PUGLIA, ECCO TUTTE LE OPERE BLOCCATE NEL TACCO D'ITALIA

PUGLIA, ECCO TUTTE LE OPERE BLOCCATE NEL TACCO D'ITALIA

Contenziosi, burocrazia, tempi biblici e incapacità nelle strategie degli enti locali bloccano il tacco d’Italia. Infrastrutture promesse, opere di miglioria per il territorio progettate, finanziate e non cantierizzate e scarsa lungimiranza di chi ci rappresenta nei Comuni, nelle Province e in Regione, tengono la Puglia al palo.

La Filca Cisl regionale è “perplessa davanti alle opere bloccate presenti nel territorio e al calo del 16% degli addetti dal 2008 al 2010. 1 miliardo 580 milioni di opere pubbliche bloccate, che potrebbero essere cantierizzate, obbligano alla necessità di un tavolo regionale per individuare le priorità in tutte le province”, osserva Crescenzio Gallo, segretario generale della Fil-ca pugliese. Oltretutto i dati del rapporto Svimez 2011 pongono la Puglia la regione con il Pil pro capite più basso. Con i suoi 16.932 euro precede solo Calabria e Campania, contro una media nazionale di 25.583 euro. Numeri poco confortanti che interessano tutto il territorio che nel 2010 ha segnato una crescita dello 0,2% contro 1’1,7 del centro-nord. “Il sud soffre e non è una novità – spiega Gallo – la speranza del settore edile si affida non solo allo sblocco dei fondi Fas ma alla can-tierizzazione immediata delle grandi opere”.

Il riferimento è ai 3 miliardi di euro circa di investimenti promessi che dovevano essere una boccata d’ossigeno per la regione, non ancora scongelati poiché si è alla ricerca dell’intesa tra le varie istituzioni competenti. “Sono certo che le risorse liberate apporteranno benefici reali – continua Gallo – rimettendo in moto l’economia regionale dando un aiuto concreto alle imprese. Infatti il calo dello 0,2 per cento del Pil per il 2010 è legato soprattutto a una flessione delle attività nel nostro settore, quello delle costruzioni (-5,2%)”. Un discorso a parte merita l’occupazione. I dati del primo trimestre 2011 mostrano un’interruzione del processo di espulsione di manodopera dal mercato del lavoro italiano, ma è ancora presto per parlare di un’inversione di tendenza, soprattutto al sud dove l’incremento si ferma allo 0,3 per cento (al nord è il doppio). La Puglia segna un 1,7%, lontana dal 2,6 della Basilicata ma sempre meglio di Calabria e Campania. Un piccolo respiro di sollievo se si pensa che nel 2010 il tasso di disoccupazione è del 13,4 per cento al sud e che nel biennio 2008 / 2010 la percentuale degli occupati è passata dal 46 per cento al 43,9 per cento: in pratica, dei 533 mila posti di lavoro in meno in tutto il Paese ben 281 mila sono nel Mezzogiorno.

LA “CIRCUMSALENTINA” E I LAVORI DEL PORTO DI TARANTO
L’ultimo intoppo alla realizzazione della Strada regionale 8, opera di collegamento a 4 corsie tra Lecce e la località balneare con annesso porto turistico di San Foca, è il mancato trasferimento dalle casse dello Stato della restante fetta di finanziamento alla Regione Puglia per oltre 59 milioni di euro. Il Piano per il Sud, che prevede fondi destinati alle infrastrutture strategiche ha sbloccato l’emissione effettiva del mandato da parte del ministero, la contrattualizzazione di un appalto già affidato, la cantierizzazione di un progetto già pronto e l’impiego di una forza lavoro che da due anni e mezzo si trova in cassa integrazione in deroga. Uno spreco di tempo quello trascorso, ma che per i lavoratori è una buona notizia nel mare nero della crisi. La vicenda della Strada regionale 8 si trascina da 20 anni, tra intoppi burocratici, progetti rivisti e vertenze giudiziarie. Basti pensare che la prima versione della strada era stata ribattezzata “Circumsalentina”, ma fu poi stravolta per coniugare modernità, tutela del paesaggio e percorso differente.

Il nuovo progetto fu frutto di modifiche, Conferenze dei Servizi, incontri tra comuni del leccese. Un muro finalmente abbattuto, stando alle carte, poiché nel corso dell’ultima riunione tra istituzioni e parti sociali è stato rilevato che a fronte dell’impegno finanziario necessario per il completamento dell’opera, quantificato in circa 59 milioni di euro, il ministero delle Infrastrutture ha erogato alla Regione Puglia circa 25 milioni di euro riservandosi di trasferire la restante somma successivamente. Comunque rimangono, ancora oggi, posizioni di criticità della Regione Puglia che non intende sottoscrivere il contratto sino all’avvenuto trasferimento dell’intera somma e, dall’altra, del ministero che è del parere inverso, in attesa della erogazione della restante parte, peraltro già impegnata, in corso di esecuzione dei lavori. “Gli iter amministrativi devono essere snelliti e le opere immediatamente cantierizzabili avviate” sostiene Sandro Russo della Filca di Lecce. In questo periodo di crisi in cui il lavoro è davvero poco, occorre far lavorare chi rispetta le regole e non chi fa della furbizia il proprio modus operandi’ a danno delle imprese sane e dei lavoratori; siamo consapevoli che le trattative saranno complicate dall’attuale drammatica situazione del settore nella nostra provincia’ .

Il porto di Taranto ha chiuso il 2010 con una perdita del 6,4 /e del traffico container. E un calo importante in un anno che è stato di sacrifici per tutti. Tuttavia il disagio fra gli operatori dello scalo pugliese va oltre il dato numerico e accende i riflettori su una realtà dalle potenzialità non pienamente sfruttate, che rischia di perdere le occasioni storiche che le si erano prospettate negli ultimi anni: il progetto del distripark, i lavori di ampliamento dello scalo, il ruolo di hub di tran-shipment al centro del Mediterraneo che per un certo periodo aveva attirato anche Msc in fuga dalla Grecia. Vito Lincesso, segretario Filca di Taranto, lancia l’allarme sul futuro dello scalo osservando: “Taranto possiede un porto, ma con ritardi nelle nuove cantierizzazioni dimostra di non essere una città portuale. Siamo totalmente colonizzati: di tutto ciò che in termini di ricchezza produce il porto, ben poco resta a noi, situazione dettata anche dai ritardi con cui procedono lavori essenziali come i dragaggi, l’allungamento della diga foranea, il raddoppio del quinto sporgente, il mancato via libera al progetto per il distripark (costo dell’opera stimata per 60 milioni di euro) per problemi di bonifica del terreno in cui dovrà sorgere il progetto individuato nel Piano per il Sud’ tra le dieci pnorità per mettere in connessione i territori pugliesi”. Nonostante Taranto, collocata in posizione baricentrica tra lo stretto di Gibilterra ed il canale di Suez, transiti 1/3 delle merci prodotte nel Mondo, avrebbe buone carte da giocare.

E’ la scarsa accessibilità al porto che, nonostante la posizione strategica di Brindisi, stenta a decollare, con ripercussioni negative anche sulle produzioni locali di eccellenza, specie quelle agroalimentari, già sofferenti a causa dell’eccessiva frammentazione delle imprese e della scarsità di competenze in ambito manageriale, nel settore del marketing strategico, dell’innovazione dei processi produttivi e delle politiche distributive. Nel corso degli anni lo sviluppo del fronte a mare si e costantemente ridotto, stretto tra le installazioni della Marina Militare nel Seno di Ponente e il varco doganale nel Seno di Levante; inoltre le pianificazioni urbanistiche degli anni passati non hanno mai posto al centro dei loro interventi l’integrazione del porto interno nel circuito cittadino, migliorandone l’accessibilità. Specchio di questa situazione è lapresenza delle attività commerciali sui corsi principali, lontane dal fronte marittimo. Pertanto, risulta vitale la creazione di un circuito viario che integri ilporto con il centro storico, facilitando contemporaneamente i collegamenti con la stazione ferroviaria, con l’aeroporto e con le principali arterie stradali provinciali e regionali. Il modello potrebbe essere quello di Taranto, ovvero la realizzazione di una piattaforma logistica negli spazi retro portuali ma, nonostante esistano i necessari finanziamenti che superano i 20 milioni di euro,tutto è fermo. “Si tratta purtroppo – spiega Salvatore De Fazio, segretario Filca di Brindisi – di un progetto nato 5 anni fa, che ad oggi non vede fase attuati-va, e che muoverebbe lavori per un importo di 500 milioni di euro, in gran parte di investimenti privati, capaci di dare un’iniezione di fiducia alle imprese, soprattutto in un momento come quello attuale in cui chiediamo a gran voce anche la ripresa degli investimenti in opere pubbliche per dare slancio all’economia”. Con l’obiettivo di garantire sviluppo economico e nuovi posti di lavoro.

BARI, TRA NODO FERROVIARIO E CITTADELLA DELLA GIUSTIZIA
La Cittadella della Giustizia di Bari, con un investimento di 300 milioni di euro, è diventata ormai un caso europeo. Infatti la Commissione europea dovrà esaminare il ricorso presentato dal Comune contro lo Stato Italiano per violazione del diritto comunitario nell’ambito della cosiddetta vicenda Pizzarotti. Eppure dal 2001 ad oggi, da quando è stata pubblicata la ricerca di mercato che ha visto prevalere la proposta dell’impresa parmense, sono state una mezza dozzina le pronunce dei giudici (quattro volte del Consiglio di Stato e due della Cassazione) che hanno dato ragione a Pizzarotti e hanno condannato il Comune al pagamento delle spese.

“Sulla vicenda si prospetta – commenta Tommaso Contaldo, segretario Filca di Bari – un cammino lungo e difficile. E così, nonostante la sentenza del Consiglio di Stato, il sindaco Emiliano non demorderà, continuando sulla strada di un’altra battaglia giudiziaria a spese dei lavoratori che faticano in questo duro periodo di crisi”. Per non parlare del nodo ferroviario di Bari, sul quale è arrivata finalmente l’ora della concretezza. Dopo anni di discussioni, promesse, progetti e sogni mai realizzati finalmente si avvia l’iter destinato a liberare il litorale cittadino – a sud e nord – dall’oppressione dei binari. L’opera è interamente finanziata con 830 milioni di euro, già stanziata la prima tranche di 395 milioni. La Filca  di Bari reputa il nodo una priorità coerente sia con le esigenze di sviluppo della rete ferroviaria pugliese, sia con la riqualificazione dell’itinerario  ferroviario ad alta velocità Bari-Napoli- Roma. E non solo. Il nodo di Bari è ritenuto un crocevia del sistema ferroviario nazionale in virtù sia della confluenza del corridoio Adriatico e del corridoio Gioia Tauro-Taranto- Bari, sia delle numerose linee dedicate al servizio regionale e metropolitano, che gli interventi infrastrutturali e tecnologici mirano a migliorare.

FOGGIA, DOPO 20 ANNI ANCORA SULLA CARTA IL PROGETTO DELLA DIGA DI PIANO DEI LIMITI 
La città è ferma: commercianti, artigiani e balneatori sembrano pensarla tutti allo stesso modo. Foggia ha bisogno di investimenti, dicono in coro imprenditori e lavoratori. Le opere pubbliche bloccate, hanno penalizzato tutti i settori produttivi. Secondo Urbano Falcone, segretario Filca di Foggia, l’edilizia bloccata dall’assenza di investimenti starebbe trascinando nel baratro anche altri settori, tra cui quelli del commercio e dell’artigianato. La riqualificazione delle aree, la diga di Piano dei limiti, appaltata al Consorzio di Bonifica per la Capitanata per 300 milioni di euro, la Bovino-Poggio Imperiale in appalto per 300 milioni di euro, sono grandi opere annunciate da anni, ma rimaste sulla carta. “Se si va avanti così – avverte Falcone – è chiaro che Foggia si spegne. Tutto ciò influisce anche sul commercio”.

Per quanto riguarda la sola diga di Piano dei Limiti, essa risulta tra i progetti del Consorzio di bonifica della Capitanata dal 1992. Ma il progetto è rimasto chiuso nei cassetti fino al 2004 quando, sulla scorta delle difficoltà di approvvigionamento della diga di Occhito, in Capitanata si sollevò un grande movimento di opinione sulla necessità di costruire un’altra diga a beneficio dell’agricoltura foggiana. Il finanziamento di 118 milioni si riferiva alla prima franche d’intervento: il progetto conclusivo avrebbe comportato una spesa di 275 milioni e sette anni di lavori fra tempi di realizzazione e collaudi. L’opera con il passare del tempo da una dotazione di 118 milioni di euro, ha visto la riduzione a 65 milioni, ed oggi si scopre che alla voce Piano dei limiti’ sono rimasti appena 20 milioni di euro, somma inutilizzabile sia pure per ipotizzare la realizzazione di una diga. “Foggia ha bisogno di cantieri attivi nel territorio e se vogliamo che il commercio arrivi e parta da Foggia, dobbiamo offrire vie di comunicazione adeguate – conclude Falcone – ci dobbiamo rimboccare le maniche poiché in città è carente persino la manutenzione ordinaria delle opere già realizzate”.

(DA “CONQUISTE DEL LAVORO”)

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