I sindacati americani sono pronti a scendere in campo nella prossima campagna elettorale a fianco del presidente in carica Barack Obama. Sarebbero oltre 400 mila i membri dell’Afl-Cio ad aver aderito al richiamo dei democratici per scongiurare il rischio che le politiche antilabour, introdotte nei mesi scorsi da alcuni governatori repubblicani nei rispettivi Stati, possano essere riproposte a livello federale. La vittoria del candidato repubblicano è, dunque, un pericolo da evitare ad ogni costo per i sindacati anche in considerazione del fatto che le politiche di risanamento e di rilancio dell’economia introdotte da Obama cominciano a dare i loro frutti. Un percorso di risalita lento ma deciso che sta producendo un effetto positivo anche nel mercato occupazionale.
Gli ultimi dati del ministero del Lavoro certificano l’aggiunta di 227 mila nuovi posti a febbraio con un tasso di disoccupazione stabile all’8,3%, il dato migliore dal febbraio del 2009. Rispetto all’aprile dell’anno passato, sarebbero 1,6 milioni i posti di lavoro aggiunti, con una distribuzione piuttosto omogenea sia a livello settoriale sia a livello geografico. E’ in particolare il settore manifatturiero, che durante la presidenza Bush era crollato soprattutto a causa delle politiche favorevoli all’ousourcing, a registrare dati incoraggianti con 444 mila posti in più rispetto al 2010.
Il mercato del lavoro americano è, dunque, in sostanziale ripresa con l’aggiunta di 3,5 milioni di posti complessivi negli ultimi due anni, dopo averne persi 8,7 milioni nel periodo della recessione. Certo, sono ancora circa 13 milioni gli americani senza occupazione, ma la direzione intrapresa dai democratici è, secondo i sindacati, quella giusta mentre il ritorno di un’amministrazione repubblicana potrebbe pregiudicare il buon lavoro svolto finora: “I candidati repubblicani alla presidenza – ha spiegato il presidente dell’Afl-Cio, Richard Trumka – ripeterebbero gli stessi errori che hanno causato la crisi e la grande recessione”.
Sono gli stessi errori che hanno portato non solo alla crisi ma anche a un sistema di redistribuzione della ricchezza particolarmente iniquo, come denuncia l’ultimo rapporto dell’Economic Policy Institute (Epi). Secondo i dati dell’istituto, nel 2009 e nel 2010, il 93% della crescita degli Stati Uniti è andata a vantaggio dell’1% della popolazione. Insomma, la ripresa, ufficialmente iniziata nell’estate del 2009, non ha finora favorito le persone maggiormente colpite dalla crisi ma ha piuttosto continuato a riempire le tasche di una fascia ristretta e privilegiata della popolazione.
E’ in questo contesto che l’Afl-Cio ha deciso di investire circa 400 milioni di dollari nella campagna elettorale di Barack Obama. Non saranno però i soldi a fare la differenza, ma lo stesso impegno delle persone. Se i repubblicani sembrano intenzionati a investire grossa parte del loro budget in sontuose campagne pubblicitarie, i sindacalisti sono invece convinti che il dialogo diretto con le persone possa essere più efficace. Quella degli attivisti volontari è, d’altro canto, una risorsa non in possesso dei repubblicani che sono dunque costretti a ricorrere ai costosi mezzi della propaganda mediatica.
I sindacati rappresentano l’11,8% di tutti i lavoratori americani e, nelle passate elezioni, avevano potuto bussare solo alle porte degli stessi membri del sindacato. La Corte Suprema ha però decretato, nel 2010, che i comitati sindacali hanno il diritto di rivolgersi anche ai non iscritti. Una svolta importante per i sindacati che hanno immediatamente investito quasi 4 milioni di dollari nella formazione dei comitati di azione politica, i cosiddetti Pac, con l’obiettivo di raggiungere gli elettori non sindacalizzati. Il dialogo con i lavoratori può dunque rappresentare la vera carta vincente per la rielezione del presidente Obama.
(dal sito www.conquistedellavoro.it)