GENOVA, “EUROPA E TERRITORIO UNITI CONTRO TUTTE LE MAFIE”

GENOVA, “EUROPA E TERRITORIO UNITI CONTRO TUTTE LE MAFIE”

Di seguito pubblichiamo una nota firmata da Salvatore Teresi, Segretario Generale della Filca Cisl Liguria e Alessandro De Lisi, Direttore del Centro Studi Sociali contro le mafie – Progetto San Francesco, a proposito dell’iniziativa in programma a Genova i prossimi 26 e 27 gennaio.

Carissimi amici, in vista del prossimo appuntamento genovese e ligure del 26 e 27 gennaio ci occorre lasciarvi una traccia del ragionamento che gira attorno alla necessità di coniugare la lotta alle mafie e alla mafiosità con lo sviluppo del lavoro in sicurezza, con il ruolo della politica dei territori e con la responsabilità sociale. Siamo convinti, grazie al contributo di guida e di ispirazione di amici come Battista Villa e Domenico Pesenti, oltre all’impegno generoso di Raffaele Bonanni, che la promozione di un esclusivo progetto di lotta alle mafie sarebbe riduttivo e troppo specifico se interpretato grazie alla lente sociale del ruolo sindacale e delle possibili ulteriori condivisioni sociali.

Infatti il Progetto San Francesco è inizialmente un’idea di aggregazione sociale, nata in Lombardia, che parte dall’urgenza della lotta alle mafie – ispirandosi umilmente ad importanti ed esemplari esperienze come quella del pool antimafia di Palermo – per approfondire la comprensione dei danni e dei rischi attivi che la cultura mafiosa e la mafiosità possono riservare al mondo del lavoro e ai lavoratori. Se spostiamo l’attenzione comune alla condizione di crisi e di trasformazione economico sociale in atto ci accorgiamo immediatamente come dal punto di vista tecnico la lotta alle mafie vede riservata una grande parte principale alle azioni di magistratura e di polizia e, per somma delle parti sociali impegnate, una minima porzione “della torta dell’attenzione” all’impegno della cultura e della politica. Fermo restando il valore dell’indignazione e della denuncia sociale del fenomeno, riteniamo sia indispensabile un impegno nuovo, una produzione di proposte sostenibili economicamente e socialmente per risolvere l’annoso problema nazionale. Il ruolo della criminalità organizzata è, in alcuni territori, egemone economicamente e strategicamente ma mai culturalmente e impegna l’Italia in un drammatico divario economico passivo costante pari al 27% del PIL nazionale. Purtroppo riteniamo che con la fase recessiva e di “aridità” del credito tale divario sia destinato a crescere.

I rapporti di SOS Impresa, di Legambiente, della DNA e della Commissione Antimafia Nazionale, danno una somma ingente, di svariati miliardi di euro, di disponibilità per gli affari criminali che inevitabilmente influenzano – attraverso i media dell’evasione fiscale e dell’usura anche fideiussoria – il mercato lecito e i flussi di economia sana. Pertanto il ruolo che con responsabilità vorremmo occupare di aggregatori e di promotori sociali per una nuova fase della lotta alle mafie a alla mafiosità – il consenso criminale e culturale delle cosche è pericoloso quanto le mafie stesse – non può prescindere dalla comprensione del fenomeno legato alle debolezze della politica.

Se la lotta alle mafie spetta inevitabilmente alle forze investigative e alla magistratura si può ritenere che la lotta alla mafiosità possa impegnare le parti sociali, siano esse produttive o culturali come le associazioni, le fondazioni, le università oltre che le imprese e i sindacati. Il contratto sociale che stiamo riscrivendo sembra tuttavia carente sotto il profilo della responsabilità – intesa come economia dell’attenzione per lo sviluppo di tutti i protagonisti territoriali – e sotto l’aspetto della lotta all’illegalità. Non basta il contrasto all’evasione fiscale se non legato alla lotta alle mafie e alla fragilità sociale del mondo del lavoro, poichè tale separazione tra le azioni di governance rischia di lasciare varchi all’efficenza economica criminale. Questo spetta alla politica, alle istituzioni della politica, ma crediamo contemporaneamente sia utile che qualcuno ricordi loro almeno qualche punto da cui partire.

La partecipazione alla politica – come ama richiamare Pesenti – non significa farsi un partito o montare sullo sgabelllino dei liberi oratori, bensì si inizia a compiere attraverso la pienezza del proprio ruolo attivo nella società. Quindi proviamo a proseguire nell’impegno del Progetto San Francesco e nelle riflessioni iniziate con Gianni De Bernardi, Dina Molino, Matteo Lupi e i ragazzi di Teccio del Terzè dell’ANPI e dell’Agesci, a sottolineare la stagione di responsabilità e di impegno che stiamo obtorto collo vivendo. Ugualmente i decenni di lotta alle mafie sono stati segnati da molti lutti nel mondo del giornalismo, da Mauro de Mauro a Pippo Fava, così a Genova vorremmo ci siano giornalisti che della forza delle parole e dell’impegno professionale sono quotidiani testimoni. Quest’anno ricorrono i vent’anni dalle stragi politico mafiose di Capaci e Via D’Amelio e in quest’occasione solenne vorremmo scrivere i nostri 150 punti, azioni, idee, proposte contro le mafie e la mafiosità per poi, il 23 maggio, consegnarle attraverso Maria Falcone al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Palermo.

Vorremmo con noi anche i ragazzi dei giorni dell’alluvione genovese, gli angeli del fango, testimoni silenziosi ma estremamente consapevoli del valore della sussidiarietà come arma contro il ricatto, le promesse e l’assistenzialismo peloso dove non possono che crescere mafia e mafiosità. Non crediamo nella retorica dei simboli, ma nella forza degli esempi, nella santità dei martiri vecchi e nuovi, abbiamo fede nell’uomo pellegrino, cresciamo in ogni gesto di solidarietà ma sarebbe uno spreco se non decidessimo di incidere in prima persona e con umiltà attraverso la nostra minima opera sociale. Andiamo a Genova per scrivere gli integrativi del contratto di responsabilità con la società, ma anche per riflettere e inaugurare nella formazione della testimonianza una nuova primavera. Attenti tuttavia, come scrive Tahar Ben Jelloun che non può bastare “una primavera per una perenne democrazia”. Proprio in questi giorni abbiamo molto bisogno di Europa e di Mediterraneo, per ricordarci anche il coraggio di coloro che edificarono prima una cultura comune assai complessa e multipla e poi un’organizzazione di nazioni a garanzia della pace tra i popoli un tempo in guerra. Questo è voluto essere un elenco di stimoli, una riflessione iniziale e forse una prefazione – certamente non politica – sociologica sul prossimo appuntamento. Cogliendo l’occasione salutiamo tutti!

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