti bilaterali (e non di meno le università, nello specifico solo docenti di diritto del lavoro di ruolo) acquisiscono un ruolo di soggetti certificatori dell’adozione e della efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione mediante la costituzione di commissioni di certificazione, la si ritiene una novità che necessita di serie valutazioni, anche solo considerando il valore dato a tale certificazione: presunzione di conformità alle prescrizioni legislative. In questo senso (dovendo/volendo rispettare il disposto già previsto dal d.lgs.276/03), almeno sarebbe utile inserire nel testo dell’articolo il criterio già richiesto agli organismi paritetici per poter svolgere azione di supporto alle imprese, previsto all’art.51, c.6, del d.lgs.81/08, oggi vigente.
Da non trascurare, in particolare, il preciso riferimento agli enti bilaterali e non agli organismi paritetici, nell’attribuzione di tale funzione e la discutibile trasposizione di una disposizione nata con un obiettivo (certificazione dei contratti di lavoro) in un contesto specifico normativo in materia di occupazione e mercato del lavoro (d.lgs.276/03), ad un contesto completamente diverso (tutela della salute e sicurezza sul lavoro) e ad un diverso obiettivo, di elevato connotato tecnico e di altissima responsabilità, tenuto conto della presunzione di conformità che viene ad essere prevista, a seguito della certificazione, nei riguardi di modelli di organizzazione e gestione (determinando un valore esimente per la responsabilità amministrativa degli enti in caso di omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime, alla luce dell’art.25-septies, d.lgs.231/01, così come previsto dall’art.300, del d.lgs.81/08, oggi vigente).

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