Da Conquiste del Lavoro di venerdì 9 giugno 2017 – Articolo di Ester Crea (scarica il pdf)
Anni di denunce dei sindacati cadute nel vuoto nei confronti del Qatar per le continue violazioni, nei cantieri del mondiali di calcio, a danno dei lavoratori migranti. Poi basta il viaggio di Trump a Riad e tutti scoprono il vero volto del regime di Doha… Armando Sanguini, ambasciatore in pensione e consigliere scientifico dell’Ispi (Istituto Studi Politica Internazionale), intervenuto al congresso della Filca Cisl, ci aiuta a capire cosa sta accadendo in questi giorni nello scacchiere mediorientale.
Si dice che il denaro non abbia odore. In compenso ha molto sapore. Che il Qatar fosse un Paese che, al di là del rispetto dei diritti umani, ha fatto della disinvoltura politica, la sua condotta ordinaria, in fondo interessava poco. Interessava di più essere destinatari di investimenti miliardari. E i Mondiali del 2022 erano la bandiera di un Paese che, malgrado la sua politica, era riuscito ad avere la piena cittadinanza. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, c’è stata nel momento in cui i Paesi arabi e islamici (oltre 50 paesi) si sono ritrovati a Riad, al cospetto del signor Trump, con l’obiettivo di riattualizzare la storica alleanza con gli Usa, ma da una posizione di forza, per combattere la battaglia contro il terrorismo e la battaglia contro l’Iran. A Riad c’era anche il Qatar. Peccato che l’indomani (Doha ha dato la responsabilità a fantomatici hacker, ma non ci crede nessuno) il Qatar ha attaccato le critiche rivolte all’Iran. Una condotta che, naturalmente, non poteva essere accettata tanto più nella convinzione che ad ispirarla fosse stata proprio Teheran. Da lì la rottura delle relazioni e l’isolamento territoriale.
Ma per le imprese italiane che hanno investito o lavorano in Qatar, potrebbero esserci conseguenze?
No. Non credo. Ma è chiaro che subiscono questo isolamento fisico. La cosa singolare è che gli americani hanno lì anche una base aerea molto importante. Il problema di fondo è che questa monarchia è sempre stata molto eccentrica. Anche se credo che questa volta siamo arrivati ad un punto di svolta abbastanza definitivo.
Quanto può convenire invece all’Iran cavalcare questa frattura? Ed è possibile che ci sia un collegamento con l’attacco terroristico di due giorni fa a Teheran?
Non credo convenga. E di certo questa operazione – anche se non sono un esperto di terrorismo – non è stata preparata in poco tempo. Di certo violare un paese che ha servizi di intelligence formidabili, costruiti sul Mossad israeliano quando c’era lo Scià, che si rende vulnerabile sia a livello del potere temporale, rappresentato al Parlamento, sia a livello del potere spirituale, rappresentato dal mausoleo di Khomeini, è una ferita e un indebolimento dell’Iran evidente. E questo all’indomani di elezioni che hanno dato sì la vittoria a Rouhani. Ma una vittoria misurata, una vittoria che deve fare i conti con le intemperanze dei cosiddetti conservatori (per usare un eufemismo). E’ confortante, se non altro, che sia l’ayatollah Khamenei sia il ministro degli Esteri Zarif, abbiano mantenuto un atteggiamento molto prudente. Non hanno accusato nessuno, hanno richiamato la necessità dell’unità e la necessità di combattere l’Isis.
Del resto, l’ultima cosa di cui ci sarebbe bisogno in quell’area è la destabilizzazione di un gigante come l’Iran…
Certo. E infatti anche la casa reale saudita non è praticamente intervenuta, continuando ad attaccare l’Isis. E questo perché se è vero che il nemico del mio nemico è mio amico, ed il nemico comune è l’Isis, allora, occorre cercare un modus vivendi per non sputarci in faccia tutti i giorni (sintetizzo il concetto). Semmai, quello che non ci voleva, è stato il passaggio successivo della Turchia, che ha dato il suo appoggio al Qatar.
Un’ulteriore miccia accesa?
Sì, perché la Turchia in odio ad Assad è intervenuta non solo contro i Curdi ma anche a favore della Fratellanza musulmana. E questo può alimentare ulteriori conflitti in una situazione che è già abbastanza polarizzata. Si può solo confidare nella sufficiente accortezza dei regimi di Riad e Teheran.