Di seguito una nota di Giovanni Matta, segretario generale Filca-Cisl Sardegna.
C’è bisogno di una forte scossa per invertire le tendenze in atto nel mercato del lavoro sardo. Da troppo tempo perdura una condizione di stasi i cui effetti sono riscontrabili nell’alto tasso di disoccupazione che in Sardegna risulta il doppio di quello nazionale. Nella nostra Regione, infatti, oltre il 17% della forza lavoro è priva di una occupazione a fronte della media nazionale attestata, come evidenzia l’ultimo aggiornamento dell’Istat, attorno all’8,5%. Poco meno di 100mila Sardi sono fuori dai circuiti occupazionali a cui si devono sommare altri 200mila inoccupati che il lavoro, dopo tanti no e tante porte chiuse in faccia, non lo cercano più. Nel recente periodo, complice il risultato elettorale non proprio soddisfacente per alcune Forze Politiche, assistiamo ad un dibattito che vorrebbe riportare al centro dell’azione politica ed istituzionale il tema lavoro e la necessità di creare nuove opportunità occupazionali. Non è chiaro però dove si vuole approdare.
Come Filca Cisl auspichiamo che il tutto non si esaurisca con il solo dare impulso affinché decolli velocemente il nuovo Piano Del Lavoro recentemente licenziato dal Consiglio Regionale. Pur apprezzando lo sforzo, pure necessario, “chi’e non podet messare ispigat” per alleviare le sofferenze dei tanti disoccupati, che attraverso Il progetto Lavoras, o quello dei cantieri comunali potranno godere di alcuni mesi di lavoro, siamo convinti che questa non sia la strada più interessante per uscire dalla stasi. O perlomeno non è l’unica strada. Come Sindacato della Cisl ci riconosciamo nelle riflessioni proposte qualche anno fa dal prof. Paolo Savona che dalle pagine di un quotidiano sardo suggeriva, sull’argomento, una strategia di lungo respiro. Nella proposta formulata, elaborata a corredo del pluriannunciato “Nuovo Piano di Rinascita” egli osservava che i pannicelli caldi non erano sufficienti a scuotere il sistema produttivo Sardo il quale necessita invece di un incremento del Pil di 4/5 punti all’anno. Solo così si può invertire il trend del tasso di disoccupazione che almeno da 15 anni viaggia a due cifre. Un tale risultato si può ottenere investendo tutte le risorse disponibili in infrastrutture. Necessarie peraltro per consentire una nuova fase di sviluppo. Non dimentichiamo infatti che la Sardegna è terzultima nella graduatoria delle Regioni Italiane per dotazione infrastrutturale, che fatto 100 l’indice medio nazionale vede la nostra isola ferma a 48.
Per queste ragioni come Filca non ci stanchiamo di ripetere che la strada per creare sviluppo e occupazione passa attraverso il rilancio dell’edilizia, unico settore con capacità anticiclica, e un effetto moltiplicatore su diversi settori produttivi. Peraltro una dotta documentazione in merito evidenzia che i Paesi Europei che hanno brillantemente superato la fase recessiva degli anni scorsi, hanno agito proprio sul versante degli investimenti in edilizia ed in particolare sulle Opere Pubbliche. Gli ambiti dove intervenire sono tanti. Strade, Ferrovie, bonifiche dei siti inquinati, bonifiche idrauliche ect, sono tutte aree dove intervenire, anzi, dove è sempre più urgente intervenire. Migliorando gli attuali assetti e in alcuni casi potenziando ed allargando l’esistente. Si tratta di programmare meglio le risorse disponibili e programmare meglio gli investimenti futuri svincolandoli, magari, dagli “ appetiti locali”. Certo occorre pensare in grande. Occorre inoltre una visione di futuro orientata ad indicare la Sardegna che verrà e contestualmente programmare risorse ed investimenti per dare concretezza a tale futuro. Sullo sfondo, ma inevitabile, resta l”urgenza” di un grande patto tra Sindacati, Imprese, Enti Locali e Istituzioni Regionali, per avviare una nuova stagione di sviluppo, senza il quale le chiacchiere restano tali. Alla Regione ed alla sua Giunta spetta l’onere di avviare questo processo.