Nell’incontro di ieri al Ministero dei Beni Culturali, le delegazioni di Feneal Uil Filca Cisl Fillea Cgil sono state ricevute dalla Commissione Tecnica che dovrà predisporre le linee guida applicative dell’articolo 182 del codice dei beni culturali e del paesaggio, come modificato dalla legge 14 gennaio 2013 n. 7, in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali di restauratore e collaboratore restauratore di beni culturali
Le organizzazioni sindacali dopo aver ottenuto l’approvazione di alcune importanti richieste nel ddl restauro che nel gennaio 2013 è diventato legge, sono ora impegnate a vigilare sulla definizione delle Linee Guida che dovranno renderla applicativa, il cui coinvolgimento era stato appositamente previsto già nella stessa norma.
Nel corso dell’audizione gli edili di Cgil Cisl e Uil, che organizzano i lavoratori e le lavoratrici del restauro e dell’archeologia, hanno consegnato un documento contenente le loro osservazioni sulla procedura di selezione pubblica ai fini della disciplina transitoria del conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore e collaboratore restauratore dei beni culturali.
“Tra i punti esposti uno degli aspetti più problematici in merito al riconoscimento della qualifica di restauratore – scrivono Feneal Filca Fillea – è quello relativo alla valutazione dell’attività lavorativa. La nostra proposta – spiegano i sindacati – è quella di valutare l’attività di restauro svolta non solo in modo verticale, per singola opera, ma anche in modo orizzontale, considerando il curriculum lavorativo del candidato nella sua interezza, e superare la scarsità di documentazione dovuta fino ad oggi a vuoti normativi e distorsioni del mercato di lavoro.” I sindacati chiedono di non trasferire sul terreno del riconoscimento della qualifica professionale individuale questioni che riguardano più strettamente gli affidamenti dei lavori pubblici e la concorrenza. Sostengono quindi che “è opportuno legare la qualificazione degli operatori alla reale capacità professionale come comprovata dall’esperienza formativa e/o lavorativa e non solo alla titolarità di un appalto o di progetto, approccio estremamente riduttivo e quindi fuorviante che rappresentava la linea di orientamento della legge precedente.” “In merito all’esperienza formativa – si legge nel documento proposto dai sindacati – riteniamo utile svolgere tutte le opportune verifiche con gli Enti Formativi e con le Regioni per scongiurare il rischio di valutare in modo asettico le realtà formative variegate che non sempre confluiscono in modo diretto nello schema di punteggi per anno proposto dalla legge.”
Inoltre Feneal Filca Fillea sottolineano la necessità di riaffermare il concetto previsto dalla normativa di settore che stabilisce nel 60% il minimo della presenza di manodopera “qualificata” (restauratori e collaboratori restauratori) nell’ambito di un’impresa con oltre 4 addetti, “per ricordare come la qualità dell’intervento è garantito proprio dalla compresenza di più figure analoghe e qualificate che eseguono un intervento di restauro e per questo è fondamentale presupporre un’organizzazione del lavoro più complessa che può e deve essere evinta da un’attenta analisi dei documenti in possesso degli operatori e delle imprese, per evitare che il settore finisca per essere riservato a pochi adepti escludendo in tal modo migliaia di vere professionalità nel tempo formatesi nel mercato.” Altro aspetto toccato dal testo proposto dalle organizzazioni riguarda i settori di competenza che, ritengono, debbano valere solo dopo il riconoscimento delle qualifiche ed essere più ragionevolmente accorpati, passando da 12 a 6, stabilendo criteri equi di prevalenza delle esperienze e di libera scelta degli interessati.
Il documento di proposta è ora nelle mani della commissione a cui i sindacati hanno chiesto di poter proseguire il confronto attraverso altri incontri al fine di completare il percorso intrapreso e finalmente restituire ai 20mila operatori del restauro la certezza dei criteri per il riconoscimento della propria qualifica professionale. “Un modo anche questo – concludono i sindacati – di tutelare e valorizzare il nostro patrimonio culturale fatto di uomini e opere.”