La pandemia non ha fermato l’attività formativa della Filca. Durante questi mesi, infatti, la Scuola di Formazione “Pino Virgilio” ha realizzato diversi momenti di formazione a distanza, rivolti sia agli Rlst che agli operatori. “Un ciclo di incontri – spiega Roberto Scotti, direttore della Scuola – è stato dedicato, in particolare, ai 26 partecipanti del Corso Nuovi Dirigenti, con l’obiettivo di mantenere una continuità di relazione e dialogo con i corsisti e di offrire momenti di approfondimento su temi connessi all’attualità e all’azione sindacale”.
Tre le attività formative svolte in questo periodo ci sono il “Laboratorio di ascolto e confronto sui vissuti connessi alla pandemia”, un “Approfondimento sul Diritto del Lavoro” – Incontro con Marco Lai, Giuslavorista, l’evento “Fragilità e speranze: dialoghi sul tempo presente” –Incontro con Ivo Lizzola e Franco Turri, l’iniziativa “Il ruolo del sindacato per il contrasto al contagio da COVID-19 nel settore delle costruzioni: confronto sulle esperienze” – Laboratorio formativo con Stefano Macale, Claudio Arlati, Danilo Angelucci e Fabio Del Carro, “Tutto come prima? Parole e idee per disegnare il futuro” – Laboratorio formativo con Franco Turri, Ivo Lizzola, Andrea di Stefano, Giuseppe Lupo e Annamaria Furlan, e i primi due incontri del corso Contrattualisti Filca, ai quali sono intervenuti Salvatore Federico, Ottavio De Luca e Felice Di Lernia. Nel mese di giugno è previsto un Modulo articolato su tre pomeriggi sui temi del welfare, delle politiche contrattuali in tema di welfare e dell’economia post-pandemia, che concluderanno il ciclo di incontri online.
E sul tema “La Formazione e la Cura nell’era del Covid-19” il 50esimo numero della Newsletter “Formazione sindacale – Progettazione Ricerca Europea”, realizzata dal Centro Studi Cisl in collaborazione con la Fondazione Ezio Tarantelli, ha ospitato un contributo di Roberta Villa, euroformatrice della Filca. Qui è disponibile l’articolo in pdf, che vi proponiamo integralmente in basso, mentre qui è possibile scaricare tutta la Newsletter.
La Formazione e la Cura nell’era del Covid-19.
Un tempo difficile e generativo nella testimonianza di un’euroformatrice CISL.
A cura di Roberta Villa, Euroformatrice – Filca Cisl nazionale
Il 25 marzo scorso avrei dovuto essere all’Università di Lille, per laurearmi in Educazione degli Adulti. Non si sarebbe trattato di un momento solo formale, e di certo non mi accingevo a viverlo come tale.
Tra il 2017 e il 2019 ho completato tutte le tappe del percorso formativo come European Trade Union Trainer, o Formatrice sindacale Europea, realizzato dall’ETUI, l’istituto di formazione e ricerca promosso dalla Confederazione Europea dei Sindacati.
E’ stata un’esperienza preziosa, che ha arricchito il mio patrimonio di metodologie di apprendimento attivo e mi ha permesso di consolidare un metodo di progettazione e gestione di percorsi formativi rivolti a gruppi multiculturali e multilinguistici.
L’incontro e lo scambio con i componenti dello staff e con i formatori sindacali degli altri paesi europei, così come la permanenza in Scuole Sindacali e Centri di formazione di altri sindacati in Europa (nel mio caso, quello della CGT a Parigi e quello di LO a Runo, in Svezia) è stato interessante, a tratti sorprendente, e sempre molto piacevole.
Questo percorso, insieme all’analisi articolata di tre Progetti formativi che ho realizzato, sono stati anche l’oggetto del mio Portfolio online.
Una sorta di tesi, ma una tesi costruita a partire dalla propria storia professionale, dalle esperienze, dalle pratiche, dalle riflessioni intorno alla progettazione e all’accompagnamento di processi di apprendimento.
Il mio Portfolio era pronto da settimane. Mi ero talmente appassionata nel progettarlo e nello scriverlo, ed ero così soddisfatta del risultato, che non vedevo l’ora di presentarmi davanti alla Commissione.
La Laurea per me non rappresenta solo la conclusione del percorso come Eurotrainer, ma anche il primo riconoscimento formale delle competenze maturate in oltre 20 anni di lavoro come formatrice. Un momento bello e importante, che aspettavo con impazienza.
Il 25 marzo, però, non ero a Lille.
Già da un mese, in Italia prima e successivamente negli altri Paesi europei e del mondo, ci stavamo confrontando con la pandemia. Da qualche settimana mi era chiaro che non sarebbe stato possibile, per me che provenivo dalla Lombardia, partire per la Francia. Mentre il contagio si diffondeva anche Oltralpe, abbiamo ricevuto la comunicazione che la sessione di laurea sarebbe stata rimandata a data da destinarsi.
Ripensando a quei giorni, sembra passato molto tempo.
E’ strano, oggi, ricordare quali sono stati i pensieri di fronte alla scoperta dei primi casi di contagio nel Nord Italia. Quanto e come ci siamo trovati a fare i conti, un po’ per volta, con una realtà drammatica, che avrebbe stravolto – e ancora stravolge – il nostro modo di vivere, relazionarci, lavorare. Che avrebbe fatto – e ancora fa – tante vittime.
“Un evento che ha spaccato il tempo”, lo ha definito Ivo Lizzola in un recente incontro con i partecipanti del corso Nuovi Dirigenti FILCA, il sindacato dei lavoratori delle costruzioni, del legno e del cemento, aderente alla Cisl.
L’umanità ha sperimentato che siamo, tutti, “comunità di destino”.
Ci siamo scoperti vulnerabili ed esposti, di fronte a un virus che non conosce confini e che approfitta della nostra interdipendenza, dei nostri legami, del nostro bisogno di scambiare con gli altri.
E, come purtroppo sappiamo, se da una parte il virus non fa distinzioni, dall’altra ricade in modo ineguale sulle persone, colpendo con più ferocia i soggetti più fragili, mettendo in maggiore difficoltà chi era già in condizioni di svantaggio sociale, lavorativo o economico, ampliando e rendendo ancora più visibili le disuguaglianze.
Dentro alla crescente preoccupazione e incertezza delle primissime settimane, quando ancora non avevamo colto del tutto la gravità della situazione, abbiamo forse un po’ “patteggiato” con la realtà, abbiamo cercato mediazioni.
Lo abbiamo fatto nei comportamenti individuali, nel maggiore o minore rispetto delle regole, ma anche nel lavoro, quando dovevamo decidere cosa fare con i corsi programmati, con gli appuntamenti già fissati nelle nostre agende, di solito così piene. Ci sembrava impossibile fermarci.
Il primo focolaio di COVID-19 in Italia è stato rilevato ufficialmente il 21 di febbraio, un venerdì. Ricordo le telefonate e gli scambi di quel fine settimana: in qualche modo la speranza era che le cose rientrassero rapidamente. Non volevamo fare scelte azzardate, mettere a rischio le persone, ma nemmeno eccedere nella prudenza. Il lunedì successivo 26 corsisti da tutta Italia sarebbero dovuti partire per trascorrere ad Altamura, in Puglia, una settimana di corso residenziale. La domenica sera, a malincuore, abbiamo scelto di rimandare il Modulo.
E’ stata la prima iniziativa saltata, a cui sono seguite le altre, fino al lockdown e alla sospensione, per legge, di tutte le iniziative di formazione in presenza.
Soprattutto per chi, come me, vive nelle zone più colpite, sono state settimane di spiazzamento, di fortissima preoccupazione, di paura. Di enorme dolore per le vittime e per i loro familiari. E di pena per i nostri amici, colleghi e parenti ammalati.
Eppure, in questi mesi non c’è stato solo questo.
Mentre a livello personale ciascuno di noi affrontava il cambiamento in atto e gli impatti diseguali del COVID-19 sulle nostre vite, come formatori sindacali abbiamo cominciato ad attivarci, a cercare soluzioni, a fare proposte, a sperimentare. Perché questi mesi non fossero solo di vuoto, di distanza, di sospensione. Per tenere vivi i legami e gli spazi di riflessione e di dialogo con i gruppi e le persone. Per sostenere almeno un po’, attraverso l’ascolto reciproco, chi, provenendo dalle zone più critiche, stava vivendo situazioni particolarmente difficili e faticose. Per lasciare spazio alle narrazioni di cosa significhi fare sindacato nel tempo di una pandemia.
E’ stata una ricerca sulle tecnologie più adeguate, che ci ha richiesto di reinventarci e di imparare, senza mai perdere di vista l’orizzonte di senso, gli obiettivi, il significato delle proposte.
Abbiamo cercato di tenere alta l’attenzione alla dimensione personale e, laddove possibile, di offrire spazi di interazione, confronto, reciprocità.
Molte iniziative sono state dedicate al formare e informare rispetto ai temi della sicurezza e alla prevenzione del contagio, ma anche a ragionare sugli apprendimenti che è possibile sviluppare da quanto ci è accaduto: cosa deve cambiare, cosa non dovrebbe tornare ad essere come prima. Penso alla centralità della sanità pubblica come bene comune irrinunciabile. Al Welfare nelle sue varie declinazioni. Ma anche agli impatti del COVID sulle filiere di produzione globalizzate, alle potenzialità e alle criticità dello smart working.
Tra i formatori del Centro Studi, delle CISL, delle Categorie, c’è chi ha organizzato webinar, interviste video, momenti interattivi di incontro con i gruppi, unità di apprendimento fruibili in modalità asincrona…
Anche nelle Scuole Edili, gli Enti Bilaterali del settore delle costruzioni, ci si è organizzati per garantire una continuità dell’offerta, seppur a distanza.
Abbiamo provato a fare, abbiamo a tratti sbagliato. Ma dentro al provare c’era anche il rifiuto della resa, la volontà di continuare a esercitare il proprio mestiere.
Personalmente questo percorso mi ha aiutato moltissimo a dare senso al mio tempo.
In primo luogo perché imparare, per me, ha sempre una componente di generatività: attiva energie e genera entusiasmo. In secondo luogo perché questa ricerca e queste sperimentazioni sono state fatte dentro a una rete professionale formale e informale: mi sono confrontata con i colleghi con cui opero abitualmente, ma anche con altri colleghi di altre Federazioni e del Centro Studi Cisl di Firenze, e con amici formatori e insegnanti che lavorano in altri contesti.
Ci siamo scambiati consigli, suggerimenti, riflessioni, scoperte. Abbiamo discusso del moltissimo che si perde, nella formazione a distanza, in assenza dei corpi, delle energie e degli sguardi, ma anche di alcune opportunità che – se non fossimo stati costretti – forse non avremmo colto.
Abbiamo esplorato come deve cambiare la progettazione, abbiamo capito cosa diventa ancora più indispensabile curare.
La rete di relazione, la collaborazione reciproca e spontanea, sono state una risorsa preziosissima. Penso che rispetto a questa ricerca intorno alle potenzialità delle nuove tecnologie siamo ancora ai primi passi.
Il mio augurio è che il percorso non si interrompa con la fine della fase più critica della pandemia. La relazione autentica, in presenza, è insostituibile. Ma molto si può fare per integrare nuovi strumenti nei nostri percorsi, se ne riconosciamo le potenzialità.
Ancora non so quando e come avverrà la discussione del mio Portfolio e la mia Laurea, se in presenza o a distanza. Certo, preferirei una stretta di mano e un brindisi.
La tecnologia ci ha aiutato a tenerci vicini e a continuare ad apprendere insieme anche se, ovviamente, spero che presto sia possibile continuare la mia esperienza europea di formatrice, incontrando personalmente scuole, centri e tradizioni di formazione sindacale nei diversi paesi.
Realizzare formazione degli adulti in contesti multilinguistici e multiculturali è davvero un’occasione di arricchimento che dovrà necessariamente tornare ad essere anche fisico, vissuto nelle aule, nell’incontro, nei centri di formazione.
Quello che abbiamo appreso in questi mesi, non solo da un punto di vista tecnico-digitale, non dovrà però essere cancellato o disperso.
Rispetto a quanto ci è accaduto, coltivo in me tre speranze: che non dimenticheremo quelli che abbiamo perso, che questa crisi sia occasione di apprendimento e cambiamento, e che sapremo ricordare, e celebrare, il valore e le parti più preziose delle nostre vite.