L’Europa punta su responsabilità sociale delle imprese e sviluppo sostenibile

L’Europa punta su responsabilità sociale delle imprese e sviluppo sostenibile

Roma
Sono i temi principali del progetto della Fetbb finanziato dalla ommissione Ue
“Responsabilità sociale delle imprese e sviluppo sostenibile” nell’ambito dei Comitati Aziendali Europei (Cae) riguardanti il settore delle costruzioni e affini. E’ questo il titolo del progetto finanziato dalla Commissione Europea che la Federazione europea dei lavoratori delle costruzioni e legno (Fetbb) aveva presentato lo scorso anno. Il progetto si è sviluppato in quattro fasi: il primo seminario, tenutosi a Vienna lo scorso febbraio, ha visto la partecipazione di alcuni delegati dei Cae di multinazionali del settore dei materiali da costruzione (cemento, laterizi e manufatti) provenienti dai diversi stati membri della Ue; il secondo, che ha avuto luogo a Berlino lo scorso marzo era dedicato ai delegati dei Cae al settore delle costruzioni ed il terzo, ad aprile, per quelli del settore del legno. Il quarto seminario, quello conclusivo, che ha visto la partecipazione di tutti i delegati che hanno partecipato ai tre seminari precedenti si è svolto la scorsa settimana a Caparica, nei pressi di Lisbona, in Portogallo. Data l’importanza e la vastità dell’argomento ne è scaturito un lungo ed interessante dibattito tra i partecipanti provenienti dai vari stati membri della Ue. Si è iniziato con la storia della Responsabilità sociale delle imprese (Rsi), la sua definizione da parte dell’Unione europea per poi passare ad analizzare le sfide che la stessa mette in campo per i rappresentanti dei lavoratori e quale deve essere il loro ruolo anche in seno ai Comitati aziendali europei. La Rsi nasce negli Stati Uniti a partire dagli anni ’50 come approccio etico e filantropico, di origine religiosa, sostenuto soprattutto dalle multinazionali, in un contesto dominato da debolezza storica del diritto sociale negli Usa, da pratiche volontarie delle imprese e da una minimizzazione del ruolo dei sindacati. In Europa compare solo verso la fine degli anni ’90, all’inizio con una base di valori comuni che è differente: solidarietà, bene pubblico e interesse collettivo, prevenzione. La Commissione Europea acquisisce la Rsi con il Libro Verde nel giugno del 2001 a cui segue una vasta consultazione per arrivare alla Comunicazione del luglio 2002 dove la definizione data “essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare gli obblighi giuridici applicabili ma andare oltre e investire maggiormente nel capitale umano, l’ambiente e i rapporti con le parti interessate” implica “l’integrazione su base volontaria delle preoccupazioni sociali ed ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Quindi una definizione europea della Rsi poco diversa ma in rapporto con lo sviluppo sostenibile, “sviluppo che consente di soddisfare i bisogni odierni senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i loro bisogni…..in particolare per i soggetti più svantaggiati” . Lo sviluppo sostenibile riguarda quindi tutta l’umanità su scala mondiale e si suddivide in tre aspetti: • sociale • economico • ambientale I tre aspetti sono in sinergia tra loro: – Sociale/economico: equo (servizi adeguati alle più varie esigenze, ricadute economiche regionali, accordi di partenariato); – Sociale/ambientale: vivibile (protezione della biodiversità, misure di attenuazione, utilizzo polivalente delle attrezzature); – Economico/ambientale: vitale (recupero e riutilizzo dei materiali, efficacia energetica). Il tutto, quindi, si riconduce al “sostenibile” con studi e misure ambientali, accordi con le comunità e massimizzazione delle ricadute economiche. La Rsi riguarda l’impresa ed è considerata un suo contributo allo sviluppo sostenibile, dove, è vero, aumentano i rischi, un problema locale diventa immediatamente globale, ma serve anche a legittimare le proprie azioni: l’immagine e la reputazione dell’impresa sono gli elementi chiave della strategia di fronte alla comunità. Sicuramente è una realtà che deve essere riequilibrata e questo può avvenire solo con la presenza attiva delle organizzazioni sindacali, che sono dei multistakeholders, ossia portatori di interessi dei lavoratori e di interessi globali. Finora, come si è detto, sono solo le imprese a guidare la Rsi sia per utilità di legittimazione che concorrenziale, è un’autoregolamentazione che si danno favorendo approcci volontari unilaterali che però tendono ad eliminare l’aspetto contrattuale dei rapporti sociali, sconfinano dal terreno dei rapporti sociali e si indirizzano direttamente ai lavoratori dipendenti o verso altri interlocutori della società civile (es. Ong) da qui ne scaturisce il rischio di una riduzione di presenza e di marginalizzazione dei rappresentanti dei lavoratori. La Rsi può essere uno strumento efficace per aprire l’impresa ad altre legittimità che non siano i dirigenti e gli azionisti e deve servire ai rappresentanti dei lavoratori per interpellare la direzione aziendale proprio sugli impegni volontari, per indicare le eventuali disfunzioni degli impegni presi e, tramite la consultazione, per entrare a far parte del processo e trasformare questi impegni unilaterali in accordi contrattuali. Una sfida difficile, tenuto conto della volontà manifestata dai rappresentanti europei dei datori di lavoro di separare Rsi e dialogo sociale, ma è inconcepibile che una impresa abbia responsabilità esterne senza averle anche all’interno. E’ di fondamentale importanza, quindi, includere questo argomento anche nella negoziazione di accordi Cae di nuova istituzione e nella rinegoziazione di quelli in scadenza, per poter essere informati e consultati su questo importante tema, così come un altro strumento che ci permette di essere presenti attivamente sulla questione della responsabilità sociale dell’impresa è l’accordo quadro internazionale (per l’adozione ed il rispetto di un codice di comportamento internazionale secondo le Convenzioni dell’Oil e le linee guida dell’Ocse) che viene concluso generalmente tra le Federazioni Internazionali dei Sindacati, le Organizzazioni Sindacali, a livello nazionale, del Paese dove si trova la casa madre della multinazionale e la Multinazionale stessa. Questi accordi esprimono quindi dei principi generali e sono molto decisive le realizzazioni e le modifiche concrete altrimenti vi è il rischio che diventino una copertura degli impegni volontari delle multinazionali.

Claudio Sottile

Ambiente e sicurezza sul lavoro le materie al centro delle iniziative internazionali dei due Gruppi
Multinazionali italiane del cemento accettano le ragioni della sostenibilità
Nella realtà italiana bisogna sottolineare l’attenzione con la quale i sindacati sono riusciti ad essere presenti sui due fronti della responsabilità sociale delle imprese (rsi) e dello sviluppo sostenibile. Una presenza che si sta tentando di consolidare includendo questi temi nella contrattazione integrativa per le prime due multinazionali italiane nel settore del cemento: Italcementi Group e Buzzi-Unicem. Le controparti si sono dimostrate favorevoli al dibattito su questi temi ed hanno accettato di discuterne nel corso della negoziazione per il contratto del gruppo che si sta svolgendo in questo periodo. Intanto da evidenziare sia l’accordo quadro internazionale tra Fitbb e Impregilo, con il quale quest’ultima ha adottato un codice di condotta internazionale per i diritti dei lavoratori, sia l’attenzione che i temi della rsi e dello sviluppo sostenibile hanno ricevuto in occasione del rinnovo dell’accordo Cae del gruppo Italcementi. Diritto dei lavoratori, Impregilo adotta un codice di condotta Sul fronte degli accordi quadro internazionali (Aqi), lo scorso 4 novembre è stato firmato il primo Aqi tra la Federazione Internazionale dei Lavoratori delle Costruzioni e Legno (Fitbb), Filca Cisl – Feneal Uil – Fillea Cgil ed Impregilo, primo general contractor italiano che si occupa di progetti di grandi opere nel settore pubblico, dell’edilizia civile, di sistemi per l’ambiente e di gestione di servizi in concessione per grandi infrastrutture. Con questo accordo Impregilo adotta un codice di condotta internazionale per i diritti dei lavoratori secondo le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) e le linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Attualmente l’Impregilo è impegnata nella costruzione di una diga nella parte orientale dell’Islanda. A seguito della firma dell’accordo quadro, lo scorso gennaio è stata organizzata una visita al cantiere in questione da parte di una delegazione italiana composta da tre rappresentanti delle Organizzazioni sindacali firmatarie dell’accordo e dal vice segretario generale della Fitbb per verificare le condizioni di lavoro dei quasi 1.100 lavoratori, di 30 etnie diverse, occupati nel cantiere e l’attuazione delle norme di sicurezza . Per quest’ultimo argomento sono state rilevate alcune lievi irregolarità, fatte presenti al management ed in seguito corrette, come hanno confermato sia i rappresentanti dei lavoratori in Islanda sia l’azienda nell’ultimo incontro avvenuto con la stessa all’inizio del mese di maggio presso la loro sede di Sesto S. Giovanni.

C.S.

Italcementi, accordo Cae per l’equilibrio tra ragioni economiche e tutela ambientale
Per quanto riguarda i comitati aziendali europei, nell’ultimo rinnovo dell’accordo Cae del Gruppo Italcementi, avvenuto nel giugno del 2003, sia la responsabilità sociale delle imprese che lo sviluppo sostenibile erano stati inclusi quali argomenti da trattare durante l’incontro annuale tra i membri del Cae ed il management. Dal canto suo, il Gruppo Italcementi, ritenendo che lo sviluppo sostenibile esprima un giusto equilibrio tra creazione di valore economico, tutela ambientale e responsabilità sociale. si era già dotato di un suo codice per garantire comportamenti socialmente responsabili da parte delle proprie filiali e dei propri dipendenti. Italcementi ha anche intrapreso una serie di azioni atte a promuovere, a livello internazionale, le linee guida generali sulla sostenibilità dell’industria del cemento, entrando a far parte del “World Business Council for Sustainable Development” a cui sono associati 175 gruppi internazionali che condividono gli stessi principi in merito allo sviluppo sostenibile. In questo contesto, nel luglio 2002, l’Italcementi Group ha sottoscritto l’ “Agenda for Action”, un’iniziativa sulla sostenibilità dei cementieri che vincola alcune tra le maggiori imprese del cemento a livello mondiale ad un piano di azione della durata di 5 anni che ha lo scopo di soddisfare i bisogni di oggi salvaguardando le esigenze delle generazioni future. Questo è il primo impegno formale del settore e si basa su 6 punti di intervento: • protezione del clima • utilizzo responsabile di combustibili e materie prime • tutela della salute e della sicurezza sul lavoro • riduzione delle emissioni • gestione degli impatti ambientali e socio-economici a livello locale • implementazione di processi volti allo Sviluppo Sostenibile Le regole generali dettate nel Codice di autodisciplina e nel Codice etico del Gruppo Italcementi, così come la politica ambientale, della sicurezza e il progetto “Zero Infortuni” costituiscono le basi della politica aziendale per ciò che riguarda lo sviluppo sostenibile. Particolare importanza viene data agli obiettivi di risparmio energetico e di ottimizzazione della gestione dei rifiuti con la valutazione dell’impatto ambientale delle attività produttive. Per questo, nella sua politica ambientale, il Gruppo Italcementi ha delineato i seguenti punti: • controllo dell’inquinamento atmosferico (impianti di abbattimento delle polveri ed un monitoraggio costante ed in tempo reale) • controllo degli scarichi idrici • controllo delle emissioni sonore ( bonifica acustica) • gestione dei rifiuti (recupero dei rifiuti nel ciclo produttivo del cemento) • ricostituzione della flora e della fauna (opere di rimboschimento e rinverdimento nelle cave dismesse). Fin qui si è trattato di azioni ed iniziative prese unilateralmente dall’Italcementi, ma sono in via di definizione programmi di sensibilizzazione e di formazione per i dipendenti del Gruppo sulla politica ambientale affinché tutti siano costantemente aggiornati sui piani per la tutela dell’ambiente. Proprio nell’ultima riunione del Comitato aziendale europeo del Gruppo, svoltasi lo scorso novembre, i delegati di tale organismo hanno proposto al management, che ha accettato, di presentare alla Commissione Europea, un progetto, per un co-finanziamento, sull’utilizzo dei combustibili alternativi, comprendendo anche i rifiuti solidi urbani. Il seminario, se verrà approvato dall’organo europeo, dovrà svolgersi il prossimo autunno, nei giorni che precedono l’incontro annuale del Cae. Ciò che è fondamentale, quindi, per i rappresentanti dei lavoratori è l’essere presenti nella discussione sulle varie tematiche perché solo con il coinvolgimento di tutti si arriva ad un risultato che può soddisfare i diversi interessi rappresentati dalle parti sociali.

Claudio Sottile

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