“L’Aquila è stata abbandonata dallo Stato. Le stesse aziende legate alla criminalità organizzata non fanno più affari e hanno abbandonato la città, che sembra dormire tra le sue macerie”. La denuncia, pesantissima, arriva dal sostituto procuratore antimafia Olga Capasso, ed è contenuta nella relazione annuale del 2013 nella quale il magistrato fa il punto sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle opere di ricostruzione in Abruzzo a seguito del sisma del 6 aprile 2009. “I controlli sempre più serrati e la mancanza di fondi per pagare i lavori hanno fatto progressivamente allontanare le imprese dal mercato”, è scritto nella relazione. “Ora le poche imprese che lavorano sono tutte abruzzesi, e tranne qualche caso sporadico e tempestivamente individuato non hanno alcun rapporto con la criminalità organizzata”.
Sulla vicenda è intervenuto il segretario nazionale della Filca, Salvatore Scelfo, responsabile del Dipartimento Legalità della categoria: “Il caso sollevato dalla dottoressa Capasso è emblematico: quando l’edilizia va bene, la criminalità si inserisce perfettamente nel sistema degli appalti, riuscendo a fare affari a scapito dei lavoratori, delle aziende virtuose e dell’intera collettività. E quando lo Stato decide di spostare altrove le risorse c’è l’abbandono del territorio abruzzese, nonostante necessiti di interventi radicali per rimediare alle profonde ferite inferte dal violento terremoto di 5 anni fa”.
“Ci eravamo illusi che la ricostruzione post-terremoto si traducesse in lavoro per i tanti edili abruzzesi – dichiara Lucio Girinelli, segretario generale della Filca Abruzzo Molise – ma dopo un periodo iniziale di fervente attività, quando l’Aquila era il cantiere più grande d’Europa, tutto si è fermato. Un doppio dramma, sia per gli edili senza lavoro che per questo territorio, colpito duramente dal terremoto. Nei pochi cantieri aperti, tra l’altro, registriamo punte di elusione ed evasione pari al 40-50%”.
“Prendiamo atto del gran lavoro svolto dalla Prefettura dell’Aquila e dalla Direzione nazionale antimafia sul fronte del contrasto alle infiltrazioni criminali nel settore delle costruzioni – spiega Scelfo – ma la vicenda è davvero sconcertante. Quello che la Filca chiede da tempo è l’introduzione di tutta una serie di strumenti atti ad allontanare dal mercato le aziende mafiose e quelle che non rispettano il contratto. Con il Durc abbiamo avuto ragione, visto che il Documento unico di regolarità contributivo, un’idea nata in casa Filca, ha permesso una volta a regime l’emersione dal nero di decine di migliaia di lavoratori. Ma non basta: occorre introdurre in edilizia la Patente a punti, un sistema premiale che penalizza le aziende non sane. E poi bisogna istituzionalizzare le cosiddette ‘White list’, un elenco di aziende virtuose autorizzate ad aggiudicarsi gli appalti pubblici e privati. Senza questi provvedimenti – conclude il segretario nazionale della Filca – le mafie continueranno a lucrare nel settore edile, come purtroppo avvenuto in Abruzzo, dove a perdere non è solo l’imprenditore onesto, ma sono la legalità e lo Stato”.