È il distretto del porfido e delle pietre trentine a guidare la classifica della Qualità della Vita dei distretti italiani, offrendo le condizioni più favorevoli al ”fare impresa” con un indice che assume il valore massimo di 700. Al secondo posto si colloca il distretto del mobile della Brianza (Monza e Brianza) seguito, ex aequo, da quelli dell’abbigliamento gallaratese di Asse del Sempione (Varese) e della metallurgia delle Valli bresciane/Lumezzane (Brescia). Sul versante opposto, tra i distretti in cui è più difficile esercitare l’attività imprenditoriale troviamo quello della meccanica siciliana (Siracusa), in ultima posizione con un valore di 434, preceduto dai distretti del tessile, abbigliamento e concia di Ottimo Nevano/San Giuseppe Vesuviano (Napoli) e delle calzature napoletane. Su 94 distretti produttivi italiani, gli ultimi 9 sono tutti localizzati nel Mezzogiorno, a conferma delle avverse condizioni incontrate nelle regioni del Sud da una tipologia d’impresa per sua natura esposta alla concorrenza sul mercato interno e internazionale.
La classifica, elaborata da Confartigianato per l’Osservatorio Nazionale dei Distretti Italiani, si basa sull’Indice 2011 della Qualità della Vita dei Distretti: una misura costruita dalla confederazione per valutare le condizioni di contesto delle imprese distrettuali italiane, dove si concentra circa un quinto del Made in Italy e 1 milione e mezzo di addetti (il 31,9% degli addetti totali del comparto manifatturiero, Unioncamere 2010). Lo studio, che mette in evidenza il peso delle diseconomie esterne sui divari di efficienza e di competitività delle nostre imprese rispetto alla media dei principali Paesi europei, misura l’attrattività di un territorio sulla base di 41 indicatori raggruppati in 11 ambiti: densità imprenditoriale, mercato del lavoro, pressione fiscale, concorrenza sleale del sommerso, burocrazia, credito, tempi della giustizia civile, legalità e conflittualità, utilities e servizi pubblici locali, capitale sociale del territorio e infrastrutture.
Tredici indicatori mostrano una condizione più favorevole all’attività di impresa in corrispondenza di un più alto valore. Tra questi, il numero di imprese ogni 1.000 abitanti, l’incidenza delle imprese con meno di 50 addetti sul totale degli occupati, il tasso di occupazione di giovani tra 25 e 34 anni e di occupazione femminile, il tasso di attività della popolazione tra 55 e 64 anni, la percentuale di comuni attrezzati per i pagamenti on line e la densità di sportelli bancari, la propensione degli imprenditori a cooperare, il grado di collegamento delle imprese in banda larga, la presenza di servizi per l’infanzia e l’indice di dotazione di infrastrutture. Viceversa, in tutti gli altri 28 casi un valore più alto dell’indicatore è associato a una condizione ambientale sfavorevole, che rende il territorio meno attrattivo o addirittura ostile all’attività di impresa distrettuale: tempi della giustizia, aliquote fiscali, tassi d’interesse, costi di varia natura, indice di rischio usura. Rispetto ai raggruppamenti macrosettoriali, l’Indice Confartigianato di Qualità della Vita dei Distretti premia il Sistema Casa, con un indice pari a 645 che scende a 639 per la metalmeccanica e a 627 per il Sistema Moda, fino al valore minimo di 604 attribuito ai distretti dell’alimentare.