Edilizia, sulla questione sicurezza pesa l’ombra dello sfruttamento

Edilizia, sulla questione sicurezza pesa l’ombra dello sfruttamento

Roma
I sindacati da anni in campo per combattere il fenomeno del lavoro nero e sommerso
Far crescere la legalità nei cantieri significa diminuire i rischi per la salute degli operai
E’ il ’96 quando nasce in Filca l’idea del Documento unico di regolarità contributiva che apporta semplicità e chiarezza nei versamenti e garantisce una maggiore sicurezza per il lavoratore. L’Avviso comune sugli indici di congruità, siglato da poco, è un ulteriore strumento di tutela per il lavoratore poichè a seconda dell’opera da realizzare viene individuato un numero minimo di lavoratori, un monte ore e quindi la relativa contribuzione.
Il settore delle costruzioni rappresenta il 28,1% dell’occupazione industriale nell’Unione europea con circa 1.900.000 ditte (il 97% delle quali ha meno di 20 lavoratori) ed in cui sono direttamente impiegati circa 11 milioni di lavoratori. Insieme ad altri settori, quello delle costruzioni possiede un’alta percentuale di lavoro illegale e nero, un fenomeno molto sviluppato, causato anche dall’alto tasso di migrazione, sia a livello nazionale che estero. Infatti nel settore edile c’è sempre stata una grande presenza di migranti per due motivi principali: richiede un’alta intensità di manodopera e il suo prodotto non è mobile, quindi sono i lavoratori a doversi spostare. Chiaramente la presenza di lavoratori illegali comporta un grosso pericolo per il settore edile poiché se da una parte c’è il rischio dello sfruttamento umano per ciò che riguarda la salute e sicurezza e la retribuzione, dall’altra c’è il rischio della concorrenza sleale che porta alla diminuzione delle tutele sociali di tutti i lavoratori oltre a ripercussioni anche in campo economico e fiscale.
Un lavoratore che si trova in un Paese straniero in modo illegale, può essere considerato un immigrante “illegale” o “irregolare” a seconda della legislazione del Paese in cui si trova ad operare. E’ illegale se l’ingresso clandestino è considerato un atto penale, mentre è irregolare se il suo ingresso viene considerato un reato amministrativo. Quando tali lavoratori prestano lavoro nero, si può parlare di infrazione combinata: ingresso illegale nel Paese congiuntamente al mancato rispetto di regole del lavoro del Paese dove viene svolto il lavoro. Viene considerato quindi un lavoro illegale qualsiasi sua forma concepita per evadere tutti o alcuni procedimenti legali, normativi, governativi o collettivi di natura fiscale, sociale o amministrativa. Le forme di lavoro illegale si possono riassumere in: occasionali, strutturali, organizzate e criminali. Quelle occasionali riguardano principalmente piccoli lavori di ristrutturazioni di case private che magari vengono eseguite da persone, nei fine settimana, nei giorni festivi, come secondo lavoro. Quelle strutturali, invece, riguardano un contratto di lavoro a tempo pieno legalmente riconosciuto dove periodicamente viene realizzato un lavoro extra che viene remunerato con mezzi illegali, senza cioè adempiere agli obblighi sociali e/o fiscali. Per quelle organizzate, a differenza di quelle strutturali, non si ha un contratto legalmente riconosciuto, vale, ad esempio, per i “falsi” lavoratori autonomi. Infine la forma criminale, quella più seria, nel senso che può essere considerata “la schiavitù del 21° secolo”che arreca danno all’integrità del lavoratore, sia a livello fisico che psicologico. Riguarda principalmente quelle persone che conducono un’esistenza clandestina e che sono, quindi, le più vulnerabili. Nei Paesi dell’Unione Europea i sindacati da anni stanno cercando di combattere questo grave fenomeno presentando ai rispettivi governi differenti proposte, in molti casi divenute leggi, poiché solo dove c’è legalità c’è anche sicurezza e purtroppo, fino ad oggi, il settore delle costruzioni vanta, suo malgrado, il primato di infortuni mortali e non.

Claudio Sottile

Intervista al segretario generale aggiunto, Virgilio
Dal Durc alla patente a punti per le imprese. Le tappe della Filca per aumentare le tutele dei lavoratori
Segretario, tirando le somme, ad oggi, cosa si è fatto in Italia per contrastare il lavoro nero e irregolare?
Possiamo affermare che il sindacato, ed in special modo la Filca, ha sempre presentato proposte per attivare strumenti aventi come fine quello della lotta a questo fenomeni. Già dal 1996, nasce nella Filca nazionale, l’idea del Durc, il documento unico di regolarità contributiva con lo scopo di riunire le tre certificazioni dell’Inps (per i contributi previdenziali), Inail (per quelli legati all’infortunistica) e Casse edili (per quelli contrattuali), documenti che certificano i versamenti sostenuti e permettono la riscossione degli stati di avanzamento dei lavori da parte delle imprese. Ricordiamo che l’efficacia di questo mezzo è stata sperimentata, con un esito più che positivo, nella ricostruzione in Umbria dopo il terremoto del 1997: il numero degli operai iscritti alla Cassa edile è stato quasi triplicato in tre anni e, con la diminuzione del lavoro sommerso è sceso anche il numero degli infortuni, nei 15 mila cantieri umbri non si è verificato nessun incidente mortale. Quindi il Durc oltre ad essere uno strumento di regolarità è anche uno strumento per la sicurezza dei lavoratori, due fenomeni strettamente legati tra loro. Dalle realtà regionali, attraverso un cammino lungo e pieno di difficoltà , il Durc è arrivato ad essere una realtà nazionale diventando legge attraverso il Dlgs. 276 della Legge n. 30 (Biagi) esteso a tutti i tipi di appalti edili sia pubblici che privati. Il Durc, rilasciato dalle Casse edili, dopo il controllo incrociato con Inps e Inail, mette in evidenza il ruolo decisivo affidato agli enti bilaterali del settore, un ruolo centrale, quello della bilateralità per ciò che riguarda il lavoro nero e la sicurezza nei cantieri edili anche rafforzato dalla firma dell’Avviso comune sugli indici di congruità dello scorso mese dove viene definita appunto la percentuale minima di lavoro necessaria per realizzare un’opera e, quindi, il numero di lavoratori necessari e relative ore di lavoro effettuate e conseguentemente la contribuzione. Sarà proprio la Cassa edile competente a rilasciare tale attestazione, una volta aver effettuato le verifiche del caso, essendo l’unico ente a possedere dei dati riguardanti la manodopera impiegata in ogni cantiere. In questo modo la Cassa edile diventa un soggetto che valuterà i comportamenti dell’impresa è sarà un mezzo più efficace per la lotta al lavoro nero ed irregolare.
Ci sono proposte in “cantiere” ed altre in embrione per sovrastare ancora di più i fenomeni del lavoro nero e quello della sicurezza visto che sono strettamente collegati tra loro?
Già da qualche tempo è nata, sempre in casa Filca, l’idea di una “patente a punti” per le imprese, oggi al vaglio della Camera. Una sorta di permesso attraverso il quale si può avviare un’impresa edile. Il rilascio di questa “patente” dipende da una serie di requisiti che l’impresa deve possedere: ottemperare gli obblighi della formazione, essere in regola con le contribuzioni, ed altro. Tale permesso può essere revocato qualora si verifichino alcune irregolarità da parte dell’impresa per il mancato rispetto sia delle norme antinfortunistiche che per quelle riguardanti le assunzioni, oltre alla non osservanza dei requisiti sopra descritti. Inoltre è prevista anche una forma premiale per quelle aziende virtuose che investono in formazione sulla sicurezza nelle quali si riscontrano il minor rischio di infortuni. Riteniamo anche che sia fondamentale che ogni lavoratore edile venga dotato di un libretto sul quale venga descritto tutto il suo percorso formativo per quanto riguarda la sicurezza e che sia ritenuto uno strumento obbligatorio per lavorare in un cantiere. Regolarità, legalità e prevenzione sono i fattori indispensabili per avere cantieri più sicuri. Anche il rafforzamento del ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali (Rlst) è molto importante e non solo sul fronte della sicurezza. Queste figure, infatti, conquista del contratto collettivo nazionale (ccnl) del 2000, sono altamente specializzate, operano a tempo pieno e non sono condizionabili, in quanto non dipendono da nessuna azienda. Dobbiamo investire ancora di più su queste figure per la lotta agli infortuni in un settore così frammentato come quello edile.
Ci sono altre iniziative nella Filca atte a dare una maggiore tutela ai lavoratori?
Approfittando dell’opportunità offerta della legge Biagi, la Filca ha deciso di dotarsi di un’attività di intermediazione tra domanda ed offerta di lavoro nell’ambito dei settori che rappresenta. Una sorta di borsa lavoro per dare supporto ai lavoratori nel momento di ingresso o di uscita da un’impresa, quando necessitano del nostro aiuto. Stiamo ultimando la raccolta della documentazione necessaria da presentare al Ministero del Lavoro per l’autorizzazione. Nel frattempo verrà effettuata un’adeguata formazione a quelle persone che saranno dedicate a questo servizio. Inoltre ci sono altri argomenti, raccolti in un’agenda, in discussione al tavolo di concertazione con il ministro del lavoro.

 C.S.

I nodi da affrontare al ministero del Lavoro
– Riduzione del contributo per la Cassa integrazione guadagni ordinaria;
– Agevolazione contributiva dell’11,50%;
– Collocamento obbligatorio;
– Contribuzione per l’apprendistato e premi Inail;
– Responsabilità solidale,
– Semplificazione adempimenti per l’apertura dei cantieri
– Modifiche alla legge sull’immigrazione
– Immigrazione e accordi con paesi di origine;
– Apprendistato
– Formazione professionale
– Casse edili alternative

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