Lieve ripresa, ma ancora troppo lenta: è questo il giudizio della Cisl sulla produzione industriale. Un’analisi approfondita quella compiuta dal sindacato di Via Po e presentata nell’ottavo Rapporto Industria della Cisl dal leader cislino, Raffaele Bonanni, e da Luigi Sbarra, segretario confederale responsabile del dipartimento Industria.
In termini tendenziali nel 2010 la produzione del settore industriale, comprese le costruzioni, è cresciuta del 6,4%, recuperando solo parzialmente la caduta del 18,9 % registrata nel 2009, preceduta dal calo del 3,4 % nel 2008. Considerando l’evoluzione sino all’inizio del 2011, l’attività produttiva ha recuperato circa l’11% rispetto al minimo ciclico del marzo 2009. Considerando il massimo valore del ciclo precedente, nell’estate 2007, all’inizio del 2011 il livello di produzione è ancora al di sotto di circa il 19%. Inoltre la ripresa, nel corso del 2010, non è stata omogenea fra i vari settori industriali. La manifattura in termini tendenziali, su dati corretti per gli effetti di calendario, ha recuperato in media il +6,8% rispetto al 2009, ma con un range che va dal +16,2% nella fabbricazione di macchinari ed attrezzature, al +1% di legno, carta e stampa. La ripresa non ha toccato il settore delle costruzioni, nel quale i livelli produttivi del 2010 sono stati inferiori a quelli dell’anno precedente. Nel complesso sono 507.800 i posti di lavoro persi, circa 260 mila persone – a giugno 2011 – coinvolte negli ammortizzatori sociali, di cui circa 174 mila con “prospettive occupazionali incerte”, cioè a rischio. Alcune cifre di un Rapporto che ben raccontano la vita socio – economica italiana di questi ultimi anni. Un dossier completo e articolato sulla nostra situazione occupazionale e le relative aree di crisi nel nostro Paese.
Uno scenario in movimento dove prevale una stagnazione che la Cisl creda debba essere smossa al più presto, cominciando subito con interventi mirati. “C’è stato un timido rilancio produttivo, ma non siamo riusciti a colmare la voragine che ha prodotto 500 mila disoccupati e messo 200 mila in cig. Il sistema industriale non riesce a essere governato. C’è una incapacità del governo – spiega Bonanni -. Proprio da qui occorre ripartire e su questo è necessario aprire una discussione forte e immediata anche in Parlamento”. Inoltre “la perdita di 500 mila posti è fortissima per una realtà come quella italiana che del manifatturiero fa un caposaldo della sua attività economica. Che fare? L’unico modo è dare forza al mercato interno e applicare soluzioni forti per dare sostegno ad una produzione che non riesce a crescere – sostiene Bonanni – ad oggi la situazione è abbastanza statica, salvo una piccola ripresa che ha riguardato l’export”.
A ribadire l’urgenza di replicare ad una crisi di sistema con risposte di sistema è anche Luigi Sbarra che dichiara: “In questi anni abbiamo lavorato per non lasciare soli i lavoratori” ma ancora manca un “progetto credibile di politica industriale”. Ritardi colpevoli della politica che pesano su tutto il Paese e hanno prodotto quella che la Cisl definisce una “cultura del no” che zavorra un’intera collettività. “La cultura del no blocca 12 miliardi di investimenti privati – spiega Sbarra – con le conseguenze che sono davanti agli occhi di tutti. Ci sono ben 320 investimenti fermati da questi no, Non è più accettabile e bisogna reagire”. Un contesto che penalizza anche le piccole e medie imprese che, a loro volta, per la Cisl soffrono “l’assenza di una cultura imprenditoriale” che spinga verso una positiva aggregazione. Una reazione che per la Cisl rappresenta una sfida che si può vincere con un piano costruttivo: da settembre partirà una mobilitazione in tutti i territori e in tutte le Regioni in cui ci sono blocchi ideologici.
“Non possiamo e non intendiamo restare con le braccia conserte – aggiunge Sbarra -. Per quanto ci riguarda uno sviluppo è possibile e tra i fattori in grado di costruirlo noi diamo grande importanza alla qualità delle relazioni industriali che, grazie alla riforma del modello contrattuale e all’accordo interconfederale di giugno, stanno già mettendo in luce buoni frutti. Nonostante i tempi di crisi sono stati rinnovati circa 90 contratti nazionali e realizzati migliaia di accordi di secondo livello, sia aziendali sia territoriali. Fatti concreti, dunque, che indicano un percorso da seguire”. Risultati incoraggianti che verranno raccolti e proposti a tutta l’organizzazione dall’Osservatorio sulla contrattazione di secondo livello che la Cisl presenterà a stretto giro. La Cisl, quindi, punta ad un’economia nella quale a prevalere sia la qualità, ovvero, “più sapere incorporato, più investimenti in conoscenza e ricerca, più qualità della vita e dell’ambiente”. Infine, nell’attuale assetto competitivo, “la produttività” si rivela quell’elemento chiave capace di fare la differenza.
(dal sito www.conquistedellavoro.it)