La speranza di ripresa, pena se ciò non dovesse avvenire il collasso di uno dei settori economici più qualificati e significativi del made in Italy, per il quale nel nostro Paese lavorano, tra dipendenti, autonomi ed indotto circa un milione di persone, è stato il sentimento dominante delle edizione numero 51 del Salone Internazionale del Mobile ed annessa EuroCucina.
Non più, come spesso accaduto in passato, una sorta di “Fiera dei sogni” ma un un expo del settore primo al mondo, che ha chiuso i battenti domenica scorsa presso la Fiera di Milano di Rho, vissuto tra attese, speranze, timori e dove la visita dello stesso premier Mario Monti, sabato scorso, non è valsa a rassicurare più di tanto. E in attesa che il mercato riprenda, i dati sono negativi: il macrosistema legno e arredo ha perso il 4,2 per cento di fatturato: dai 33 milioni e mezzo di euro del 2011, ai poco più di 32 dell’ anno scorso. Con contraccolpo negativo sull’occupazione, che ha perso il 2 per cento. Gli addetti del settore erano 389.646, sono scesi a 381.835. Meno circa ottomila dipendenti anche in funzione del minore numero di impresa che opera sul mercato, visto che hanno chiuso in quasi 1.500; meno il 2 per cento, percentuale identica a quella occupazionale. Da 73.547 imprese si è passati a 72.042.
“I dati a noi conosciuti e che abbiamo da Federlegno e dal nostro Osservatorio Cisl – commenta Paolo Acciai, segretario nazionale Filca Cisl, che si occupa specificatamente del settore Legno – danno l’immagine che la crisi colpisce tutto il comparto del legno. Settore – dice il sindacalista, allargando il campo sociale ed economico oltre al mobile – che va dalla Nautica all’imballaggio. Per questo assistiamo a variazioni anche forti e pure ad accentuazioni di crisi in qualche caso. Esempio: va male nell’imbottito, dove la crisi è più forte, mentre invece si continuano a produrre imballaggi”. Per Acciai il problema di fondo che ha evidenziato in questa occasione il Salone del Mobile, a parte la grande capacità mediatica creata sull’evento, è che manca l’innovazione del prodotto; il prodotto deve infatti saper rispondere alle esigenze del consumatore. E il segretario Filca Cisl precisa: “se si propongono mega cucine per cui uno dovrebbe avere un vano da 80 metri quadrati, che equivale a tutta la casa di un giovane, allora certo che non si vendono. Piuttosto si deve puntare sulla qualità e la maggior parte dei nostri imprenditori, non certo tutti ma buona parte, aspettano sempre o pensano di essere concorrenziali solo avendo ulteriore sgravi, non guardando la competitività del mercato o l’innovazione, sperando nella diminuzione del costo lavoro, in una tassazione privilegiata. Questo non porta a niente, perché così facendo ci sarà sempre qualcuno che riuscira e realizzare un prodotto ad un centesimo in meno”.
Ed Acciai ricorda che la genialità italiana, in questo momento, sta un pò soffrendo: “sono stati inventati I-phone, I-pad, tablet; ci fosse stata un’ invenzione italiana in tutto ciò!”. E di questo “colpa” è per il segretario Filca Ci-sl, nella sua analisi ad ampio raggio, oltre al reale momento di crisi, il fatto che “non c’è più investimento nella ricerca: eravamo leader, ora non siamo in grado di mantenere questa specificità”. E tornando al settore arredamento ricorda come fossimo “leader come stile e produzione nel mobile e nell’imbottito; ora, in questo ultimo ci sono i cinesi, malpagati, sfruttati”. Una emergenza che per il sindacato non può più essere tollerata. più di allarme – assicura Paolo Acciai – che non è solo del sindacato, ma anche di alcuni imprenditori. Ormai quelli che investono di più sono quelli che lo fanno sui cinesi. Ci sono denunce anche del sindacato in tal senso. Mi sta bene che si controllino scontrini ed evasione fiscale, ma vogliamo anche andare a vedere chi sottopaga i dipendenti?”