Pensare il futuro senza perdere se stessi. E’ un’epoca di “ferro” quella che stiamo attraversando, che impone sacrifici, riflessioni, nuovi modi di agire e procedere a tutta la società e dunque, anche al sindacato. E un sindacato come la Cisl non si sottrae alla responsabilità di immaginare un futuro diverso e nuovi percorsi con cui intrecciare e intercettare il mondo. Un mondo che, anche se lontano, dall’altra parte di un Oceano, può essere vicinissimo nel comune sentire dello stare in mezzo agli altri, donando speranza, solidarietà e impegno. Come nel caso di Angelo Sorbello, operatore sociale di origini italiane, che vive in Argentina, a Buenos Aires, e da 15 anni combatte la mafia nelle favelas. Accanto ai poveri, ai più deboli, ai bambini e contro la droga, la prostituzione, l’ignoranza e la legge del più forte.
Insieme a padre Pepe, al secolo padre Josè Maria Di Paola, fraterno amico di Papa Francesco, ha dato vita a tanti progetti umanitari, grazie anche all’aiuto della Cei, subendo per questo suo forte impegno sociale minacce di morte. In Italia per ritirare il premio internazionale intitolato a don Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia, un riconoscimento simbolico per chi, facendo bene il proprio dovere, promuove la dignità degli uomini e l’impegno sociale, Sorbello ha raccontato la sua testimonianza di vita in occasione di un convegno organizzato a Roma dalla Cisl, dalla Usr Lazio e dalla Filca capitolina dal titolo “Il primato del lavoro per la dignità della persona”. Una testimonianza personale ma dal valore universale, che racconta quanto la “prevenzione e il riscatto delle vite perdute passa attraverso il lavoro. Solo il lavoro dignitoso e degno permette il recupero delle persone e della dignità, è lo strumento più autentico ed efficace di rinascita per una vita perduta”. Il lavoro dunque come strumento di riscatto dal degrado, perché il lavoro è “un bene dell’uomo mediante il quale l’uomo realizza se stesso e diventa più uomo”. Così scriveva Giovanni Paolo II nella Laborem excercens ricordata da Mario Bertone, segretario generale della Cisl Lazio, che aggiunge pure quanto sia importante “invertire la marcia della spirale regressiva e affermare un nuovo umanesimo del lavoro”. Perché la sfida del riscatto è una sfida universale, supera le frontiere e approda fino a noi, paese in bilico tra futuro e baratro. Dove i lavoratori, le famiglie, i giovani si misurano ogni giorno con una quotidianità sempre più feroce. Facendo nuove domande a chi gli sta di fronte, e quindi anche al sindacato.
Lo dice chiaro Andrea Cuccello, segretario generale della Filca Cisl di Roma: “i cambiamenti sociali in atto impongono il cambiamento anche al nostro lavoro quotidiano”. E allora qual è il nostro modo di stare in mezzo alla gente, si domanda il sindacalista. La risposta non può che essere una: “la nostra prima responsabilità è non lasciare le persone da sole”, affiancando questo nuovo modo di essere e di agire alle tradizionali attività di tutela dei lavoratori. Per loro, accanto a loro. Per non lasciare spazi, o almeno tentare di arginare la disperazione e lo strapotere, anche delle mafie, della criminalità organizzata che, approfittando della crisi, espande potere e denaro. Non a caso, conclude Raffaele Bonanni, anche la lotta e il presidio della legalità è diventata una battaglia del sindacato. “Là dove il degrado economico è forte, la ragnatela dei poteri illegali è un rischio fortissimo – avverte il numero uno di via Po -. Noi come sindacato dobbiamo allora fare una profonda riflessione e chiarirci tutti insieme cosa vogliamo essere, dove vogliamo andare e dove risiede il nostro impegno, che da parte mia, è chiaro ed è nella responsabilità della proposta”. Perché di fronte ad una politica che balbetta invece di decidere, allora diventa un preciso dovere del sindacato assumere il coraggio della scelta e della responsabilità.