“Una crisi profonda, dura. Più dura del cemento armato”. Il resoconto che i sindacati delle costruzioni hanno esposto alla vice Capo di Gabinetto della Prefettura di Bari, Maria Bianca Schettini, non lasciano dubbi sull’emergenza che il settore sta vivendo da anni. Un crollo verticale della capacità occupazionale dell’edilizia che stamattina nel capoluogo pugliese è stato al centro della mobilitazione che ha portato in piazza i lavoratori e i sindacati di categoria in tutte le regioni italiane con sit-in, presidi e manifestazioni di protesta. L’analisi dei numeri della crisi dell’edilizia in Puglia è impietoso: dal 2007 ad oggi gli addetti in edilizia sono passati da 55.768 a 34.292, mentre le imprese da 11.754 si sono ridotte a 9.831 (in allegato le tabelle dettagliate).
“Abbiamo chiesto al Prefetto di farsi da intermediario con il Governo sulla crisi delle costruzioni in Puglia – spiega Crescenzio Gallo, Segretario generale della Filca Cisl dopo essere stato ricevuto in Prefettura insieme ai colleghi della Feneal Uil e Fillea Cgil – perché è un settore che sta morendo. Noi scontiamo negli ultimi 8 anni 20 mila addetti usciti dal settore come polverizzati, oltre a 1800 imprese che non esistono più e un calo della massa salari vertiginoso pari al 50% circa. E’ un settore che si sta sgretolando e che alla fine non conserverà più quel 10% di Pil regionale che le costruzioni vantavano fino a qualche tempo fa”. Al sesto anno consecutivo di crisi del settore delle costruzioni appare ormai evidente che le ricette messe in atto finora per contrastarla siano state fallimentari. Le sole politiche dei tagli sulla spesa degli investimenti e di allentamento delle regole non producono lavoro. Per entrare nello specifico in Puglia, secondo i sindacati, si potrebbe partire con una parte delle opere già finanziate dal Cipe ma bloccate dal Patto di Stabilità.
Questi alcuni dei cantieri che ridarebbero ossigeno se partissero in tempi brevi e certi: Porto di Brindisi, completamento Banchina di Costa Morena est, (20 milioni di euro); Nodo di Bari: Bari nord (interramento tratta S.Spirito – Palese) e Bari sud (Bari Centrale – Bari S. Giorgio), (600 milioni di euro); Raddoppio ferroviario Termoli – Foggia e Foggia – Napoli, (460 milioni di euro); Centro di controllo d’area di Brindisi – programma di potenziamento TBT VFR, (1,7 milioni di euro); Diga piana dei Limiti (Foggia), (200 milioni di euro); Porto di Taranto: dragaggio del porto industriale e vasca di contenimento, (300 milioni di euro); Strada Statale 275 Maglie-Leuca: realizzazione e ammodernamento, (80,2 milioni di euro); Pede Subappenninica Bovino – Poggio Imperiale, (300 milioni di euro); Strada Provinciale 231 (ex S.S. 98), (120 milioni di euro); Collegamento tra il porto di Taranto e la rete ferroviaria, (35 milioni di euro); Sovrappasso Aeroporto di Bari, (4,5 milioni di euro); Recupero patrimonio istituti Scolastici, (41,3 milioni di euro); Nuovo Ospedale della Valle d’Itria, (80 milioni di euro); Nuovo Ospedale San Cataldo di Taranto, (207 milioni di euro); Realizzazione centro ustionati di Brindisi, (6 milioni di euro).
In Prefettura i sindacalisti di Filca, Feneal, Fillea hanno consegnato un documento, sintesi della piattaforma unitaria del settore delle costruzioni, che Schettini ha assicurato sarà portato all’attenzione del Governo, nel quale si evidenzia che il volume degli investimenti pubblici si è ridotto del 47% dal 2008 ad oggi e che le risorse individuate nello «Sblocca Italia» per gli interventi di edilizia scolastica, messa in sicurezza del territorio e infrastrutture sono insufficienti e le tempistiche di spesa (meno di 500 mln entro 2015) assolutamente inadeguate. Secondo i sindacati è necessaria una accelerazione dei tempi di spesa e un aumento effettivo delle risorse disponibili, con uno sblocco reale e selettivo del patto di stabilità per i comuni, finalizzato alla messa in sicurezza del territorio. Un’attenzione particolare merita la sicurezza sul lavoro visto che la strage quotidiana è determinata anche dall’insufficienza di regole, complice anche la politica di tagli sugli organici degli enti pubblici preposti. La crisi, infine, ha favorito la crescita del lavoro nero ed irregolare oltre ad ampliare gli spazi di penetrazione nel settore delle mafie e dell’economia illegale.