Cantieri fermi, investimenti inesistenti, calo dell’occupazione, aumento della cassa integrazione. II 2012 è stato un anno nero per il settore delle costruzioni che ha subito un calo del 14% sulle produzioni. Eppure il settore da sempre rappresenta il volano dello sviluppo di un’intera economia. Ogni miliardo investito in edilizia, infatti, genera un giro di affari di oltre 3 miliardi e crea 17mila nuovi posti di lavoro. Abbiamo chiesto al segretario generale della Filca-Cisl, Domenico Pesenti, come la categoria sta affrontando questa crisi.
Segretario quali strategie state mettendo in campo per far fronte a questo periodo così negativo per il settore delle costruzioni?
Più volte abbiamo chiesto che si utilizzi il settore edile come volano della ripresa di tutto il Paese, ma nessuno ci ha ascoltato. La nostra proposta è quella non di costruire ex novo, ma di mettere in qualità il già costruito. Ci sono, ad esempio, interi quartieri che non sono abitabili e tanti edifici non utilizzati. Il settore potrebbe dare il via ad una vera e propria stagione di green economy, facendo attenzione al risparmio energetico, all’uso di materiali biocompatibili e che possono essere riutilizzati anche in futuro. Questo permetterebbe di ridurre la fattura energetica del Paese e di utilizzare materiali non inquinanti anche quando si tratterà di smaltirli.
Ma quanto incide in valore percentuale il settore sull’economia nazionale?
Il settore edile ha sempre inciso mediamente, in questi anni, oltre il 10 per cento. Prima della grande crisi era il settore che teneva in positivo il Pil del Paese, forse averlo lasciato solo senza un sostegno adeguato e senza soprattutto un indirizzo di qualità, ha permesso che le imprese costruissero senza criteri ed attualmente abbiamo tanto invenduto perché molti appartamenti e molti palazzi vuoti, ma nuovi, non corrispondono alle normative che oggi sono richieste.
Pesenti, ci può delineare sinteticamente come è strutturato il settore oggi?
Oggi in sostanza il settore è composto da alcune grandi imprese di general contractor mentre tutto il tessuto intermedio delle imprese è stato distrutto. Inoltre c’è, purtroppo, largo spazio al lavoro irregolare, al lavoro nero, a un lavoro non di qualità. Dovremmo ricostruire il settore, ma per farlo abbiamo bisogno dell’impegno dei costruttori. Impegno che oggi non vediamo perché anche nella discussione che stiamo facendo per il contratto ci propongono di creare maggiore libertà ancora per l’entrata nel cantiere del lavoratore. Noi riteniamo che questo vuol dire distruggere veramente le imprese al punto che ci domandiamo chi tutela le imprese oggi.
Annosa questione è quella del ritardo dei pagamenti alle imprese da parte della Pubblica amministrazione. Un debito che arriva a 19 miliardi di euro.
Il problema del mancato pagamento del lavoro fatto alle imprese è devastante perché non pagare il lavoro già eseguito, in particolare nei lavori pubblici, comporta la distruzione delle imprese ancora strutturate, ossia delle grandi imprese che hanno ancora un bel numero di dipendenti diretti e hanno anche uffici di progettazione. Oggi, dopo annidi nostro impegno in tal senso, è in vigore, dal primo gennaio 2013, una direttiva europea che impone il pagamento entro trenta giorni del lavoro svolto, ma purtroppo non viene applicata con la scusa di mancanza di soldi e del Patto di stabilità. Credo che il nostro Paese deve decidere, e questo deve farlo immediatamente il nuovo governo, che vanno pagate le imprese perché possano continuare a lavorare e a pagare gli stipendi dei dipendenti. Solo in questo modo si darà un aiuto concreto alla ripresa dello sviluppo complessivo del Paese.
Inoltre, in un momento di crisi, il settore è anche facile preda per l’illegalità?
È chiaro che in una situazione dove le imprese non hanno liquidità possono essere facilmente preda di capitali non legali, per questo stiamo mettendo in campo un’ azione forte sia per tutelare le imprese che resistono sia per denunciare quelle che cadono in questi tranelli. Inoltre, in aggiunta al problema della legalità c’è anche quello della regolarità delle imprese. I nostri enti bilaterali, casse edili, scuole edili, enti paritetici, hanno contribuito in questi anni a selezionare le imprese regolari. Oggi abbiamo bisogno di rafforzare questi controlli perché il poco lavoro che c’è lo dobbiamo affidare alle imprese serie che rispettano i contratti di lavoro, rispettano le normative di legge e rispettano anche la qualità del lavoro e la qualità del rapporto con i lavoratori.
Un’ultima domanda riguarda la cassa integrazione ordinaria che, nel settore, in un anno è aumentata del 25,4%. Complice la crisi?
Ovviamente la crisi del settore ha inciso molto sulla richiesta di cassa integrazione da parte delle aziende. Su questa partita, ossia sulla concessione della cassa integrazione ordinaria per i cantieri, è però fondamentale che ci sia maggior controllo e più ruolo negli accordi con il sindacato. Questo perché il cantiere è un luogo di lavoro difficilmente controllabile ed è bene che queste protezioni sociali siano date a chi effettivamente ne ha bisogno, non a chi invece potrebbe utilizzarli in forma distorta.