LAVORATORI DISTACCATI A RISCHIO DUMPING, SOTTO ACCUSA DIRETTIVA UE

LAVORATORI DISTACCATI A RISCHIO DUMPING, SOTTO ACCUSA DIRETTIVA UE

Che c’entra la nuova direttiva europea sui lavoratori distaccati con la legislazione Ue sui diritti sociali fondamentali nel Mercato interno (la cosiddetta “Monti II”)? Niente secondo la Ces; molto, moltissimo secondo il gruppo dei socialisti e democratici (S&D, gli ex Pse) al Parlamento europeo. Entro la fine di marzo (è l’impegno preso dal commissario Ue all’occupazione Laszlo Andor), la Commissione europea presenterà le sue proposte sui lavoratori interinali all’estero, e tutela dei diritti sindacali e coesione sociale, in un rapporto con la promozione e l’esercizio delle libertà economiche che secondo molti osservatori sembra favorire quest’ultime a scapito dei diritti sociali fondamentali, che appaiono sempre più sulla difensiva.

La grande domanda, infatti, anche alla luce della profonda invasività delle politiche di austerità sulla capacità degli Stati di “fare” crescita e sviluppo, si fa sempre più impellente. Perché se un’Europa ideale dovrebbe mirare a promuovere la libera prestazione di servizi in armonia con il rispetto e l’esercizio dei diritti sociali fondamentali, l’Ue del “qui e ora” risponde invece, secondo l’Europa sociale, con una preoccupante gerarchizzazione dei “valori”: per cui, prima vengono le libertà economiche e poi i diritti “fondamentali” alla contrattazione e all’azione collettiva. Perché questo è il senso, ricorda la Ces, delle ormai famigerate sentenze della Corte di giustizia Ue sui casi Viking, Laval, Ruffert e Lussemburgo, che hanno, di fatto, rovesciato, con un’interpretazione considerata “politica”, lo spirito originario dell’attuale direttiva sui “posted workers” (e cioè un'”equa e non discriminatoria mobilità trans-frontaliera dei lavoratori”).

E questo, osserva il sindacato di Bruxelles, sembra essere anche l’obiettivo prossimo di Palazzo Berlaymont: mani libere sui profitti, anche a costo del dumping sociale e di una concorrenza non proprio leale, con tanti saluti al rispetto delle condizioni occupazionali, la legislazione sociale e del lavoro, e al principio “stesso salario per lo stesso lavoro” (equal pay for equal work). Dopo l’intervento della Corte di Lussemburgo, la direttiva sui distaccati (Pwd), spiega l’Alleanza progressista di S&D, “apre alla possibilità del dumping sociale e impedisce ai sindacati e agli Stati membri di applicare la parità di trattamento ai lavoratori distaccati”. E le bozze della nuova direttiva che “girano” in queste settimane non avrebbero nessun impatto sulla parità di trattamento e non darebbero alcuna garanzia sulla prevenzione e il contrasto alle frodi: non ci sarebbe, in sostanza, “nessun impatto positivo” sulla condizione di migliaia di lavoratori.

In un documento firmato da Domenico Pesenti (presidente) e Sam Hagglund (segretario generale) la Federazione europea dei lavoratori dell’edilizia e del legno (Fetbb) esprime all’intero collegio dei commissari Ue la necessità di una completa revisione della direttiva sui distaccati, e fa sei proposte per uscire dall’impasse (visualizza il documento). E’ importante, prima di tutto, dare una definizione chiara e definitiva del lavoratore distaccato, per evitare le storture di una Pwd che, di fatto, permette a molti Paesi di promuovere un finto lavoro autonomo come strumento “legale” di dumping sociale. Una vera definizione consentirebbe, scrive la Fetbb, di determinare con chiarezza che i lavoratori distaccati permanenti o a lungo termine sono considerati come abitualmente impiegati nello Stato membro ospitante; così come un po’ di chiarezza giuridica è necessaria per poter individuare le aziende vere che assumono da quelle fittizie (le cosiddette “letterbox companies”), che “usano gli impiegati come una merce”.

In questo senso, si osserva nel documento, bisogna stabilire criteri chiari che permettano un controllo efficiente dell’attività dell’azienda, e che assicurino che per tutto il periodo di lavoro siano applicate le condizioni del Paese d’impiego, prevenendo invece quelle del Paese di origine. A questo proposito va aperta una parentesi doverosa sul caso della centrale nucleare di Flamanville in Francia.

L’azienda che utilizza il sito è Edf (Electricite de France), che a Flamanville sta costruendo un reattore e prevede di iniziare i lavori nel 2014. Edf ha subappaltato il lavoro alla compagnia di costruzioni Bouygues (più di 133mila dipendenti in 80 Paesi), che ha deciso di impiegare lavoratori per mezzo di Atlanco Recruitment (agenzia multinazionale di lavoro interinale basata in Irlanda, che opera a Cipro, Repubblica Ceca, Polonia, Irlanda, Portogallo, Romania e Gran Bretagna). Molti lavoratori distaccati da diversi Stati membri e impiegati da Atlanco per la centrale di Flamanville, ci informa l’ufficio stampa di S&D, hanno sofferto di condizioni di vita e di lavoro “indecenti e pericolose” e “senza protezione sociale”. I lavoratori distaccati sono impiegati in Polonia da Atlanco per essere poi portati a lavorare in Francia e pagati da una compagnia sorella con sede a Cipro.

A causa di questa situazione a dir poco allucinante, i lavoratori non hanno diritto alla protezione sociale né in Francia né in Polonia e non sanno nemmeno a quale Stato membro pagare le tasse e i contributi sociali. Tutto questo grazie alle sentenze della Corte di giustizia europea, che consentono questo tipo realtà. E non solo. Il conflitto creatosi tra la direttiva sulle agenzie interinali (Tawd) e la Pwd, nota la Fetbb, ha permesso un vero e proprio “shopping giuridico” da parte delle aziende, libere cioè di scegliere la legislazione più conveniente per ingaggiare lavoratori temporanei. Per evitare la logica del mercato low cost, la Fetbb chiede che nella direttiva sia espresso chiaramente che le agenzie interinali per i lavoratori transfrontalieri debbano sempre favorire le migliori e “più favorevoli condizioni d’impiego”, assicurando la stessa tutela riservata ai lavoratori nazionali.

Un’altra ferita da rimarginare è quella dei subappalti in serie, con veri e propri network del riappalto che “spiccano” per scarsa trasparenza e difficile identificazione dei responsabili. La Fetbb chiede che il principale appaltatore sia ritenuto pieno e incondizionato responsabile delle irregolarità commesse dalle aziende subappaltatrici. La Federazione europea degli edili invoca inoltre un modello europeo di cooperazione tra le autorità nazionali, perché l’attuale, e “inefficiente”, sistema di collaborazione giuridica e amministrativa transfrontaliera, rappresenta il pretesto migliore per eludere gli obblighi sociali.

Un “enorme mostro burocratico” promosso dalla Commissione europea – si osserva – composto da almeno 350 accordi bilaterali differenti, e come tale costoso, pletorico, non trasparente, e dunque insostenibile. Cosi come insostenibile, spiega la Fetbb, appare la possibile reintroduzione (secondo quanto filtra nelle ultime settimane) nella nuova direttiva Pwd del cosiddetto principio del Paese d’origine. “Poiché ai lavoratori distaccati sono applicati termini e condizioni occupazionali del Paese di destinazione – si legge nel documento – regolamentazione e controllo dovrebbero esercitarsi nel Paese d’impiego e non in quello d’origine”. Anche perché secondo gli ispettorati del lavoro, permangono “seri dubbi” sul rispetto delle leggi sulla sicurezza sociale del Paese d’origine, soprattutto quando risulta impossibile effettuare controlli. L’ultimo punto riguarda l’informazione e l’assistenza dei lavoratori distaccati all’estero. Molti dei quali vivono letteralmente isolati perché non parlano del tutto o non sufficientemente bene la lingua del Paese che li ospita.

La Fetbb chiede in questo senso l’introduzione di almeno tre strumenti: tutte le informazioni su termini e condizioni d’impiego devono essere scritte in maniera chiara e nella lingua madre del lavoratore; i distaccati devono poter
accedere gratuitamente all’assistenza legale e amministrativa nel Paese che li ospita; i sindacati dovrebbero ricevere un’adeguata assistenza logistica e finanziaria per favorire il sostegno e la tutela del lavoratore contro ogni discriminazione. E la difesa delle libertà sindacali giustifica l’attenzione dell’Europa sociale anche al regolamento Monti II sui diritti sociali. E’ essenziale, per i socialisti e democratici europei, che la direttiva sia promossa per combattere la discriminazione in termini di paga e condizioni di lavoro, “salvaguardi il diritto dei sindacati di proteggere i loro accordi collettivi e promuova la coesione sociale contro il nazionalismo e il protezionismo”.

Un impegno a rafforzare la dimensione sociale del mercato con la co-decisione fondamentale del Parlamento europeo, che Barroso aveva preso davanti alla stessa assemblea di Strasburgo, ma che ora, stando alle “novità” sul rafforzamento della Pwd e sulla bozza della Monti II, sembra aver decisamente ricusato. Bozza, è stato spiegato da alcuni accademici tedeschi in un confronto con la commissione Lavoro del Parlamento europeo, che non risolve il problema della (dis)parità di status tra diritti sociali fondamentali e libertà economiche, sfida considerata impossibile secondo alcuni (ma il Mercato unico è un mezzo o un fine?). Anzi, in una generale ambiguità del testo, si fa notare, i diritti sindacali appaiono quasi una deroga alle libertà economiche.

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