L’obiettivo dei sindacati confederali è portare il Paese fuori dalla crisi spingendo il Governo ad adottare politiche economiche e fiscali non recessive finalizzate a sostenere la domanda interna. E’ questo il messaggio che emerge dagli esecutivi unitari di Cgil Cisl e Uil, convocati ieri a Roma, che hanno deciso di proseguire la mobilitazione contro le misure contenute nella legge di stabilità con manifestazioni in tutte le regioni il 14 dicembre e una campagna di informazione a tappeto, per sensibilizzare iscritti e cittadini sui riflessi negativi che avrebbe la manovra nel caso in cui venisse approvata senza le modifiche suggerite dalle confederazioni, ma soprattutto di ribadire le loro proposte per emendare il provvedimento del Governo.
Per dirla con le parole di Raffaele Bonanni, si tratta di “alzare il tiro” della mobilitazione sindacale, non di organizzare solo la protesta ma di sostenere proposte ragionevoli verificando allo stesso tempo le intenzioni espresse dal presidente del Consiglio. Intenzioni che comunque dovranno concretizzarsi in misure legislative, magari sotto forma di emendamento del Governo sul quale porre la fiducia alla Camera, che tengano assieme il taglio delle tasse per lavoratori, pensionati e imprese, il recupero dell’evasione fiscale e la spending review. Insomma, misure serie. Non “il brodino” di 13 euro nella busta paga dei lavoratori previsto dal Governo. Nè tantomeno l’abbandono della rivalutazione delle pensioni.
Su quest’ultimo tema i sindacati dei pensionati non la mandano a dire: “Basta manovre con i soldi dei pensionati” si legge in un appello di Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil al governo, al Parlamento e a tutte le forze politiche a seguito del ritiro dell’emendamento alla legge di stabilità sulla rivalutazione delle pensioni. “Non staremo a guardare che si faccia ancora una volta cassa con le pensioni – affermano in una nota congiunta le tre sigle – ed è per questo che venerdì 29 novembre daremo vita ad una manifestazione unitaria (a Roma al Teatro Italia con i tre segretari generali Cantone, Bonfanti e Bellissima) per chiedere che a pagare il prezzo della crisi non siano sempre i soliti noti”. In particolare, Spi Fnp e Uilp chiedono “che sia tutelato il potere d’acquisto delle pensioni, che ci sia un’equa redistribuzione della ricchezza in favore di lavoratori e pensionati, un welfare universalistico e una legge nazionale a sostegno delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie”.
Un primo assaggio di quello che si prospetta per il 14 dicembre. Perché i sindacati, per dirla con Susanna Camusso, non hanno nessuna intenzione di smobilitare. D’altra parte, così com’è, la legge di stabilità appare in perfetta continuità con quelle varate dai governi precedenti, tanto da sembrare una finanziaria da inizio crisi (cinque anni fa) più che da inizio ripresa. E se la linea del Governo Letta non cambia in fretta, avverte il segretario generale Cgil, sarà un disastro per il lavoro ed il Paese.
Lo spettro che agita il sonno e la veglia del sindacato confederale, e che dovrebbe mantenere desto anche l’Esecutivo, si chiama deflazione. Perciò, insistono i sindacalisti, occorre agire sulla domanda interna attraverso la leva fiscale in modo da attuare una vera e propria redistribuzione a favore dei ceti medi e bassi facendo pagare un pò di più a chi invece ha sempre pagato poco, come i rentier. Il fallimento delle politiche di austerità e rigore, così come quello dei tagli lineari alla spesa, è nei numeri della crisi e in particolare in quelli del Pil e della disoccupazione. Numeri che hanno indotto anche la Commissione Europea ad affibbiare una sonora bocciatura al nostro Governo sulla legge di stabilità che secondo Bruxelles non è in grado di garantire neppure il risanamento dei conti pubblici proprio a causa della scarsa crescita che verrebbe prodotta dalle misure varate dal Governo.
La situazione, secondo Cgil Cisl e Uil, è talmente grave da richiedere una “presa di coscienza” da parte dei cittadini e soprattutto della politica per mettere in campo nell’immediato misure concretamente finalizzate da una parte a ripristinare un’adeguata capacità di spesa delle famiglie a reddito fisso e dall’altra a garantire il lavoro che c’è e in prospettiva a riavviare una fase di sviluppo tale da aumentare la domanda di nuova occupazione. Senza dimenticare, ovviamente, di portare a soluzione definitiva e completa il problema degli “esodati”, rimasti senza stipendio e senza pensione a causa del repentino innalzamento dell’età pensionabile introdotto dalla riforma Fornero, e quello degli ammortizzatori sociali in deroga.
Su tali questioni i sindacati si aspettano “risultati concreti”, per usare le parole di Luigi Angeletti, “non impegni solenni, promesse o aspettative”. Risultati coerenti con gli obiettivi indicati dal Governo stesso all’atto del suo insediamento. E la mobilitazione continuerà fino a quando questi risultati non si saranno ottenuti. Inutile sperare in un allentamento dei vincoli europei. Quello che c’è da fare lo deve fare il Governo Letta. Basta scuse. Sindacati e imprese lo hanno scritto nero su bianco. Il tempo stringe, anzi per Cgil Cisl e Uil è quasi scaduto.