Intervista a Franco Turri, segretario generale Filca-Cisl
Qual è il giudizio della Cisl e in generale del sindacato italiano sul Progetto Italia?
Secondo noi si tratta di un’operazione molto positiva perché tende a salvaguardare posti di lavoro e a salvare parte delle grandi imprese italiane. Importante perché proprio salvando queste imprese si riesce a far ripartire i cantieri oggi bloccati. Non dimentichiamo che in Italia abbiamo un sistema degli appalti che ha fatto fallire la maggior parte delle grandi imprese, e sono pochissime quelle che si sono salvate. Dobbiamo rimettere in moto i cantieri fermi e non possiamo farlo con la maggior parte delle imprese oggi attive sul mercato che sono in stato di concordato o di pre-concordato. Ecco perché dar vita a un processo di consolidamento del sistema industriale diventa fondamentale.
Cosa pensa rispetto alle critiche di una possibile distorsione del mercato italiano?
Non siamo assolutamente d’accordo con questa visione. Salini Impregilo fattura il 93% all’estero, sostanzialmente appena il 7% in Italia e in alcun modo questa operazione va a incidere sulla concorrenza. Dirò di più: in Italia i grandi appalti vanno deserti perché non esistono più grandi gruppi. La scorsa settimana il bando sull’Alta Velocità Brescia-Verona, un appalto da 200 milioni di euro, è andato deserto. Il rischio che corriamo è che il sistema resti frammentato e che non esistano più aziende in grado di costruire grandi opere. Se guardiamo alla struttura delle imprese italiane che fanno capo all’Ance e guardiamo ai dati recenti della Commissione nazionale delle casse edili scopriamo che la media nazionale di impiegati nelle imprese del settore è di 4 persone. Pensiamo davvero che imprese con 4 operai possano concorrere sullo stesso piano e sugli stessi progetti con Salini Impregilo? I numeri dimostrano che questo rischio di distorsione del mercato non esiste.
Quanto è profonda la crisi del settore in Italia?
Quello delle costruzioni è un settore che non si è ancora ripreso dalla crisi dell’ultimo decennio; un settore che ha perso oltre 800mila addetti senza riuscire a recuperarli. Oggi assistiamo a un timido segnale di ripresa al Nord, ma non ancora al Centro e al Sud ma si tratta di un miglioramento legato agli incentivi e alle ristrutturazioni, due ambiti che non hanno nulla a che vedere con le infrastrutture e con le grandi imprese che muovono nei cantieri. In sostanza, senza un rilancio delle grandi imprese quegli 800mila lavoratori che hanno perso il posto non saranno mai rioccupati. Un impoverimento che viene confermato anche dalla produzione economica del settore. Fino a pochi anni fa le costruzioni valevano il 12% del Pil nazionale, oggi siamo scesi all’8%. Ecco perché il Progetto Italia, in una situazione di crisi generale, servirebbe anche a sostenere il rilancio del paese, favorendo investimenti che ricadono sul mercato interno e quindi rimettendo in moto anche la macchina dei consumi, che ormai da anni è bloccata.
L’economia italiana può ripartire grazie alle grandi opere?
Circa dieci giorni fa abbiamo incontrato il ministro Infrastrutture, Paola De Micheli, e ci ha confermato l’intenzione del governo di utilizzare il settore dell’edilizia in senso anticiclico. Ma questo settore non ripartirà mai se non abbiamo grandi costruttori pronti a investire e a partecipare alle gare pubbliche, e oggi praticamente una delle poche grandi imprese che ha i numeri per farlo è proprio Salini Impregilo.
Che garanzie vi da l’esistenza di un grande gruppo italiano delle costruzioni?
Garanzie di ogni tipo, non solo per la tutela dell’occupazione, ma anche per la qualità dell’occupazione. Salini Impregilo appartiene a quella categoria di grandi imprese che hanno una attenzione maggiore alla sicurezza, al rispetto dei contratti, alla dignità del lavoro, e quindi fanno da capofila in un tentativo di trainare il settore verso una qualità più alta.