IN ITALIA QUASI 3 MILIONI DI LAVORATORI IN NERO

IN ITALIA QUASI 3 MILIONI DI LAVORATORI IN NERO

Nel 2009 in Italia sono risultate non regolari quasi 3 milioni di unità di lavoro. Dati alla mano, infatti, si tratta di circa 2 milioni 966 mila espresse in ula (unità lavorative equivalenti a tempo pieno). La stima è stata indicata dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, in occasione di una indagine conoscitiva presso la Commissione Lavoro della Camera. Secondo la relazione, nello stesso periodo il tasso di irregolarità, ossia l’incidenza delle unità di lavoro non regolari sul totale delle unità di lavoro, è risultato pari al 12,2%, in diminuzione rispetto al 2001 quando le unità di lavoro irregolari si attestavano intorno ai 3.280 mila unità e il tasso raggiungeva il 13,8%. L’incidenza del valore aggiunto derivante dalle unità produttive che impiegano lavoro non regolare risulta nel 2006, ultimo anno di pubblicazione delle stime, pari al 6,4% del pil e in netto calo rispetto al 2001 quando rappresentava il 7,6% del pil. La quota di lavoro non regolare è significativa anche nel settore delle costruzioni, nonostante si sia passati dal 15,7% del 2001 all’attuale 10,5%. Merito sicuramente della lotta al sommerso portata avanti con importanti provvedimenti “targati Filca” come il Durc (il documento unico di regolarità contributiva) e la congruità.
Per Giorgio Santini, segretario confederale Cisl, si tratta di dati che”rischiano di essere archiviati con troppa sufficienza”. Il sindacalista, in particolare, sottolinea come ”il lavoro nero e grigio” costituisca “uno dei mali endemici del nostro mercato del lavoro ed il tasso già alto di irregolarità rischia di aggravarsi con la crisi economica”. Secondo Santini, ”in un contesto di crisi e scarsità di risorse è assolutamente inaccettabile che, nel nostro paese, il lavoro sommerso si attesti ad un valore economico di circa 250 miliardi di euro, incidendo per oltre il 15% sul Pil nazionale”.
Per il sindacalista occorre contrastare “la cultura dell’illegalità, dello sfruttamento dei più deboli, del dumping sociale delle imprese che impiegano irregolarmente i lavoratori. La ridefinizione qualitativa dell’attività ispettiva operata negli ultimi mesi è un’operazione necessaria ed utile. Ma rimane aperto il problema della scarsità di risorse impiegate nel contrasto al lavoro sommerso che rischia di inficiare l’impegno positivo del Governo nell’azione specifica intrapresa nel Mezzogiorno dopo i gravi fatti di Rosarno”.
“E’ necessario – ribadisce Santini – ”un miglioramento dell’effettiva riscossione delle somme irregolari da recuperare dall’evasione fiscale, previdenziale ed assicurativa proprio in considerazione dell’urgente utilizzo dei fondi recuperati nella lotta al lavoro sommerso”. Infine – conclude il sindacalista – ”vanno attivati tavoli territoriali con le parti sociali al fine di individuare mappe di rischio ed indirizzare l’attivita’ ispettiva. Inoltre, vanno utilizzati al meglio, a partire dal settore agricolo, gli strumenti della bilateralita’, come gia’ avviene in edilizia, per rafforzare il controllo sociale al fine di combattere un fenomeno che, oltre all’economia ed al lavoro, danneggia il tessuto civile delle comunita”’.

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