Santeramo in Colle (Bari)
La Filca in prima linea per il rilancio del Gruppo di Santeramo in Colle (Bari)
Santeramo in Colle si raggiunge percorrendo strade strette, tortuose e piene di dossi. Capitale mondiale della produzione di divani in pelle fino a pochi anni fa, oggi rimane una delle città del barese peggio collegate dal punto di vista stradale e ferroviario. Eppure è proprio da qui, da questa cittadina ad economia agro-alimentare ed artigiana di 26.000 abitanti nel cuore della murgia barese, che ogni anno, fin dagli anni ’70, partono centinaia di migliaia di divani diretti ai mercati di mezzo mondo, europeo e americano in primis.
I camion del Gruppo Natuzzi, scritta iridata sul fianco, percorrono da oltre un trentennio le strade che collegano Santeramo ai centri più importanti (Bari, Taranto, Salerno). Strade costeggiate dai caratteristici muretti a secco ed immerse nel verde degli olivi, delle viti e della vegetazione tipicamente murgiana. Un colpo basso, ha sempre detto il presidente del gruppo, Pasquale Natuzzi, a chi asserisce che senza infrastrutture non c’è economia, crescita, sviluppo. Ma la favola del piccolo imprenditore self made man (quinta elementare, reddito da favola, aerei e yacht di proprietà, un’azienda quotata a Wall Street) si è bruscamente interrotta qualche anno fa.
Natuzzi l’intuizione l’aveva avuta: trasformare il divano in pelle in un prodotto popolare, dal prezzo accessibile a tutti. Era così diventato “l’uomo che aveva messo a sedere l’America”, definizione efficace e veritiera. Negli States degli anni ’90 un divano su cinque proveniva da questo “paesone” del barese. Un’avventura che un giovanissimo Pasquale Natuzzi, poco più che ventenne, ha iniziato nel 1960. Figlio di un ebanista, Natuzzi avvia un laboratorio in proprio (tre metri per quattro e macchina da cucire usata). Conosce il mestiere e gli affari vanno a gonfie vele. Nel 1972 fonda la Natuzzi Salotti Srl, e negli anni ‘90 crea la catena in franchising “Divani & Divani by Natuzzi” (oggi 280 negozi monomarca e 570 Gallerie). Gli stabilimenti attivi salgono a 13, di cui 7 in Italia e 6 all’estero (tre in Cina, due in Brasile ed uno in Romania). Il fatturato è sempre astronomico, i collaboratori del Gruppo sono più di 8.000. La Natuzzi è l’unica azienda non americana del settore “arredamento” quotata a Wall Street dal 1993. Esporta il 90% della produzione in 123 Paesi e detiene le maggiori quote di mercato in Europa, Medio Oriente, Africa con il 52,3% e in America con il 40,7%. Numeri da capogiro.
Dai fasti alla crisi, però, il passo è stato breve ma non indolore. Fino a pochi anni fa presentare in banca una busta-paga della Natuzzi, per l’apertura di un mutuo, costituiva una garanzia pari o addirittura superiore a quella offerta dagli statali. Oggi, invece, il sistema comincia a scricchiolare e si registrano sempre più frequentemente casi di insolvenza. È un effetto-domino le cui conseguenze si avvertiranno ancora più drammaticamente tra qualche anno. La reazione a catena ha cominciato ad investire l’indotto: pelletterie, salottifici, falegnamerie, studi grafici e tipografie. L’economia di 5 comuni (oltre a Santeramo anche Gravina, Laterza, Ginosa e Matera) sta crollando sotto i colpi dell’euro forte, della concorrenza asiatica e della crisi americana, che costringe gli statunitensi a rinunciare ai beni non di prima necessità. Il mitico divano delle famiglie americane, quello sul quale si mangia e guarda la tv per oltre 12 ore al giorno sgranocchiando pop-corn e sorseggiando Pepsi, è la prima vittima illustre.
Negli ultimi anni Natuzzi ha fatto più volte ricorso alla Cassa integrazione (ordinaria e straordinaria). Il piano aziendale del biennio 2008/2010 prevede 1.200 esuberi, un terzo del totale dei dipendenti. E soltanto un vero “escamotage” (la dichiarazione di procedere alla ristrutturazione complessa) ha permesso la firma della proroga per altri 12 mesi di Cigs. Una soluzione tampone. Il momento della verità è solo rinviato.
Vanni Petrelli