LOGISTICA, L’ITALIA DEVE CAMBIARE PASSO

LOGISTICA, L’ITALIA DEVE CAMBIARE PASSO

Logistica e necessità di creare sinergie sul tema: sono argomenti sempre più diffusi, ma sarebbe bene che dalle riflessioni si passasse ai fatti concreti, soprattutto quando le criticità da affrontare sono diverse e pressanti. Sul piatto – almeno per quanto riguarda l’Italia – c’è da mettere mano ad una serie di questioni chiave che attualmente frenano lo sviluppo dei piani infrastrutturali: l’alta contenziosità, per esempio, ma anche i passaggi autorizzativi abnormi (sull’Alta Velocità, infatti, la media nazionale è di 26 permessi contro i 2 francesi!), la chiusura agli investimenti privati, ma anche la scarsa capacità di dialogare con il territorio e le amministrazioni locali.
Il quadro è emerso a Trieste nel corso di una tavola rotonda promossa dalla Filca Cisl, a chiusura di una due giorni che ha visto nel capoluogo giuliano convergere una nutrita rappresentanza sindacale anche di Veneto e Trentino Alto Adige per un confronto aperto sui temi delle infrastrutture, ma anche dell’integrazione (si è svolto nei giorni scorsi anche un incontro con gli esponenti di tutte le comunità religiose della città).
A spingere sull’importanza di cambiare passo sulla questione “infrastrutture” sono gli stessi numeri, illustrati, in apertura dei lavori, dal professor Federico Dalla Puppa dell’Università di Venezia. Uno su tutti: i Porti dell’Alto Adriatico attirano soltanto l’1,5% dei traffici totali, malgrado la loro posizione strategica. E’ vero, il problema della profondità dei fondali (18 metri Trieste a fronte dei 24 di Rotterdam, primo porto d’Europa) ha una sua incidenza, ma la paralisi degli investimenti, accanto alla scarsa propensione ad avviare sinergie concrete, sta compromettendo delle potenzialità naturali straordinarie.
E lo stesso vale per il tracciato dell’Alta Velocità, con la novità riferita dall’onorevole del Pd, Debora Serracchiani, secondo cui l’Italia, proprio per il suo indecisionismo, avrebbe perso parte dei 671 milioni complessivi destinati al Corridoio 5. Tenuto conto – è stato detto –  che nel 2012 l’Unione Europea procederà ad una revisione dei piani di finanziamento per le opere infrastrutturali, diventa fondamentale per l’Italia, ma anche per il NordEst, concepire una strategia e delle sinergie d’attacco. A partire – per Serracchiani – ad esempio dall’idea di una banchina unica tra Ravenna, Trieste, Capodistria e Fiume con spartizione delle competenze, per aggredire le rotte dell’est europeo. Occorre, dunque, sbrigarsi, non fosse altro che per il fatto che proprio il Corridoio Adriatico-Baltico, risulta al primo posto tra i Corridoi europei da finanziare all’interno della preliminary list redatta dalla Commissione europea.
Ma sbrigarsi significa anche sciogliere alcuni nodi, stabilendo innanzitutto una regia chiara e mettendo mano alla “dannosa” commistione tra chi è chiamato a gestire le opere pubbliche e chi detta le politiche infrastrutturali. “Dobbiamo cominciare a ragionare in una dimensione europea – ha concluso il segretario nazionale della Filca Cisl, Franco Turri, ricordando il ruolo del Sindacato – ritrovando anche le regole per metterci insieme, le stesse regole che valgono anche per il lavoro, dove vanno privilegiate le aggregazioni tra imprese, piuttosto che le forme degli appalti e dei subappalti”.
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