OCSE: ITALIA HA APPROVATO MISURE PER POTER CRESCERE DELLO 0,6-0,8%

OCSE: ITALIA HA APPROVATO MISURE PER POTER CRESCERE DELLO 0,6-0,8%

“L’uomo giusto al momento giusto“. Mentre sul fronte interno non mancano mugugni e mal di pancia, sullo scenario internazionale Mario Monti continua a incassare giudizi favorevoli. Oltre al Wall Street Journal, che preconizza un mandato di governo “che può diventare grandioso”, anche l’Ocse certifica positivamente il percorso riformista di Palazzo Chigi. “L’Italia è un buon esempio”, spiega Angel Gurria, segretario generale dell’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo. E lo è non solo per le misure d’austerità messe in atto (che il vice presidente della Commissione europea Olli Rehn si affretta a edulcorare, affidandosi al termine tecnico “fiscal consolidation”), ma anche per i provvedimenti a favore della crescita che ne hanno fatto seguito. Con il decreto Salva Italia, e le altre misure che Gurria chiama “cresci Italia, lavora Italia e semplifica Italia”, il governo, osserva l’Ocse, ha introdotto “quattro elementi necessari e tutti altrettanto importanti”, per poter tornare a crescere in termini dello 0,6-08 per cento all’anno.

L’Ocse giudica positivamente dunque anche la riforma del lavoro e auspica che venga approvata senza modifiche, non fosse altro perché dalle nuove regole sull’occupazione, dice Gurria, si potrà “completare il quadro” con quello che manca per il rilancio definitivo del Paese. Rilancio che secondo l’Ocse passa anche per la riforma delle pensioni e le liberalizzazioni, così da permettere all’Italia di “accelerare la creazione di posti di lavoro, far scendere la disoccupazione e rafforzare la crescita di lungo periodo”.

All’Italia, l’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo, consiglia non solo la deregulation per favore la concorrenza, il rafforzamento della partecipazione del settore privato nell’attività economica, la riforma della contrattazione salariale e di un sistema fiscale che guardi maggiormente alla tassazione indiretta, o il rafforzamento dell’istruzione secondaria, ma anche la riduzione delle tasse sui redditi da lavoro combinata però con la “riduzione/attenuazione del processo di protezione dei lavoratori”. Il quadro generale dell’Unione europea e di Eurolandia resta incerto, in una situazione economica che continua a essere esposta a nuove fibrillazioni. Il “consolidamento fiscale” non basta. La disciplina di bilancio ha avuto il merito, osserva l’Ocse, di evitare il peggio, ma l’intero disegno di ristrutturazione delle economie dei 27 sta colpendo profondamente la domanda interna nel breve periodo, prima ancora cioè che gli effetti della stabilità e della crescita a lungo termine facciano sentire i loro effetti.

L’Organizzazione di Parigi non minimizza le decisioni intraprese da Paesi come Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, ma ammette che le sfide restano “spaventose”. Oltre al rafforzamento della governance strutturale, fiscale e finanziaria dell’Unione europea, sottolinea l’Ocse, vanno aggiunte riforme a lungo termine. La recessione attuale, dimostra come ci siano “ampi rischi negativi per il sistema e l’attività finanziaria, che dipendono da come la crisi sarà risolta”. Quanto fatto finora in Eurozona resta un lavoro “incompiuto”, dice Gurria, e anche se le tensioni sui mercati si sono allentate e gli spread calati, nota l’Ocse, la fiducia nel debito dell’eurozona resta fragile, mentre le misure prese dalla Bce devono ancora mostrare pienamente i loro effetti. La prospettiva delle condizioni finanziarie dell’Ue a 17 dipende fortemente “dagli sviluppi nel sistema bancario”, mentre quella per la crescita è legata alla risoluzione della crisi del debito sovrano. Le incertezze dell’area euro, condizionano poi l’intera economia a 27, che sconta una “grave congiuntura negativa”, con le prospettive di crescita a lungo termine più deboli degli ultimi 20 anni, “influenzate anche dall’invecchiamento della popolazione e da lenti aumenti di produttività”.

La risposta al declino, scrive l’Ocse nel suo rapporto sull’Ue, si gioca su due fronti: rafforzamento del Mercato unico e politiche migratorie adeguate alla domanda del mercato del lavoro, in crisi sia di manodopera che di lavoratori qualificati.

(dal sito www.conquistedellavoro.it)

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