PER QUESTA forte iniziativa di Torino va dato un giusto riconoscimento al sindacato edile torinese e al sacrificio e alla lotta dei lavoratori torinesi. Le statistiche più recenti parlano di un lieve miglioramento sul versante degli infortuni mortali sul lavoro, che deriva sia dall’applicazione del decreto 626 e della legge 494 (direttiva cantieri), sia dalle iniziative sui terreni della formazione, informazione e di contrasto avviate con l’azione sindacale di Rlst, Rls e degli Enti paritetici. Il miglioramento dimostra che è possibile ridurre gli infortuni, che questi non sono un “prezzo” da pagare comunque. La perdita di una sola vita non è accettabile e lo è ancor meno per il fatto che queste persone perdono la vita nel cercare di dare un futuro a se stessi e alle loro famiglie. L’alta incidenza di infortuni nei giovani apprendisti e nei primi giorni di lavoro fa emergere la necessità di informazione e formazione rispetto ai pericoli che si incontrano in cantiere. Circa l’infortunio che si registra il primo giorno di lavoro, noi lo consideriamo una spia del lavoro nero e per questo affermiamo che occorre denunciare l’assunzione il giorno prima dell’entrata in cantiere, come è stato chiesto nel recente avviso comune, per evitare che si regolarizzi chi si fa male soltanto nel momento in cui succede l’infortunio. Bisogna far avanzare complessivamente una cultura della prevenzione perché è un risparmio per la collettività. Ammonta ad oltre 28 milioni di Euro, infatti, il costo sociale complessivo degli infortuni (senza contare il dramma personale). Pertanto, progettare il cantiere tenendo conto delle esigenze della sicurezza rappresenta soprattutto un risparmio sociale. Il mancato rispetto delle regole antinfortunistiche, invece, diventa un guadagno per il singolo imprenditore e un costo per tutta la società. Per questo, la positiva esperienza nei cantieri dell’Alta Velocità vogliamo estenderla anche ai lavori legati alle Olimpiadi del 2006. Inoltre, ciò che abbiamo verificato è che la frequenza degli infortuni si riduce laddove c’è rispetto del Ccnl e dove è presente il sindacato. In questo contesto, gli Enti Paritetici devono essere strumenti per una selezione virtuosa delle imprese, favorendo quelle regolari ed emarginando dagli appalti chi non rispetta le norme fiscali, previdenziali e della sicurezza. Serve, inoltre, una normativa per poter accedere alla professione. Per valorizzare il lavoro edile, infatti, occorre determinare una soglia minima di conoscenze, in particolare sulle normative della sicurezza ed effettuare delle verifiche per le imprese già in attività. Per questo richiediamo, in primo luogo, l’istituzione del libretto formativo dei lavoratori. Sul fronte della selezione delle imprese, sottolineamo l’esigenza che ci siano degli sconti sui versamenti previdenziali e su quelli per le Casse Edili per le imprese in regola con le norme legislative e con il Ccnl; che venga effettuata la richiesta del Durc, con il criterio della “congruità” dei versamenti. Assieme alle forme premiali, tuttavia, servono anche più controlli e rendere strutturali le forme di conflitto d’interessi tra committente ed esecutore dei lavori, come la norma sulla detraibilità fiscale del costo di ristrutturazione. Senza però trascurare che la sicurezza nei cantieri passa necessariamente per il rafforzamento e l’estensione della figura sia dei Rls che dei Rlst. L’attenzione alla sicurezza è un compito che sentiamo nostro, nella consapevolezza che serve una forte azione di formazione per creare una nuova mentalità di attenzione e di rispetto per l’integrità fisica delle persone, nell’ambito di un sistema di legalità. Ma per garantire la legalità nel cantiere occorre responsabilizzare il committente e la responsabilità in solido del Contraente Generale o impresa madre con le imprese subappaltanti. Va anche ricordato, quando si affronta il tema della sicurezza nei cantieri che il lavoro edile è un lavoro di per sé usurante, pesante, disagiato, pericoloso, che non si può fare a tutte le età. Per questo siamo fortemente contrari all’allungamento dell’età pensionabile in un settore che avendo poca continuità lavorativa, costringerebbe a lavorare tutti fino a 65 anni con conseguenze immaginabile per la sicurezza e per la vita delle persone. Non tutti i lavori sono uguali e non tutti si possono fare a tutte le età.
Domenico Pesenti, Segretario generale Filca Cisl