Di seguito un contributo di Alessandro De Lisi, Direttore del Centro Studi Sociali contro le mafie Progetto San Francesco
Oggi ricorre l’anniversario della strage di Capaci, nella quale morirono Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, sua moglie. Furono uccisi anche Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro agenti in servizio di scorta della Polizia di Stato. Furono ferite oltre venti persone che occasionalmente passavano in quel momento in quel tratto di autostrada che collega, ancora oggi, l’aeroporto di Punta Raisi con la città di Palermo. Accanto a loro furono feriti in servizio Angelo Corbo, Gaspare Cervello e Paolo Capuzza, poliziotti e impiegati amministrativi del Ministero della Giustizia. Quel giorno la città ammutolì nel profondo, certamente per la violenza eccezionalmente teatrale, anche per Cosa Nostra un’enormità, ma probabilmente per non aver protetto Giovanni Falcone e la sua famiglia.
Proteggere significa soprattutto riconoscere la forza innovatrice e morale di Falcone e la specifica personalità capace di innovare un modello sociale, oltre che giudiziario, necessario alla lotta alle mafie. Da Falcone passava la rete di conoscenza e legami che aiutò moltissimo al rafforzamento professionale del pool storico, poiché egli guardava un orizzonte ben più ampio dell’azione investigativa e giudiziaria. Come oggi ormai è a tutti noto, Falcone seppe insistere a favore del progresso economico delle lotte alla mafie, come dimostra anche l’invenzione della Procura Nazionale Antimafia, oggi DNA.
Occorreva opporre alla strategia finanziaria e militare di Cosa Nostra un’azione economica e culturale, oggi diremmo federalista, capace di coinvolgere tutte le parti sociali interessate, soprattutto quelle lontane dalle dinamiche complesse della magistratura e delle indagini. Egli immaginò e iniziò a costruire quella strategia sociale dei presidi politici ed economici come strumentazione alleata alla magistratura e appunto alle indagini. Palermo tuttavia restò ammutolita. Oggi sappiamo che in realtà stava prendendo la rincorsa per sollevare Giovanni Falcone, e poi 57 giorni dopo Paolo Borsellino, ad un livello assai più ampio della loro città di origine. Una rincorsa partita però da una scivolata pericolosissima, in cui tutti i cittadini erano più o meno coinvolti dalla vulgata fratricida e invidiosa ai danni di Giovanni Falcone, troppo avanti e più bravo di tutti.
Il populismo e la demagogia tracciarono un confine e un esilio per Falcone, costretto ad operare meglio del solito lontano da Palermo. Oggi sappiamo che la strage di Capaci uccise anche la retorica, poiché morì con loro anche la strumentalizzazione della famiglia come strumento di rallentamento del progresso politico e sociale. Morì Falcone con la sua famiglia e morirono uomini padri di famiglia e con loro un’intera generazione perse la cittadinanza. Nessuno dopo Capaci poté dirsi al sicuro in una città che non sapeva, per davvero, riconoscere e salvare i suoi figli migliori. Tuttavia oggi sappiamo che quelle intuizioni sono divenute azioni e le costruzioni democratiche e costituzionali di Falcone sono diventate strumenti sociali e giuridici per sconfiggere, speriamo presto, la mafia.
Il Progetto San Francesco, con i consiglieri nazionali Claudio Ramaccini, Benedetto Madonia e Salvatore Teresi accompagnati da Paola Bavoso con gli amici Salvatore Scelfo, Anna Cutrera e Gerardo Larghi, vertici della Filca Cisl di Genova e Palermo, della Fiba Cisl di Sicilia e della Cisl di Como, ha voluto ricordare a Palermo tutto il lavoro del pool e di Falcone, nel ventesimo anniversario della strage. Al fine di contrastare la retorica e l’invidia delle quali fu bersaglio morale Falcone, le strade attraversate oggi, le piazze, l’Albero Falcone, l’aula bunker, il Palazzo di Giustizia, sono state la nostra personale via crucis di responsabilità e impegno. A partire dalla negazione di un’antimafia guardinga, strategicamente populista, ideologica, nostalgica e quindi pericolosa.
Oggi, qui da Palermo rilanciamo l’appello a tutti i volenterosi e sostenitori genuini del Progetto San Francesco per proseguire nell’insegnamento di Giovanni Falcone verso un nuovo modello sociale antimafia, culturalmente contro la mafia, economicamente contro la mafia, organizzativamente contro la mafia. Fedeli ai valori fondativi della Cisl e della Costituzione italiana ripartiamo da qui, dal Sud per risalire l’Italia in una nuova utile e urgente primavera sociale.