Il provvedimento con cui il Governo intende ridurre i contributi pubblici a favore di chi intenda installare impianti di produzione elettrica da fonte fotovoltaica “è una beffa rispetto a una discussione che nel nostro Paese non finisce mai”. E’ duro il commento del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, al decreto sulle rinnovabili.
“Prima non si vuole il nucleare e si dice che bisogna andare verso le alternative. Poi – ha aggiunto – si fanno le alternative e non vanno più bene”. Nel fotovoltaico, ha ricordato il leader della Cisl, “in Veneto gira un lavoro che riguarda quasi 15 mila persone fra costruttori ed installatori. Poi girano interessi generali anche dei singoli cittadini che intendono investire. Non capiamo dunque – ha proseguito – perchè c’è questo blocco”. “Non capiamo almeno la cosa minimale che noi chiediamo si risolva subito: almeno si faccia chiarezza per le opere in itinere, dato che sarebbe stupido ed incomprensibile non dare certezze a chi ha costruito nella corsa verso il fotovoltaico”. Oltre che sotto il profilo economico, Bonanni ha rilevato che l’atteggiamento del Governo è sbagliato “anche sul piano pedagogico”.
Un’opinione condivisa anche da Confindustria, che per voce del suo vicepresidente, Samuele Gattegno, paventa il rischio di “effetti catastrofici” sulle imprese del settore che contano oltre 100mila addetti. Tra loro i lavoratori della Tetto Solare.it, un’azienda che installa pannelli solari in tutta la Sardegna, che per difendere i loro posti di lavoro sono saliti in cima al acapannone della loro azienda. Secondo la norma tutti gli impianti fotovoltaici realizzati entro il prossimo 31 maggio potranno essere regolarmente allacciati e sovvenzionati, ma solo questi potranno godere dei vantaggi e delle agevolazioni.
Anche per il segretario generale della Flaei Cisl, Carlo De Masi, “è giusto che il Governo modifichi il decreto sulle rinnovabili per dare certezze agli investitori”. Ma il sindacalista ricorda anche l’inascoltata denuncia della Flaei rispetto al fatto che da anni “gli incentivi alle Fonti verdi, che non sono finanziamenti pubblici ma gravano sulle bollette elettriche degli italiani (compresi i meno abbienti)”, avevano raggiunto una dimensione eccessiva e che andavano il più delle volte ad arricchire “Fondi di investimento e componentistica esteri”, quando non finivano nelle mani della malavita. “Ci auguriamo – continua il numero uno della Flaei – che, prima della revisione del decreto, venga convocato un tavolo di concertazione per definire gli incentivi più adeguati, che garantiscano certezza e stabilità nel tempo, ma anche impegni cogenti su accordi di programma per produrre la componentistica in loco, per sviluppare scuole di formazione per le nuove professioni verdi e per evitare dumping sociale sui contratti degli addetti, oltre che per sviluppare queste fonti integrate nei contesti paesaggistici e non in funzione della presenza o meno della rete, o del costo dei terreni, o dei pezzi di carta in vendita”. “Infine – avverte il sindacalista – gli incentivi devono gravare sulla fiscalità generale e non sulle bollette elettriche”.