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QUANDO LA CRISI NON BASTA, ARRIVA LA BUROCRAZIA….

QUANDO LA CRISI NON BASTA, ARRIVA LA BUROCRAZIA….

A Savignano sul Panaro rischiano di saltare 35 posti di lavoro perché un imprenditore non riesce ad avviare l’attività a causa degli ostacoli posti dall’amministrazione comunale e da un comitato di cittadini. L’allarme, lanciato dai sindacati Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil di Modena, è riferito alla vicenda della Calcestruzzi Vignola, che ha realizzato nel polo estrattivo 11 a Magazzino (frazione di Savignano) un impianto per la produzione di conglomerato bituminoso. «Si tratta di un progetto industriale coraggioso, specie in tempo di crisi, per il quale sono stati investiti diversi milioni di euro, previa richiesta di tutte le autorizzazioni necessarie e delle indicazioni dell’amministrazione comunale di Savignano, sulla scorta delle indicazioni del piano provinciale – dicono i sindacati – L’impianto è pronto e fornito di tutte le garanzie, oltre a quelle di legge, di rispetto dei vincoli ambientali, così come certificato dalla Provincia e dall’Arpa. Ciò nonostante non è ancora riuscito ad avviare l’attività».
Il motivo è che la nuova amministrazione comunale, insediatasi dopo le elezioni dell’anno scorso, richiede garanzie supplementari forte, a quanto pare, della pressione esercitata da un comitato nato intorno allo slogan “No cave, no catrame”. Per la Flc le preoccupazioni che hanno mosso il comitato sono nobili e condivisibili («Chi non vorrebbe tutelare la propria salute e quella dei propri figli»?). «Hanno raggiunto l’obbiettivo di prevenire ipotetici, ma assai improbabili rischi. Hanno agito sulla base del principio cardine dello sviluppo sostenibile, inteso some “sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Hanno cioè tutelato le generazioni future, ora si tratta di soddisfare anche i bisogni del presente – affermano i sindacati edili – L’insistenza del comitato e dell’amministrazione comunale al non voler vedere che tutti gli atti formali e sostanziali sono stati fatti e gli impedimenti all’apertura dell’attività sono una vessazione rispetto al diritto di avviare un’impresa produttiva nel momento in cui lo si fa nel rispetto di tutte le norme, leggi, accordi».
La Flc è preoccupata per il rischio occupazionale, che occorre scongiurare oggi facendo il possibile, nella convinzione che il punto di equilibrio massimo tra tutela della salute e diritto al lavoro sia stato ampiamente raggiunto. “Pur avendo già incontrato l’amministrazione comunale e provinciale e avendo sviscerato i problemi ancora aperti, che sono di natura formale e ampiamente superabili, siamo pienamente disponibili per ulteriori confronti con chiunque abbia legittimi interessi sulla questione, siano essi comitati, gruppi di persone, associazioni e quant’altro. L’unica cosa che in definitiva manca  – continuano i sindacati – è il coraggio di assumersi tutti le proprie responsabilità, compresa quella dell’amministrazione comunale di dire ai propri cittadini che tutto ciò che era legittimamente possibile fare è stato fatto e che ora l’impianto deve partire definendo, eventualmente, a maggiore tutela, un gruppo di persone del comitato che si incontri con l’impresa e  le organizzazioni sindacali, sotto l’egida dell’amministrazione per il controllo dei dati ambientali che il sistema di monitoraggio dell’impianto rileva. In alternativa potrebbe  esserci un ulteriore grave problema occupazionale per la zona e un rischio da parte dell’amministrazione comunale di essere chiamata in giudizio dall’impresa per un oneroso risarcimento che ricadrebbe inevitabilmente, oltre che sugli attuali amministratori, – concludono Feneal-Filca-Fillea – anche sui cittadini di Svignano”.

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