Di seguito una nota di Giovanni Matta, segretario generale Filca-Cisl Sardegna.
Per quanto ci riguarda, come Filca Cisl della Sardegna, non troviamo nulla di sorprendente nei contenuti
della ricerca curata dall’osservatorio Jobpricing, pubblicato da diversi quotidiani, e relativo alle
retribuzioni in Italia, che relega la nostra isola in fondo alla classifica ed assegna la maglia nera al
territorio del Medio Campidano. Semmai troviamo solo conferme, mentre ci sorprendiamo per lo stupore manifestato dai tanti commentatori intervenuti sull’argomento, adducendo le giustificazioni più varie. Del resto le tante manifestazioni promosse dal sindacato negli anni addietro mettevano in evidenza proprio la condizione di povertà che affligge la comunità sarda. Povertà che scaturisce per un verso dalla mancanza di lavoro che colpisce decine di migliaia di sardi, e dall’altro la bassa capacità dei contratti di ridistribuire reddito a cui si somma una precarietà sempre troppo alta ed il ricorso crescente al lavoro nero. Anche questo con retribuzioni al ribasso.
In alcune realtà del paese si lavora in nero per evitare il fisco qui per procacciarsi una giornata di lavoro
con retribuzione “scontata”. Qui di lavoro non si vive o si vive male. Del resto gli inquadramenti sono al minimo tabellare con oltre il 51% degli occupati nei profili medio bassi. Ciò che peggiora il quadro è comunque la mancanza della contrattazione integrativa sia aziendale che territoriale. In alcuni settori ormai non si fa più da tempo come il caso dell’edilizia, in altri addirittura il contratto integrativo non si è mai fatto. Dai dati dell’osservatorio nazionale, istituito a metà degli anni 90 per monitorare l’attuazione
dell’accordo governo, sindacati ed associazioni datoriali, che rendeva la contrattazione integrativa
fruibile per tutti, in Sardegna questa procedura negoziale interessa a mala pena il 30% dei lavoratori.
Questo sì che è “sorprendente”.
Questo porta ad una considerazione: la politica del lavoro in Sardegna deve ritrovare la sua centralità e
la contrattazione locale deve ridiventare motivo d’impegno prioritario per le parti sociali. Siamo certi che agendo in tal senso sarà possibile scalare la graduatoria e recuperare rispetto a Milano, Bolzano, Ravenna e Genova dove la contrattazione integrativa non solo ha tradizioni solide ma anche una platea che vale decisamente il doppio, in termini percentuali, di quella sarda.