SARDEGNA, APPRENSIONE DELLA FILCA PER LA CRISI DEL COMPARTO DEI LATERIZI

SARDEGNA, APPRENSIONE DELLA FILCA PER LA CRISI DEL COMPARTO DEI LATERIZI

Di seguitouna nota di Giovanni Matta, segretario generale Entro la fine del mese un tassello importante del sistema produttivo regionale, un pezzo storico dell’industria sarda, si avvia verso la chiusura definitiva. Si tratta del comparto dei laterizi che da qui a qualche giorno  segnerà la chiusura degli impianti della Laterizi Torres, della Sarda laterizi il drastico ridimensionamento di quelli delle Fornaci Scanu di Guspini e Sestu.
Tutt’e due le realtà stanno avviando le procedure di mobilità che comporterà la messa in mobilità di circa 200 dipendenti e sopratutto l’attività produttiva del laterizio in Sardegna sarà circoscritta  a due sole a due soli impianti.
Saranno 200 buste paga in meno che difficilmente potranno essere rimpiazzate con i proclami e gli appelli sentiti nell’ultimo periodo.
Per la Filca Cisl della Sardegna è la fine di un’epoca come anche la conclusione, nel modo peggiore,  di un ciclo negativo che negli ultimi 5 anni ha investito il settore delle costruzioni sardo.
La crisi dell’edilizia che ha portato alla perdita di oltre 15mila posti di lavoro ha trascinato del baratro un pezzo importante del sistema industriale sardo ed ora ultimo in ordine di tempo, il settore del laterizio.
Occorre invertire la tendenza ed occorre agire in fretta per evitare che il processo di smantellamento dei settori tradizionali sardi che impiegano prodotti sardi, assuma il carattere dell’irreversibilità.
Intanto si potrebbe agire sul versante dei costi generali che hanno devastato l’economia sarda, ad iniziare da quello  dei trasporti per non parlare  dell’energia che si riverberano in modo severo sui costi di produzione e che nonostante i proclami negli ultimi vent’anni non si sono voluti risolvere con le conseguenze che conosciamo.  Impianti chiusi, interi settori cancellati, 45mila buste paga in meno negli ultimi 5 anni, una marea di disoccupati, ed una porzione significativa del lavoro sardo coperta dagli ammortizzatori sociali. Situazione che al momento non pare destinata a mutare vista anche la lentezza con cui si sta affrontando in sede regionale il tema del non sviluppo e del non lavoro.
I programmi dell’amministrazione regionale, ad iniziare dal Piani casa di cui tanto si parla, devono essere resi immediatamente operativi e sopratutto devono fondarsi su queste emergenze. Rilanciare l’occupazione e porre le basi per uno sviluppo fondato sulle risorse locali.
Sorprende ad esempio che, negli ultimi appalti gestiti da Area, questo profilo non è stato affrontato, consentendo l’impiego di materiali importati e favorendo  e accelerando, in tal modo la cessazione di alcune attività. Mattoni, tegole, come tanti altri prodotti per l’edilizia sono d’importazione. Possiamo invertire la rotta e per il futuro indirizzare verso l’utilizzo di materiali prodotti in loco?
La Filca dice di si anche perché i fabbricati sardi sono stati realizzati nel tempo con prodotti dell’industria sarda.
Sul piano casa ad esempio si potrebbe vincolare l’uso dei materiali impiegati e ridare così  fiato all’intero settore delle costruzioni? Del resto se il piano casa non serve  a rilanciare l’economia locale a che serve?

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