L’indice globale CISL di Benessere/Disagio delle famiglie italiane ha recuperato alcuni punti nel corso del 2015 e all’inizio del nuovo anno, ma si trova ancora molto sotto ai livelli precedenti la crisi. E’ quanto emerge dal “Barometro“, il bollettino trimestrale del luglio del Centro Studi Ricerca e Formazione della Cisl.
Fatto 100 il valore degli indicatori di benessere complessivo nel 2007, nel primo trimestre del corrente anno si è arrivati a 91.1. Si tratta, certamente, di una posizione migliore rispetto a quella segnata all’inizio del 2015 e che era pari a 84.8, ma ancora molti punti sotto la doppia caduta del livello dell’attività economica, che si è avuta in questi anni. Non si è ancora ristabilito neanche il livello d’inizio 2011, ovvero quella del calo più recente. Le icone meteo del Benessere /Disagio delle famiglie mostrano una situazione che è migliorata di più nel campo del Lavoro, per i provvedimenti che hanno rafforzato quantità e soprattutto qualità dell’occupazione, rispetto al dominio dell’Attività economica, che è rimasto più condizionato da una bassa crescita, certamente insufficiente a recuperare le cadute precedenti. I 33 indicatori delle 5 aree tematiche considerate (Attività economica, Lavoro, Istruzione, Redditi/ Pressione fiscale, Coesione sociale), presentano le situazioni in miglioramento e quelle ancora critiche. La ripresa del 2015 è stata troppo fragile per migliorare le condizioni di vita delle famiglie e le attese per il 2016 sono in ridimensionamento. C’è da temere, infatti, che gli effetti della Brexit sull’attività economica interna e sulle condizioni finanziarie, innestandosi su una crescita già insufficiente, riportino indietro il Barometro.
Le famiglie sono così da diversi anni in una condizione peggiore rispetto alla fase precrisi; e questo non può che essere un elemento di insoddisfazione, poco scalfito da miglioramenti che appaiono limitati, non decisivi e potenzialmente temporanei. “La prospettiva di una crescita stabile e di lungo periodo del nostro paese dipenderà dalle scelte che si faranno a livello Europeo- sottolinea la Segretaria Generale della Cisl, Annamaria Furlan commentando i dati.“Bisognerebbe aprire una fase costituente per riscrivere la Costituzione Europea, mettendo da parte definitivamente il fiscal compact e varare un pacchetto di provvedimenti sociali immediati: 1)un piano di investimenti finanziato attraverso Eurobond e Project bond di almeno 1.000 mld (mille miliardi) di € aggiuntivo al Piano Junker ed integrato dai Piani di investimenti nazionali stornati dal calcolo del deficit; 2) un Fondo europeo integrativo dei sussidi nazionali di disoccupazione, quando il tasso di disoccupazione in un Paese membro supera il tasso medio europeo; 3) un Piano permanente di politiche attive per l’occupazione giovanile. Solo un colpo d’ala perentorio può sperare di contrastare il contagio della BREXIT, di impedire la disgregazione dell’intera architettura europea e di rilanciare l’Unione politica. Anche le politiche economiche nazionali dovrebbero concentrarsi sul potenziamento dei consumi interni (che hanno trainato la ripresa del 2015) attraverso una riforma fiscale con effetti redistributivi a favore delle aree sociali medie e basse e con una strategia di crescita della produttività e di equa distribuzione salariale dei risultati.
La Cisl ha lavorato su entrambi i fronti presentando in Parlamento, nel settembre 2015, un Disegno di legge di riforma fiscale di iniziativa popolare (1.000 € netti annui di beneficio fiscale per i redditi sino a 50.000 € annui, con patrimoniale ordinaria sulla ricchezza mobilitare ed immobiliare esclusi i titoli di stato italiani e la prima casa non di lusso) e sostenendo la fiscalità di vantaggio sul salario di produttività, redditività, risultato (introdotta dal Decreto 25.3.2016 in attuazione della Legge di stabilità 2015).