Si chiamavano Rocco Palumbo e Salvatore Pagliaro. Lavoravano per la stessa impresa e sono morti nello stesso punto ad una decina di giorni di distanza. Il primo, 33 anni, è caduto dall’alto. Il secondo, 51enne, è stato inghiottito dal cemento appena scaricato da un’autobetoniera. Teatro delle tragedie il V macrolotto della Salerno-Reggio Calabria, all’uscita di Palmi, che ieri è rimasto fermo per la protesta degli operai: “La situazione è insostenibile – dichiara Nino Botta, segretario generale della Filca di Reggio Calabria – perché in questo grande cantiere siamo alle prese con circa 200 aziende tra affidatarie e sub affidatarie, nelle quali mancano quasi del tutto i controlli delle autorità, non si rispettano le norme sulla sicurezza e si sottopongono i lavoratori a turni massacranti, anche di 12-13 ore”.
Dalle organizzazioni sindacali arrivano parole pesanti come macigni: “Già dopo il primo incidente – accusa Botta – avevamo contestato le condizioni di lavoro degli operai, ai quali non è garantita la sicurezza nelle normali attività lavorative. Non ci sono scuse plausibili per queste tragedie, né è più possibile giustificarle tirando in ballo la disattenzione o l’errore umano. Le responsabilità ci sono e sono precise – afferma il sindacalista della Filca – non si possono chiedere turni aggiuntivi ai lavoratori per colmare il ritardo nella consegna, non si possono spremere i lavoratori ed in particolare quelli assunti a tempo determinato, quindi maggiormente ‘ricattabili’. Le imprese devono applicare le regole sulla sicurezza e rispettare le procedure. Le autorità devono controllare che i protocolli vengano rispettati e sanzionare chi non li rispetta, gli accordi non devono rimanere solo sulla carta”.
Ieri tutti i 1.500 lavoratori impegnati sul V macrolotto (riguarda le opere che da Gioia Tauro portano a Scilla) hanno accolto l’appello di Filca, Feneal e Fillea ed hanno incrociato le braccia. Hanno visto morire due colleghi, hanno paura ma non si arrendono, non hanno perso la voglia di indignarsi, di lottare, e si dicono pronti a mettere in campo ulteriori forme di protesta: “Il nostro obiettivo – spiega Botta – è quello di evitare che altre tragedie possano abbattersi su questi cantieri, e questo potrà accadere solo quando sarà stata fatta un’opera di sensibilizzazione sugli infortuni sul lavoro e conseguentemente saranno predisposte tutte quelle misure previste per dare la più ampia sicurezza anti-infortunistica nei cantieri e nei luoghi di lavoro. Tutto ciò – ammette – non potrà avvenire fino a quando non saranno predisposti armature e ponteggi a norma, che siano cioè pienamente idonei ad evitare cadute ed ogni qualsivoglia incidente”.
Alla mobilitazione hanno partecipato anche i 620 operai dell’ex Consorzio Scilla, affidatario dei lavori del V macrolotto. Nei giorni scorsi avevano dato vita ad un sit-in davanti ai cancelli del cantiere della SA.RC. la società che ha rilevato la prosecuzione dei lavori dopo lo scioglimento del Consorzio. Gli operai si trovano in cassa integrazione da circa un anno e sperano di ‘rientrare in gioco’ all’avvio del VI macrolotto, da Scilla a Villa San Giovanni. Un cantiere maledetto, quello dell’A3 calabrese, aperto oramai da oltre 30 anni e balzato spesso agli onori della cronaca per gli infortuni sul lavoro e per le frequenti intimidazioni a danno delle imprese e dei lavoratori impegnati.