Dati e storie di ordinaria irregolarità. La “legge della mazzasecca”
PIU’ della metà dei lavoratori in Italia svolge il proprio operato irregolarmente, del tutto o in parte. E’ stato lo sconcertante quanto realistico responso di una recentissima ricerca del Censis. Tra rapporti di lavoro regolari ma con trattamenti, di fatto, difformi, occupazione irregolare in un contesto aziendale regolare ed economia completamente sommersa, il 55% degli italiani è coinvolto dal fenomeno. Una cifra altissima, che si traduce in altre cifre enormi, riguardanti contributi previdenziali non versati, tasse non pagate, normative di sicurezza non applicate. Secondo la ricerca, appena il 34% delle aziende italiane è totalmente in regola. Il 21,5% rientra a pieno titolo nel sommerso, perché non iscritto nel registro delle imprese; il 22,3% è iscritto nel registro ma ricorre a manodopera irregolare; una identica percentuale è costituita da imprese iscritte ma che ricorrono sistematicamente ad evasione fiscale e contributiva. Sono tanti i tipi di irregolarità possibili, ben evidenziate nei percorsi per settore e per territorio. Valgono molto a dare un’idea del fenomeno anche le storie, riportate dalla ricerca, che aiutano a capire come nascono e crescono le varie forme di lavoro in tutte le loro sfumature di nero e di grigio. Oltre al contesto territoriale o settoriale, spesso è anche il fattore individuale a concorrere. Un esempio validissimo è il caso di studio dedicato al sommerso a rete nel napoletano. C’è un contesto geografico caratterizzato da un forte congestionamento urbano, che si estende fino alle province limitrofe di Caserta e Salerno. In questo quadro le realtà produttive sono, al contrario, estremamente frammentate. Un terreno favorevole alla proliferazione del sommerso, che in base a queste caratteristiche si è sviluppato secondo una struttura a rete: una buona porzione delle attività, dalla produzione alla commercializzazione, si svolge nella completa irregolarità. Una realtà particolarmente diffusa nel tessile, abbigliamento e calzaturiero, ma non ne sono esenti produzioni più specifiche e rifinite come guanti, ceramiche ed oreficeria. Ad aiutare questa tendenza, le origini del tessuto produttivo locale, fortemente basato sull’affidamento di parte del lavoro a terzi. Altro fattore locale, su scala più ampia, è la forte offerta di manodopera. Siamo, non a caso, in una delle regionipiù disoccupate d’Italia, dove spesso il lavoro in nero è l’unica chance. Oltre ai fattori contestuali il sommerso risulta però legato anche ad un fattore immateriale, che si può definire come cultura individualistica del lavoro o forse semplicemente come abitudine a sbarcare il lunario come si può. Rientrano in questo ambito particolarità come “la legge della mazzasecca”. Nel napoletano e casertano è la legge dominante nei cantieri edili. la mazzasecca è l’importo che l’operaio prende a giornata fuori busta, frutto di un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro. Spesso questo meccanismo viene applicato nei periodi di disoccupazione ufficiale, durante i quali il lavoratore percepisce il sussidio previsto dalle tutele di settore. Non a caso Filca Fillea e Feneal hanno inserito nell’Avviso comune contro il sommerso, firmato due giorni fa, una misura per far emergere quelli che formalmente vengono definiti “trattamenti aggiuntivi”. Di storie come queste i territori in Italia ne hanno molte, da raccontare.
Daniela De Sanctis