Grandi infrastrutture: una sfida da ricostruire

Grandi infrastrutture: una sfida da ricostruire

Roma
A tre anni dall’entrata in vigore della Legge Obiettivo solo lo 0,2% dei progetti è arrivato a meta. Le preoccupazioni sindacali messe in evidenza in un seminario organizzato da Cisl, Filca e Fit.
Convergenza e competitività. Linee guida su cui basare lo sviluppo futuro del Paese.
A tre anni dall’entrata in vigore della Legge Obiettivo, solo lo 0,2% delle opere previste dall’intero programma ha visto la conclusione. Il dato rilevato nel dossier “Le infrastrutture strategiche in Italia”, elaboratoto da Ecosfera e commissionato dalla Filca Cisl, mette in chiara evidenza una serie di criticità rispetto allo stato di avanzamento dei progetti, le cui realizzazioni appaiono molto lente e in numero assai modesto rispetto alle dimensioni complessive del programma. Dai dati emersi nel dossier sullo stato di attuazione dell’intero programma (confronta grafico in pagina) si evince che, al 30 aprile 2005, sul totale delle opere riguardanti la legge obiettivo, l”86 % dei progetti ha superato lo studio di fattibibilità. Di questi solo il 44% ha raggiunto la fase della progettazione definitiva e il 23% è entrato nella fase di gara. Questo stato di lentezza nel percorso verso la realizzazione delle grandi opere preoccupa non poco il sindacato che ieri ha promosso un dibattito proprio per fare il punto sullo stato di avanzamento delle grandi opere, quali Tav, Mose, Ponte sullo stretto, autostrada salerno Reggio Calabria ecc. Il dibattito è stata anche l’occasione per promuovere un confronto sulla necessità di strategie di intervento mirate all’individuazione di nuovi strumenti di partecipazione delle comunità locali. Come sottolinea infatti Giuseppe Virgilio, segretario generale aggiunto Filca Cisl: “Il mercato delle grandi opere preoccupa sia per le lentezze con cui avvengono gli investimenti e quindi gli interventi, sia per la tensione finanziaria che si genera nel mondo della politica e delle istituzioni nonchè nel mondo imprenditoriale, sia per i fenomeni di protesta contro la realizzazione di grandi infrastrutture di uso collettivo, che sono tornati prepotentemente alla ribalta per via delle contestazioni relative alla linea Torino Lione (Corridoio 5) in Val di Susa”. Nell’affrontare infatti le complesse problematiche connesse con la programmazione e realizzazione delle grandi opere in questi ultimi anni, le autorità pubbliche, anche a livello comunitario, non sempre sono riuscite a sviluppare un’adeguata capacità di valutazione di tutti gli aspetti progettuali e finanziari delle iniziative da realizzare e soprattutto ad individuare con chiarezza la specificità degli interessi esistenti e delle singole realtà territoriali al fine di fare sintesi tra esigenze dei “portatori di interessi legittimi” a tutti i livelli e di comporre le eventuali divergenze per poter assumere attraverso un confronto sistematico decisioni condivise che rispondano ai fabbisogni del Paese. Il caso della Torino Lione è emblematico. Infatti tutti i Comuni della Val di Susa si oppongono all’alta velocità e alla realizzazione del megatunnel di 53 km sotto il Moncenisio. Il contrasto ha coinvolto gran parte della popolazione della Valle che continua a contestare aspramente la validità della scelta progettuale, sia per le modalità con cui il progetto è stato definito ed approvato, sia per la mancanza di un vero coinvolgimento dei rappresentanti locali. Da una parte quindi vi sono gli interessi della collettività che dalle opere pubbliche ricaverà alcuni benefici, dall’altra le popolazioni locali, le sole a sopportarne talvolta i costi molto elevati. “A tal proposito – ribadisce Virgilio – c’è da sottolinera che negli altri Paesi europei il momento della concertazione preventiva in fase di progettazione di grandi infrastrutturee è previsto obbligatoriamente all’interno delle procedure. Ciò, garantisce il consenso e il contributo di tutti ed evita che qualsiasi piccolo ente locale possa poi esercitare il diritto di veto nella fase di realizzazione”. “Ma il vero problema – continua Virgilio – è quello di ripensare ad una strategia di infrastrutturazione che sia profondamente connessa ad una logica nuova di piano di sviluppo in cui l’opera è funzionale ad un progetto di competitività e di coesione. Il modo di intendere il territorio dovrà cedere il passo al nuovo che avanza:non più territori-area, ma territori-snodo”. Obiettivo che esige grande disponibilità al confronto, al dialogo, al partenariato, tra più livelli, tra le istituzioni, le forze economiche e sociali e le società locali. In quest’ottica si stanno individuando le Piattaforme a carattere sovranazionale, ossia quelle che sono vere e proprie cerniere di connessione tra l’Italia e l’Europa. Le piattaforme territoriali strategiche sono: corridoio V – Ovest; corridoio dei due mari; l’Asse Ti.Bre.; corridoio V – Est; piattaforma sud-orientale; piattaforma tirrenico-ionica. Attraverso le Piattaforme territoriali il nostro Paese si gioca la sua competitività nella partita della globalizzazione economica e dei mercati. “Certo – afferma Virgilio – l’individuazione delle piattaforme territoriali è un compito di assoluta complessità, di cui è ancora lontano il punto di approdo. Non si tratta, infatti solo di trovare un certo numero di ambiti territoriali sui quali prevedere o promuovere la realizzazione di opere, ma è necessario capire con precisione di quale rango sono le relazioni che questi territori possono sviluppare al meglio, in ragione delle loro peculiarità geografiche, delle vocazioni socio economiche e delle prospettive di sviluppo”. Coerentemente con la nuova strategia di intervento, la Comunità europea ha stabilito che la programmazione 2007/2013 dovrà concentrarsi su tre obiettivi: convergenza e competitività; competitività regionale ed occupazione; cooperazione territoriale europea. Queste le linee strategiche per vincere le sfide del futuro: costruire le capacità di sviluppo dal basso per arrivare a realizzare grandi obiettivi all’interno di una logica europea.

Sara Martano

Sindacato protagonista sul territorio per nuove strategie di intervento.
Far crescere il sistema delle infrastrutture in Italia è certamente una sfida da non perdere se non si vuole lasciare il Paese indietro in termini di competitività rispetto all’Europa. Questo il filo conduttore del dibattito che si è svolto a Roma nella sede della Cisl. I lavori, coordinati da segretario generale della Filca, Domenico Pesenti, hanno messo in evidenza l’unanime necessità, da parte del sindacato, di ricercare coesione, dialogo e concertazione tra le parti nell’interesse di tutti. “Le infrastrutture – afferma Pesenti – sono fondamentali per la crescita economica del Paese, ma allo stesso tempo, si devono tenere in considerazione le esigenze di tutte le parti. Solo così si può giungere alla realizzazione delle grandi opere strategiche che possono portare il nostro Paese al tanto sospirato sviluppo economico”. Si stima che l’Italia negli ultimi 25 anni abbia aumentato la sua capacità di produrre ricchezza di quasi il 90%, ma che abbia ridotto gli investimenti in infrastrutture, tanto da collocarsi all’ultimo posto nella graduatoria per gli investimenti in opere pubbliche rispetto al Pil nell’Europa dei 15 e a metà classifica nell’Unione allargata. Contro una media europea che raggiunge quasi il 3% il nostro Paese destina alla costruzione di linee elettriche, ferrovie, reti di telecomunicazioni, solo l’1% del suo prodotto interno lordo. “Purtroppo – ribadisce Claudio Claudiani, segretario generale Fit – il ritardo infrastrutturale è il dramma del Paese e non richiede ulteriori specifici commenti, se non l’impegno per una rapida inversione a far funzionare meglio e bene ciò che c’è. La Legge Obiettivo costruita nella prospettiva di liberare dalle pastoie le grandi opere pubbliche è riuscita solo in parte a tradurre in concreto questo intendimento. Troppi, infatti – continua Claudiani – i progetti entrati a far parte di un elenco divenuto, giorno dopo giorno interminabile collezione di interessi locali, di sollecitazioni di ambienti economici, imprenditoriali, politici o del territorio. Ma le infrastrutture servono e vanno fatte – ribadisce Claudiani -. Certo non con la forza, ma con il consenso, e il consenso va creato”. Per il sindacalista abbandonare la Tav è come lasciare per strada la competitività. L’Italia non si può più permettere di perdere il treno dello sviluppo. Sulla stessa linea le considerazioni conclusive fatte da Raffaele Bonanni per il quale è indispensabile ricercare il consenso da parte delle comunità locali attraverso un’ampio dialogo con le istituzioni regionali e provinciali. Bonanni insiste sulla necessità di investire in infrastrutture “perchè – afferma – è un’esigenza di tutto il Paese”. Nel percorrere questa strada – incalza Bonanni – occorre riuscire a coniugare l’esigenza della nazione con quella delle popolazioni interessate dalle grandi realizzazioni”. E rilancia: “Come sindacato dobbiamo essere sul campo, dentro queste vicende, ma esserci al momento della nascita, a monte dei processi, non entrarci a situazione già compromessa”. “Ogni volta che si presenta il progetto per una nuova infrastruttura – evidenzia Bonanni – scattano, all’interno della comunità interessata problemi relativi all’impatto dell’opera sul territorio, sia che essa sia situata al nord, al centro, o al sud del Paese. Diventa quindi fondamentale – conclude Bonanni – rivedere l’intero sistema di interlocuzione tra le parti. Occorre discutere con le Istituzioni a tutti i livelli per costruire insieme programmi di sviluppo e individuare anche la quota delle risorse che saranno impegnate”. Valorizzare quindi il dialogo, il confronto e la concertazione è la chiave di lettura del sindacato quale importante via per riuscire a realizzare opere infrastrutturali strategiche per il rilancio di tutto il Paese. La ripartizione Territoriale delle Opere Strategiche Allegato 1 30 aprile 2005 del 121/01 Valore Numero Valore CENTRO NORD 69.192 102 158.809 MEZZOGIORNO 56.670 129 102.986 Non ripartibili 4 2.532 —————————————————– TOTALE 125.862 235 264.328 —————————————————– CENTRO NORD 55,0 43,4 60,1 MEZZOGIORNO 45,0 54,9 39,0 Non ripartibili 1,7 1,0 —————————————————– TOTALE 100,0 100,0 100,0

Sara Martano

Sicurezza e affidabilità
In tema di affidamenti e gare di appalto per il sindacato è necessario favorire un modello di impresa che investa in tecnologia , in risorse umane, in know how, in assetti organizzativi capaci di dotare il settore delle costruzioni del nostro Paese, di una testa significativa di imprese in grado di guidare il settore. Proprio per questo la Filca propone l’introduzione di una norma che premi le imprese con un valore del costo del personale operaio superiore al 6% del fatturato, attraverso la ridefinizione degli importi delle attestazioni rilasciabili superiori a quello del fatturato in modo proporzionale e lineare fino al doppio per un costo del personale operaio pari al 30% del fatturato.
Le opere individuate
Nella seduta del 21 dicembre 2001 il Cipe ha approvato il primo programma delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi da realizzare per un totale di 117 interventi poi arrivati in seguito fino a 235 per un totale di 264,3 miliardi di euro. Tra le opere incluse: – il valico ferroviario del Frejus, – il valico ferroviario del Sempione, – il valico ferroviario del Brennero, – l’Asse ferroviario sull’itinerario del Corridoio Lione-Kiev (Torino -Trieste), – il passante di Mestre, – l’Asse ferroviario Ventimiglia-Genova-Novara-Milano (Sempione), – il progetto per la salvaguardia della Laguna e della Città di Venezia – Sistema Mose, – il sistema integrato di trasporto del nodo di Roma, – il sistema integrato di trasporto del nodo di Napoli, – l’Asse autostradale Salerno-Reggio Calabria, – il nodo stradale e autostradale di Genova, – il Ponte sullo Stretto di Messina, – interventi per l’emergenza idrica nel Mezzogiorno continentale e insulare.
Lo stato dei lavori
Da un esame analitico dei dati sullo stato di attuazione dell’intero prgogramma emerge un andamento complessivamente soddisfacente solo per le seguenti opere: -il corridoio plurimodale padano registra un 75% di opere in fase progettuale e un quarto in fase di affidamento dei lavori; -il corridoio plurimodale Tirreno Brennero ha una percentuale di opere in fase di progettazione avanzata (86%) ma solo il 15% in fase contrattuale; -il corridoio plurimodale tirrenico – Nord Europa dove circa il 57% delle opere è in fase di progettazione preliminare e il 23% è costituito da opere contrattualizzate; -il corridoio plurimodale adriatico presenta una quota di affidamento vicino al 40%. Circa il 30% delle opere è contrattualizzato mentre per tutte le opere in fase di progettazione (61%) oltre i due terzi hanno raggiunto la fase definitiva; -il corridoio plurimodale dorsale centrale costituisce il corridoio più avanzato con il 46% delle opere in fase di affidamento; -il Mose e il Ponte di Messina sono stati contrattualizzati; -i sistemi urbani registrano una buona percentuale di opere (41,8%) che ha raggiunto la fase di affidamento. Le altre opere, tecnicamente definite “attivate”, sono tutte in fase di progettazione e in gran parte in fase preliminare.

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