Le tappe dell’intero percorso per i rinnovi contrattuali di settore

Le tappe dell’intero percorso per i rinnovi contrattuali di settore

19-11-2003
CEMENTO, Calce e Gesso Scadenza Ccnl: 31 luglio 2003. Finora si sono tenuti 4 incontri, tutti in Confindustria, nelle seguenti date: 23 settembre 2003; 10 ottobre; 5 novembre e 18 novembre 2003. Nei diversi incontri si è entrati nel merito dell’intera piattaforma e si stanno concordando i testi iniziali relativi ai primi argomenti della stessa: relazioni industriali, formazione professionale, formazione professionale continua, ambiente e sicurezza, congedi parentali, orario di lavoro, tempo determinato e lavoro temporaneo. E’ iniziata la vacanza contrattuale; a partire dal mese prossimo verrà corrisposto, ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato, un elemento provvisorio della retribuzione chiamato “indennità vacanza contrattuale” (IVC) secondo quanto contenuto nel protocollo del 23 luglio 1993 dove si prevede che venga corrisposto tale elemento dopo un periodo pari a 3 mesi dalla scadenza del Ccnl. Lapidei Scadenza Ccnl: 30 settembre 2003 Sono iniziate le trattative per la presentazione della piattaforma. Finora si sono tenuti 2 incontri, uno con l’ Aniem Confapi e l’altro con Assomarmi : Il primo incontro con Aniem Confapi si è tenuto il 7 novembre 2003 presso la sede nazionale; Il primo incontro con Assomarmi, invece, c’è stato l’11 novembre scorso, presso la sede nazionale Prossimi incontri: 28 novembre 2003 con Aniem Confapi a Modena; 4 dicembre 2003 con Assomarmi a Roma. In questi incontri si avranno risposte generiche sull’andamento del settore e quelle complessive dei contenuti della piattaforma presentata. Laterizi e Manufatti (Andil e Assobeton) Scadenza Ccnl: 30 settembre 2003 Finora si è tenuto un incontro, il 4 novembre scorso per la presentazione della piattaforma. Sono stati già programmati altri 2 incontri: Il primo dicembre 2003 e il 16 dello stesso mese. Nell’incontro del 1° dicembre si avranno risposte generiche sull’andamento del settore e quelle complessive dei contenuti della piattaforma presentata. Con l’Aniem la trattativa non è ancora iniziata. Legno Scadenza Ccnl: 31 dicembre 2003 Il prossimo 2 dicembre 2003 avrà luogo il primo incontro per l’illustrazione della piattaforma presso la Federlegno di Milano. Con l’ Unital Confapi non è stata ancora stabilita la data del primo incontro. Edilizia Scadenza Ccnl: 31 dicembre 2003 E’ stato programmato il primo incontro il 26 novembre 2003 per l’illustrazione della piattaforma presso la Sede dell’ Ance.
Scalpellino riquadratore il mestiere “degli ultimi” tutto da raccontare
MAURO Corona, nato nel 1950 a Erto, ai piedi della Val Montanaja, ha seguito fin da bambino il nonno paterno (intagliatore) in giro per i boschi e, nello stesso tempo, il padre cacciatore che lo portava a conoscere tutte le montagne delle valli della zona. Dal primo ha ereditato la passione del legno, sviluppata molti anni dopo fino a portarlo a diventare uno degli scultori lignei più apprezzati d’Europa. Dal padre, invece, gli deriva la passione per le cime e le scalate, arrivando ad aprire 247 nuovi itinerari di roccia sulle Dolomiti d’Oltre-Piave, tutti di estrema difficoltà. In un capitolo del suo libro “Finché il cuculo canta” descrive l’esperienza vissuta in prima persona in una cava di marmo. La morte del fratello, nel 1968, emigrato in Germania, suscitò nell’autore, non ancora diciottenne, una profonda voglia di stare da solo in montagna, in quei luoghi dove aveva vissuto l’adolescenza in compagnia di quel fratello che non c’era più. Decise di mollare il suo lavoro di manovale e di presentarsi presso l’ufficio di un capo cavatori nell’alta Val Zemola, a 1.800 metri di altezza. In quella cava di marmo rosso del Monte Buscada, un impiego sarebbe stato l’ideale per lui: guadagnare dei soldi e nello stesso tempo starsene tranquillo sui monti. Dato il fisico snello e scattante, venne assunto per dare il grasso alle pulegge per il taglio della pietra e tre giorni dopo, alle 5 di mattina, era sul posto di lavoro. Da quel giorno iniziò per Mauro un periodo tra i più limpidi della sua vita. Nonostante il lavoro da schiavi, vivere in alta quota per sei mesi, sempre a contatto con le rocce, i prati, i temporali gli regalavano una forza, un senso di indipendenza mai provati prima, oltre a sentire più vicino il fratello defunto: “Lassù il lavoro procedeva a ritmi forzati. Quindici ore al giorno, dieci per strappare alla montagna i blocchi di marmo, cinque nei turni di notte a controllare che il filo elicoidale, girando sulle pulegge, tagliasse la pietra senza incepparsi. Alla fine del taglio, che poteva durare anche un mese, una porzione di roccia lunga 30 metri, alta 10 e spessa 7-8 si rovesciava con forza dirompente sul piano della cava. Cadendo, la massa si rompeva là, dove c’erano incrinature, fessure o punti deboli; come le persone. Gli scalpellini avevano il compito di squadrare e ridurre i pezzi grezzi in parallelepipedi perfetti che pesavano fino a 250 quintali. I blocchi venivano calati a valle su di un’enorme slitta. Scendevano lentamente per un ripido scivolo di legno lungo più di un chilometro, trattenuti dalla fune di acciaio di un potente argano. Le manovre si svolgevano con estrema lentezza. Nella cava a cielo aperto i blocchi venivano spostati su rulli di legno, spinti da potenti cric a manovella. Per completare e calare un carico occorrevano almeno 2 giorni. In fondo alla valle il marmo veniva caricato sul camion dell’unico autista che avesse il fegato di scendere da quei tornanti paurosi sospesi sull’abisso. Lo trasportava fino a Belluno, da dove mastodontiche motrici portavano i blocchi fino ai porti di mare, per imbarcarli sulle navi che salpavano per l’oceano. Ridotte in lastre levigate, avrebbero impreziosito le ville dei miliardari americani. E mentre nei loro salotti camminavano in pantofole sui lucidi marmi di Erto, sorseggiando un pregiato whisky con la bella di turno, non avranno certo pensato ai poveri diavoli che, in un paesino sperduto sui monti, cavavano con fatiche disumane quel sasso “pregiato”. L’autore ha passato le prime stagioni spaccando pietre: la ditta non aveva ancora una ruspa, perciò lo scarto doveva essere frantumato a colpi di mazza e accatastato a bordo cava. Si era arrivati addirittura a scommettere su chi batteva più colpi tra i giovani: Mauro era arrivato a battere fino a 150 colpi senza mai fermarsi. Nei ritagli di tempo un collega insegnava al giovane Mauro a tenere in mano la punta ed il mazzuolo: dopo 5 anni ebbe la qualifica si scalpellino. Nelle sere d’estate, quando non era di guardia al filo, dopo cena tornava alla cava e tentava di scolpire nel marmo un viso o qualche altra forma. Non si preoccupava di salvare niente, le lasciava sparse qua e là tra i blocchi. Le mine avrebbero fatto giustizia polverizzando senza pietà quei primi tentativi d’arte. “In quel cantiere il pericolo di morte era pane quotidiano, c’era da stare molto attenti, non si doveva mai mollare la guardia neanche per un secondo. Tutto lassù era in equilibrio precario e pronto a colpire: lastroni sfuggenti, blocchi in bilico, funi tese che si spezzavano, mine che deflagravano prima del tempo, i fulmini improvvisi dei temporali che si abbattevano sul piano della cava con schiocchi terrificanti. A volte bastava la forza di un alito di vento per far crollare tutto”. Toccò ad un collega di Mauro, aveva 50 anni e “lavorava pensando al futuro”. “Nel futuro dorme l’ignoto: non sapeva che la sua vita sarebbe durata ancora poche ore”. Stavano forando in tre la parete con il martello pneumatico. “La lastra si spezzò in tutta la sua immensità”. Prima di cadere vibrò e coloro che stavano ai lati riuscirono a sgusciare via, ma il collega che stava al centro, cercando di indietreggiare per sfuggire alla lastra inciampò in un tubo di gomma dell’aria compressa e cadde a terra di schiena. “E’ difficile rassegnarsi a morire pur sapendo che sopra di te sta per abbattersi una montagna. Vide il mostro che arrivava, puntò i piedi, d’istinto, come per sostenere quelle 50 tonnellate di marmo che stavano per schiacciarlo”. “Ci volle un giorno intero per liberare l’amico dal blocco: non esisteva più, era solo una macchia nera nella terra. Il lavoro comunque doveva continuare”. In un pomeriggio estivo il capo chiamò Mauro per aiutarlo a caricare la mina. Completata la carica, il capo accese la miccia ed “invece di scappare continuò a calcare la terra nel foro con un bastone”. Mauro che era pratico di mine sapeva con esattezza quanto duravano. E lo sapeva anche il capo, ma volle dare quei colpi in più prima di scappare nel bunker, dove il giovane Mauro, dopo averlo strattonato per la giacca, si era già rifugiato. “Non vi fu un gran botto, ma attraverso il pertugio del riparo vide il basco del capo proiettato in aria per diversi metri avvolto da un fumo azzurro. Corse subito da lui: era ancora vivo ma molto malridotto”. Dopo tre mesi era di nuovo sul monte Buscada. Fatta eccezione del capo e dall’amico rimasto schiacciato sotto il blocco di marmo, tutti gli operai, una quindicina, provenivano da Erto ed erano già avanti con gli anni. Gli unici giovani erano Mauro ed altri tre ragazzi e con la scusa dell’età i più anziani accollavano loro le mansioni più ingrate. Come quella volta che essendosi rotta la carrozzabile in seguito ad un temporale, dovettero scendere tutti i giorni, per una settimana, fino al paese per portare ciascuno una tanica di nafta da 25 litri per far andare i motori: “Riuscivamo a fare 2 viaggi al giorno”. Ogni giorno la cuoca, anche lei di Erto, verso le 4 del pomeriggio serviva in cava un bricco di caffè bollente. “In quella bolgia infernale, dove gli uomini coperti di polvere bianca sembravano statue di marmo viventi, la sua presenza regalava ai dannati di pietra un ventata di freschezza e femminilità, nonostante i suoi 60 anni”. Il capo, appena la vedeva arrivare, “dava ordine di spegnere tutti i motori del cantiere per far godere in pace il loro caffè”. Alla sera, dopo quelle durissime giornate di lavoro, si riunivano per la cena nella grande casa di pietra rossa ai margini della cava. “Erano i momenti più belli. Prima di coricarsi, i giovani stavano a sentire le storie degli anziani come si fa da bambini”. Arrivò il giorno che uno dei capi decise di andare in pensione e fu rimpiazzato da un capo giovane “che non era cattivo, ma ambizioso quanto basta per creare incomprensioni. Si crearono attriti e l’armonia che c’era stata fino a quel momento si stava sbriciolando come il pietrisco della cava”. Con qualche scusa, uno alla volta, senza fare polemiche se ne andarono prima di assistere alla fine. Anche Mauro scese dalla montagna ormai deciso a tentare l’avventura dell’arte. “La cava produ
sse a singhiozzo ancora per qualche anno, sostenuta da irriducibili, sordi alla boria del nuovo capo. Poi tutto finì”. Alcuni dei vecchi colleghi sono morti da tempo, gli altri si sono aperti officine in paese, emigrati in Germania o andati in pensione e ora si godono la loro casa costruita con enormi sacrifici. Nel bilancio odierno l’autore “scopre che la vita gli ha regalato fortune alterne concedendogli alla fine un po’ di gloria come scultore”. Sul suo libretto di lavoro però “rimane sempre incisa la vecchia qualifica: scalpellino riquadratore”. Durante i suoi “vagabondaggi alpini”, torna spesso alla cava abbandonata. Si ferma davanti alla casa di pietra rossa dove ha vissuto per otto anni: “tutto è invaso dalle ortiche, la vasca dell’acqua è piena di terra”. “Vicino all’entrata, scolpite nella pietra dello stipite, ci sono due lettere e una data: “M.C. luglio 1968”. Si ricorda ancora il giorno in cui incise le sue iniziali e la data del suo arrivo alla cava e rivedendole gli prende ogni volta un nodo alla gola. “Ritorna con la mente indietro nel tempo ripercorrendo gli anni guardandoli mentre si allontanano sempre più, dandogli le spalle”.

Claudio Sottile

A partire dagli anni ’50 le sue esportazioni sono andate sempre più intensificandosi
Travertino romano, risorsa per l’economia dell’area laziale
LA STORIA La presenza storica sul territorio dell’area Tiburtina delle numerose cave di travertino romano, molte delle quali erano già attive in epoca romana, costituisce una risorsa molto importante dal punto di vista economico del sistema locale in questione. Il ricco giacimento di travertino romano – lapis tiburtinus – presente nel territorio dei comuni di Guidonia Montecelio e Tivoli ha consentito, fin dal III secolo a.C. la “coltivazione” di numerose cave a cielo aperto. Cosa è il travertino romano E’ un materiale calcareo molto poroso, con colorazione dal bianco al crema e può presentare delle sfumature gialle o rosse e diverse tonalità di marrone. Le sue caratteristiche fisiche sono favorevoli anche alle condizioni climatiche più avverse e questo spiega, oltre al pregio ornamentale, la diffusione raggiunta su scala mondiale. Il suo impiego Il travertino romano è ideale sia per le pavimentazioni di interni che per i progetti di urbanizzazione e di arredo urbano, fino ad arrivare alle sculture, all’oggettistica ed ai monumenti cimiteriali. E’ stato impiegato, nelle varie epoche storiche, per la costruzione dei più importanti monumenti ed edifici, basti pensare al Colosseo, al Teatro Marcello, agli archi di trionfo; in seguito, nel Rinascimento, alla Basiliche di San Pietro e Santa Maria Maggiore, alle fontane del Bernini, fino ad arrivare all’epoca moderna, dove tipici esempi sono lo stadio dei Marmi, il Palazzo della Civiltà del Lavoro all’Eur e la recente Moschea di Roma. I suoi numeri A partire dagli anni ’50, il flusso delle esportazioni del travertino romano è andato sempre più intensificandosi fino ad assorbire i tre quarti della produzione e dando importanza, oltre al materiale stesso, anche alle capacità professionali della manodopera e delle azienda che lo hanno fornito e forgiato. Le imprese appartenenti al settore inerente alle attività estrattive legate al travertino romano si possono dividere in quelle dell’estrazione dei minerali non metalliferi e quelle del comparto del taglio, modellatura e finitura della pietra. Alla fine del 2000, le unità locali che operavano nel settore erano 105, di cui l’81% appartenenti al taglio, modellatura e finitura della pietra, e il 19% all’estrazione vera e propria. La maggiore concentrazione riguarda i comuni di Guidonia Montecelio e quello di Tivoli, rispettivamente con 57 e 42 unità locali. Le realtà imprenditoriali dell’estrazione delle pietre per l’edilizia rappresentano, nei due comuni, il 32,8% del totale provinciale e il numero degli addetti complessivi raggiunge le 362 unità (220 nel comune di Guidonia Montecelio e 142 in quello di Tivoli) e rappresenta, in termini percentuali, il 58,7% dell’occupazione provinciale del settore. Le imprese di dimensioni maggiori appartengono all’attività delle pietre ornamentali del comune di Guidonia Montecelio che, da sole, rappresentano il 70% degli occupati settoriali dell’intera provincia, mentre le attività legate all’estrazione di altre pietre da costruzione interessano principalmente il comune di Tivoli. I risultati ottenuti da una ricerca che risale alla fine del ’99 ci confermano la presenza nel territorio di aziende che occupano in prevalenza meno di 50 addetti che operano nel settore della lavorazione piuttosto che nell’estrattivo. I prodotti realizzati da queste aziende sono destinati all’edilizia residenziale, all’arredamento di interni ed oggettistica, all’arredo urbano e alle lavorazioni artistiche e funerarie. Il 56% delle imprese prese a campione produce esclusivamente per il mercato finale, solo il 6% effettua lavori conto terzi. Inoltre il 46% delle imprese riesce a collocare la propria produzione anche o solamente sul mercato estero. Osservatorio e Opt Il segretario della Filca di Roma che segue il settore, Augusto Pallante ricorda che dal mese di aprile 2002 è stato siglato un Protocollo di Intesa tra Regione, Inps e Inail ed i comuni interessati all’attività estrattiva, per l’istituzione di un Osservatorio territoriale di coordinamento e di consultazione per una maggiore sicurezza nelle cave di Guidonia e Tivoli. L’Osservatorio ha il compito di applicare le norme in materia di sicurezza sul lavoro e di fornire consulenza e informazioni nel settore, oltre a quello di sviluppare forme di collaborazione per consentire alle parti un’intesa sui tempi, funzioni e procedure per valorizzare le singole competenze e garantire un’azione più determinante in materia di infortunistica. Inoltre le amministrazioni comunali si sono responsabilizzate per la diffusione, in special modo, delle iniziative inerenti alle operazioni di ripristino ambientale e ai piani di stralcio per l’escavazione. Inoltre, è stata stabilita l’istituzione di uno “Sportello sulla sicurezza e sulla applicazione delle norme ad esse connesse”, presso il Distretto sanitario di Guidonia , con la presenza di esperti e tecnici qualificati. Questo Osservatorio, continua Pallante, finora non ha trovato la giusta applicazione, ma la Filca, coerentemente con le politiche assunte dalla Cisl rispetto a tali organismi, sta pressando molto affinché passi ad essere operativo nei migliori dei modi. Già dall’aprile del 2000 è stato costituito un Organismo paritetico territoriale del travertino (Opt), con un accordo tra le imprese del settore e Filca, Feneal e Fillea. Le attività di questo Opt sono quelle di trattare argomenti quali la sicurezza, formazione ed ambiente, estremamente importanti per il lavoro nelle cave.
Un vero sindacalista al servizio dei lavoratori
IN OCCASIONE della presentazione del libro “Un sindacalista cristiano Bortolo Stefani”, il prossimo 23 novembre a Losine (BS), il segretario generale della Filca Cisl, Domenico Pesenti, ricorda l’amico Stefani a tre anni dalla sua scomparsa. La prima volta che ho incontrato Bortolo è stato nel 1980 in occasione degli incontri di preparazione per la costituzione dei comprensori sindacali. Facevo parte delle Segreteria Filca di Bergamo e Stefani era il candidato a ricoprire la responsabilità di segretario generale della Filca del nuovo comprensorio Valle Camonica/Sebino. Non era facile costituire una nuova struttura sindacale a cavallo di due province, ognuna con la propria storia e tradizione e, quindi, con diverse mentalità e organizzazione interna. Rimasi subito colpito dal suo modo di affrontare le questioni, mettendo sempre in posizione prioritaria l’interesse di fare sindacato, di coinvolgere dirigenti e lavoratori nella nuova esperienza e come far diventare la Filca e la Cisl il punto di riferimento e di aiuto per i lavoratori dei due territori della Valle Camonica e del Sebino. Gli interessava essere presente non solo nelle sedi già aperte, ma anche nelle zone scoperte da sedi sindacali. Andare incontro ai lavoratori, poter dare loro un servizio quotidiano e il più vicino possibile al luogo di lavoro e di residenza considerando i disagi che il “pendolarismo”, tipico del settore, può causare. La sua attenzione alle questioni di sostanza gli veniva dalla sua esperienza diretta di lavoratore edile: per questo Bortolo era un “vero sindacalista”, un operaio che si è caricato dei problemi dei compagni di lavoro e li “rappresentava” alle controparti imprenditoriali e istituzionali. Bortolo era un leader naturale, ma la sua capacità di guida era coadiuvata dalla sua serietà e soprattutto dal forte senso etico che accompagnava tutto il suo operare. Era un buono: le sedi Filca erano punto di riferimento per problemi di lavoro o di vita quotidiana dei lavoratori. Rendeva molto visibile la sua idea di sindacato: al servizio del lavoratore, un sindacato autonomo, democratico, pluralista inteso come associazione di persone/lavoratori che attraverso il “mettersi insieme” cercano di dare risposte ai problemi di lavoro, a migliorare le proprie condizioni e far pesare le idee ed interessi dei lavoratori nelle scelte del Paese. Un sindacato dei lavoratori per i lavoratori. Bortolo Stefani è l’esempio di come si intende il sindacato e come ci si impegna nel sindacato. Segretario generale della Filca Valle Camonica/Sebino per 12 anni, ha sempre tenuto il contatto con i lavoratori nei luoghi di lavoro e nelle sedi. Non si è mai sentito il rappresentante della struttura, ma rappresentante degli iscritti, al servizio dei lavoratori. Al termine dei mandati si è reso disponibile per l’impegno nella Filca di Brescia, nonostante il disagio della distanza tra sede ed abitazione. Durante la malattia e la convalescenza seguita all’intervento chirurgico spesso esprimeva il disagio di chi quasi si sente in colpa di percepire la retribuzione senza prestare la propria opera. A causa della malattia che non gli permetteva più di affrontare la lunga distanza è tornato ad operare in valle, senza chiedere nessun incarico particolare, ma mettendosi a disposizione per quanto c’era da fare: gli si chiede di fare l’operatore di zona Cisl a Breno e in poco tempo trasforma un semplice recapito in una forte zona della Cisl. Esplicitamente innamorato della sua valle, della sua famiglia e dei problemi delle persone, non si risparmia e dà sempre il massimo impegno nel sindacato come nel sociale, sempre disponibilissimo alle richieste di aiuto della sua gente. Appassionato della sua professione si impegna in una collaborazione con la Scuola Edile di Breno e trova stimoli ed entusiasmo al contatto con i giovani allievi. Per la sua sensibilità gli viene affidata la responsabilità dell’Iscos comprensoriale con i problemi dei paesi poveri ed in questa fase promuove varie iniziative tra cui una congiunta Iscos-Filca Lombardia-Ust Valle Camonica-Cuore Amico. L’incontro con Bortolo dava serenità e nuova forza per affrontare con passione l’impegno sindacale. Per il suo modo di fare, di lavorare, di impegnarsi per gli altri e nel sindacato possiamo considerarlo tra le figure importanti della storia di tutta la Filca e della Cisl Lombarda, un esempio da additare e soprattutto da seguire e cercare di imitare.

Domenico Pesenti

Agenda Filca
26 novembre Roma . I incontro presso la Sede Ance per la presentazione della piattaforma per il rinnovo del Ccnl dell’edilizia. 26 novembre Bologna . Seminario sulla promozione del Fondo Pensione Arco 27 novembre Milano . Seminario sulla promozione del Fondo Pensione Arco 28 novembre Modena . II incontro con l’Aniem per rinnovo Ccnl lapidei 28 novembre Milano . “Seminario di previsione sui Mercati del mobile nel 2004”, Sala delle Assemblee della Banca Popolare Commercio e Industria. Nell’occasione verrà presentato il rapporto Csil di previsione sul mobile-arredamento per il 2004. 1° dicembre Roma. II incontro con Andil e Assobeton per rinnovo contratto laterizi e manufatti 2 dicembre Milano . I incontro con Federlegno-Arredo per illustrazione della piattaforma per il rinnovo del contratto. 3-5 dicembre Houffalize (B) . IX Assemblea Generale della Fetbb 3 dicembre Roma. Seminario sulla promozione del Fondo Pensione Arco 4 dicembre Mestre . Seminario sulla promozione del Fondo Pensione Arco Roma. II incontro con Assomarmi per rinnovo Ccnl lapidei 9 dicembre Roma. Esecutivo Filca Nazionale 10 dicembre Roma. Consiglio Generale Filca.

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