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RIFORMA DEL SISTEMA PREVIDENZIALE, LE PROPOSTE DELLA CISL

RIFORMA DEL SISTEMA PREVIDENZIALE, LE PROPOSTE DELLA CISL

“Le misure di riforma del sistema previdenziale adottate dal Governo ci consegnano due questioni che è quanto mai necessario ed urgente affrontare, affinché non rimangano insolute: l’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche e il tema dell’usura oggettiva e soggettiva del lavoro”. Lo ha dichiarato il Segretario Confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, intervenendo ai lavori del convegno “La previdenza dopo la riforma fra l’incognita della crescita e la sfida demografica” organizzato oggi dalla Cisl in collaborazione con l’Inas e la Filca-Cisl.
“La più lunga permanenza al lavoro, in uno scenario di aumento della longevità della popolazione italiana, non risolve da sola il problema dell’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche. C’è un’emergenza generazionale, resa ancora più acuta dall’elevata precarizzazione dei rapporti di lavoro e dalla bassa diffusione della previdenza complementare nei settori della piccola e media impresa e del pubblico impiego – ha sottolineato il Segretario Confederale della Cisl – . Se il secondo pilastro è necessario per raggiungere un livello di pensione dignitoso esso deve essere reso effettivamente esigibile per tutti i lavoratori e per tutti i settori produttivi. La strada non è, dunque, quella proposta dal governo di un “travaso” di contribuzione dal sistema previdenziale obbligatorio verso quello complementare privato, ma quella di rendere generalizzata l’adesione ai fondi pensione”.
“Per quanto riguarda le conseguenze derivanti dall’aumento dell’età pensionabile e dall’applicazione del meccanismo automatico di aggancio all’aspettativa di vita la Cisl – ha concluso Petriccioli – propone il ripristino di una maggiore flessibilità in uscita dal lavoro, governata dalla contrattazione collettiva, tramite l’istituzione di forme mutualistiche di solidarietà, fiscalmente incentivate, che favoriscano la cessazione dal lavoro prima del termine previsto per il pensionamento, tenendo conto delle caratteristiche dei diversi settori produttivi e delle condizioni oggettive e soggettive dell’attività lavorativa. Il lavoro manuale comporta livelli di usura e aspettative di vita diverse rispetto al lavoro intellettuale”.
“La riforma delle pensioni muta l’assetto del welfare state italiano – ha dichiarato Antonino Sorgi, presidente dell’Inas – per questo il patronato lavorerà per confezionare l’assistenza ‘su misura’ per tutti i profili di rischio emergenti, spesso non direttamente riconducibili alla posizione lavorativa o alla sola mancanza di reddito, ma che si caratterizzano per la compresenza di problematiche che attengono all’instabilità lavorativa, alle difficoltà finanziarie, ai bisogni di cura, al sostegno alla famiglia, all’integrazione e all’inclusione sociale dei soggetti a rischio vulnerabilità”.
Proprio in merito al nuovo sistema previdenziale, Sorgi sottolinea che “in alcuni casi, sono ovviamente auspicabili dei correttivi, in quanto, per molti lavoratori, si sono ingenerati scompensi che devono essere sanati”.Nuovo impulso, poi, dovrà essere riservato alla previdenza complementare: “E’ fondamentale che il secondo pilastro assuma un peso più incisivo, alla luce del nuovo stato sociale. Per questo ci impegneremo a sensibilizzare e orientare i cittadini al riguardo”, ha promesso il presidente del patronato.Cautela, invece, è stata espressa sul progetto di un ente previdenziale unico: “Non siamo contrari, ma è necessaria una maggiore programmazione della fusione tra Inps ed Inpdap, accompagnata ad una attenta riflessione su ruolo e funzionamento del ‘super-ente’ che, ad oggi, sulla carta, difetta di una governance efficace”, ha concluso Sorgi.
“Su una cosa – ha detto Domenico Pesenti, segretario generale della Filca – penso che siano tutti d’accordo: se alcune forme di lavoro prevedono meno diritti per i lavoratori e soprattutto costano di meno alle aziende, è ovvio che il ricorso a queste forme sia esteso. Si mette però in pratica una forte distorsione del mercato del lavoro e si compiono vere ingiustizie sociali, che è indispensabile sanare introducendo un’unica aliquota previdenziale per tutti i lavoratori, autonomi e subordinati”.
“Non capiamo l’atteggiamento delle associazioni artigiane – ha proseguito il segretario generale della Filca-Cisl – che si oppongono all’aumento dell’aliquota per i lavoratori autonomi, di fatto danneggiandoli, perché avranno una pensione tutt’altro che dignitosa, ma danneggiando anche i lavoratori dipendenti, che rischiano di dover pagare la pensione agli autonomi. Poi bisogna introdurre il principio della flessibilità di uscita dalla pensione, con vantaggi economici per chi resta più a lungo. Ma è bene fare distinzioni: ci sono lavori, come quelli in edilizia o nel settore delle cave, che dal punto di vista dell’età pensionabile non possono essere considerati alla stregua del lavoro intellettuale, sia per la ‘pesantezza’ del lavoro che per le aspettative di vita. Sulla previdenza integrativa, infine, la Filca e la Cisl chiedono l’obbligatorietà dell’adesione per via legislativa. Oggi in edilizia – conclude Pesenti – aderisce al Fondo Prevedi circa il 5% degli addetti, una platea già di per sé ristrettissima ma che avrebbe numeri da prefisso telefonico, e quindi ancor più bassi, senza il ruolo fondamentale della bilateralità”.
I lavori sono stati introdotti da Valeria Picchio e moderati da Angelo Marinelli, entrambi del Dipartimento Democrazia economica della Cisl.
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