La spesa delle famiglie italiane per consumi finali nel terzo trimestre del 2010 è cresciuta del 2,4% rispetto allo stesso trimestre del 2009 e dello 0,8% rispetto al secondo trimestre del 2010. I dati dell‘Istat aggiungono che nei primi nove mesi del 2010 la crescita tendenziale è stata del 2,2%, superiore a quella del reddito lordo disponibile (+0,4% nei primi nove mesi del 2010). Nello stesso periodo, la quota di profitto delle società non finanziarie si è attestata al 41,7%, con un aumento di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Su base annua il recupero del tasso di profitto è più marcato, con una crescita di 1,6 punti percentuali. Nel terzo trimestre 2010 il tasso di investimento delle società non finanziarie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi ed il valore aggiunto lordo ai prezzi base) è stato pari al 23,4%, registrando un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,4 punti percentuali rispetto al terzo trimestre del 2009, fa sapere sempre l’Istat. Gli investimenti fissi lordi sono, infatti, aumentati in termini congiunturali, a valori correnti, (+2,1%) e hanno registrato un’impennata su base annua (+9,8%).
Sono gli ultimi paradossi dal Paese delle cento imposte, anche se nel 2011 potrebbe migliorare il nostro tenore di vita. Ma dovremo lavorare un giorno in più del 2010 per pagare tasse e contributi. E’ tutta colpa del fiscal drag: quello strumento che deprime, a causa della progressività dell’Irpef, gli aumenti in busta paga dei lavoratori dipendenti. E così il quadro con un buon reddito, moglie e figlio a carico, un modello per il il Tax freedom day (giorno della liberazione fiscale) dovrà lavorare fino al 23 giugno per accontentare l’Erario, Comuni ed enti previdenziali. E solo a partire dal 24 giugno potrà, finalmente, cominciare a spendere per se stesso e per la sua famiglia.
“Il fiscal drag è un nemico invisibile che nel corso degli anni ha spesso minato alla radice i benefici derivanti dalle riforme fiscali, specie per i redditi medio bassi”, ha commentato il segretario confederale Cisl, Maurizio Petriccioli. “In una situazione in cui i prezzi riprendono pericolosamente a salire l’effetto del drenaggio fiscale si fa più consistente, proprio a causa della progressività dell’imposta e degli scaglioni di reddito. Con una dinamica dell’inflazione come quella attuale, ad esempio, per un lavoratore dipendente o un pensionato con reddito compreso fra i 15.000 e i 20.000 euro il drenaggio fiscale può comportare un aggravio d’imposta che può arrivare anche a 150 euro all’anno.” Se è ormai da più parti avvertita la necessità di una riforma fiscale fondamentale è tanto più urgente affrontare il problema del fiscal drag in modo nuovo, con più coraggio rispetto al passato. “Ecco perché, come Cisl, abbiamo proposto – ha sottolineato Petriccioli – di sterilizzare le conseguenze del drenaggio fiscale aumentando ogni anno gli scaglioni e le detrazioni in ragione di un parametro che, coerentemente con la riforma degli assetti della contrattazione, potrebbe essere individuato nell’Ipca, l’indice dei prezzi al consumo armonizzato al livello europeo”
Nel dettaglio, nel 2010 la “pena” fiscale finiva con 24 ore di anticipo: il 23 giugno. Un giorno di schiavitù tributaria in più anche per l’operaio con moglie e figlio a carico, che avendo un reddito inferiore (23.231 euro contro 46.382) potrà festeggiare il suo Tax freedom day già il 6 maggio. Ma sempre 24 ore dopo. La storia eè sempre la stessa: redditi più alti, ma fisco sempre addosso. C’è poco da scherzare soprattutto se si pensa che i risultati dell’ elaborazione di quest’anno – condotta dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre – sono i più negativi di sempre: mai, infatti, dal 1990 ad oggi il giorno della liberazione fiscale era stato posizionato così in avnati nel calendario. Il precedente record negativo era stato toccato nel 2010 e nel 2000: quando la festa del Tax freedom day, una tradizione di origine anglosassone, cadeva il 23 giugno.
(dal sito www.conquistedellavoro.it)