Di seguito una nota unitaria (per la Filca-Cisl Agrigento Caltanissetta Enna il segretario generale Francesco Iudici e il responsabile territoriale di Caltanissetta Nunzio Mangione).
Gli ammortizzatori sociali non saranno la terapia per mitigare la grave crisi economica legata al territorio, ma rappresentano un rimedio efficace per evitare i licenziamenti e la perdita dei posti di lavoro in uno scenario difficile e complesso che interessa attualmente la città di Gela. Le Federazioni Sindacali del settore delle Costruzioni e la Rsu di cantiere, per scongiurare il licenziamento dei lavoratori, hanno attivato il Contratto di Solidarietà con la Edilponti, società cooperativa impegnata all’interno della Raffineria di Gela, come strumento alternativo idoneo in grado di evitare la riduzione di personale. L’ammortizzatore sociale interessa 120 unità lavorative. Il settore edile vive una fase delicatissima dentro la fabbrica. Le prestazioni a sostegno del reddito non potranno avere una durata infinita e colmare sempre le lacune di un sistema economico: nascono, infatti, come misura temporanea per superare una difficoltà legata alla momentanea crisi di lavoro. L’assistenzialismo, poi, non rientra nel vocabolario quotidiano dei lavoratori. C’è il rischio che il deserto industriale avanza se Eni non investe i soldi del protocollo d’intesa che viaggia a ritmi lenti. Gela non può sopportare questa ulteriore mortificazione, questo ulteriore colpo letale alla propria economia. La città è ad un passo dal baratro: pende il cartellino rosso. La holding deve aprire i cordoni della borsa affinché riprenda l’attività produttiva evitando una ulteriore offesa al comprensorio che ha legato il suo destino alla Raffineria di Gela. La tensione rimane alta. I lavoratori e la città difendono un diritto inalienabile: il diritto al futuro, il diritto al lavoro. La città e i lavoratori chiedono che non venga calpestata la dignità del territorio e delle persone che si sono stretti alla fabbrica anche nei momenti più difficili ricevendo probabilmente meno rispetto ai sacrifici sopportati. Questo territorio è attraversato da una crisi difficile e complicata. C’è una vasta area di Sicilia che non riesce a stare in piedi trasformandosi in un comprensorio virtuale, lontano mille miglia dall’essere una zona normale.
Il territorio ha bisogno di rialzare la testa perché non può continuare a sopportare l’immobilismo della politica: devono essere accelerate tutte le procedure necessarie per il rilascio di tutte le autorizzazioni. Occorre uno sforzo concreto, senza precedenti per accendere una nuova alleanza sociale capace di muoversi attorno a obiettivi condivisi dove la politica è chiamata ad alzare il livello di attenzione verso un territorio ormai depredato che non soffre solamente la crisi della fabbrica. C’è tutto un sistema in caduta libera. E’ calato il sipario sul settore delle costruzioni. E’ notte fonda per l’edilizia della provincia perché in questi anni la crisi è stata come il tornado che ha spazzato via in maniera impietosa aziende e lavoratori. La crisi per alcuni pseudo imprenditori è stata la scusa preminente per arruolare lavoratori in nero. A volte si invocano nuove riforme, il potenziamento degli organici presso le Direzioni Territoriali del Lavoro. Ed invece basterebbe semplicemente renderle funzionanti evitando di tagliare fondi agli Ispettorati per l’espletamento della loro missione quotidiana. Perché anche quando manca la carta per stampare o il telefono è un mero oggetto da esibire sui tavoli, diventa impossibile esercitare i controlli che tutti si auspicano soltanto durante qualche convegno. La crisi non è soltanto economica, c’è una crisi etica legata al comportamento dei politici. La classe dirigente deve cambiare soprattutto mentalità e parlare di obiettivi condivisi come infrastrutture, edilizia scolastica, riqualificazione dei centri urbani, prevenzione del territorio, edilizia ecosostenibile: sono questi gli ingredienti necessari per fare ripartire il settore delle costruzioni che non può rimanere vincolato alla sola realizzazione di villette a schiera, ormai un lontano ricordo, anche per la profonda crisi che attraversa il mercato immobiliare. Le amministrazioni locali devono tagliare le spese inutili e superflue concentrando le poche risorse sullo sviluppo economico del territorio e sulle famiglie.