Roma
DOVREBBE essere senza quartiere, la lotta contro il lavoro irregolare. Invece riceve, a livello istituzionale, un’attenzione a corrente alternata. Ma le parti sociali, lavorando insieme, stanno producendo frutti positivi. Il più noto è il Documento unico di regolarità contributiva, nell’edilizia, che indebolisce alla radice il ricorso al sommerso. Ma anche nei settori dell’agricoltura, turismo, commercio, autoriparatori e servizi alla persona si sono aperti tavoli con l’obiettivo di raggiungere avvisi comuni contro il lavoro nero, basi di partenza per una lotta efficace. Obiettivo raggiunto già da edilizia e, all’inizio di questo mese, agricoltura. Di questa situazione parla a “Conquiste” qualcuno che da anni ha fatto della lotta al sommerso un impegno a tempo pieno: il professor Luca Meldolesi, presidente del Comitato per l’emersione presso la presidenza del Consiglio. Professore, l’avviso comune sull’agricoltura sembra dare un segnale importante: l’edilizia non è più un’eccezione nelle strategie contro il lavoro irregolare. Sì, si poteva pensare che quello delle costruzioni fosse un caso isolato, reso possibile dal fatto che ha, per tradizione, una forte bilateralità. Invece quanto si sta realizzando in settori diversi dimostra che certi strumenti di lotta al lavoro nero possono avere una funzionalità più estesa. Se funziona l’avviso comune in agricoltura, sarà veramente un passo avanti molto grosso: il settore infatti è molto più frammentato di quello edile, c’è una diffusione del sommerso capillare e radicata nel tempo e, purtroppo, relazioni industriali deboli, a prescindere dalle istituzioni. Mi fermo sulle relazioni industriali. Quanto incide la bilateralità nella lotta al sommerso? In modo determinante. Il meccanismo della collaborazione tra soggetti è l’unica arma davvero efficace, sia a livello locale che settoriale; da questi livelli, quando qualcosa funziona, si può creare un modello di riferimento per il livello nazionale, ma soprattutto si può lanciare un messaggio positivo di cui c’è estremamente bisogno. Quindi è importante che la bilateralità, piuttosto esile in agricoltura, si rafforzi, proprio a partire dall’avviso comune. Nel caso dell’edilizia un ruolo chiave è ricoperto dalle Casse edili, che tra l’altro sovrintendono alle banche dati. In agricoltura esiste un organismo corrispondente? Non proprio, occorre vedere come è possibile strutturare qualcosa che metta insieme ministero, Inps e strutture bilaterali. Certamente l’incrocio delle banche dati è decisivo, e anche da parte dell’Inps si riscontra un forte interesse in questo senso. Bisogna integrare il sistema usando tutti i dati. Bisogna cooperare. Abbiamo il problema della dispersione delle capacità, ci vuole una forte volontà di unire e concentrare le forze e i tavoli servono a questo. L’idea è che diventino permanenti, una struttura tecnica che appoggi competenze che esistono già. Nella lotta italiana al sommerso incidono, in qualche modo, le sollecitazioni dell’Unione europea? Si dice che la politica in materia di lavoro della Ue sia costruita al Nord; una sensibilità a questioni di questo tipo è recente. E’ nata soprattutto con gli obiettivi di occupazione e occupabilità. Non a caso c’è stata una maggior attenzione al problema nelle due ultime legislature. E le buone pratiche italiane hanno attratto l’attenzione di alcuni Stati, come la Francia, che in genere non tendono certo a usarci come esempio. Questo si deve, va detto, al fatto che abbiamo una presenza sindacale più organizzata di quella di molti Paesi. L’esperienza di lavoro di tanti anni ha dimostrato che nella lotta al lavoro nero l’apporto delle parti sociali è essenziale. Il tentativo di sbaraccare le parti sociali non appartiene alla nostra cultura politica. Uno dei prodotti finali di tutto questo è l’idea di costituire un Osservatorio europeo sul sommerso, utilizzando il lavoro delle parti sociali e dello Stato.
Daniela De Sanctis