Lavoratori cassintegrati impiegati in nero in aziende contoterziste in affari con “l’azienda-madre”: accade in Basilicata e in Puglia, nel Distretto del salotto. Nell’area, che sorge nelle province di Bari, Taranto e Matera, il fenomeno sembra abbastanza diffuso, nonostante la gravità dell’operazione, visto che si tratta di una vera truffa ai danni dello Stato ed è penalmente perseguibile. Ma la notizia, saltata alla ribalta della cronaca dopo un’inchiesta in prima serata trasmessa nel corso della trasmissione “Piazza Pulita” di lunedì sera, in onda su La7, non è una novità dell’ultima ora. “La truffa c’è, ci è stata segnalata da tempo e coinvolge molti lavoratori in cassa integrazione”, ammette Paolo Acciai, segretario nazionale della Filca-Cisl. Il giochetto è semplice e assicura vantaggi per tutti: l’imprenditore che ha lavoratori cassintegrati li segnala ad una sua azienda contoterzista (molto diffuse quelle gestite da cinesi), che li fa lavorare in nero. Nella migliore delle ipotesi i lavoratori vengono retribuiti in parte con i voucher, i buoni lavoro, che sono una particolare modalità di prestazione lavorativa per le prestazioni occasionali, non riconducibili a contratti di lavoro in quanto svolte in modo saltuario. Il vantaggio è che il compenso con i voucher, fino alla cifra di 3mila euro l’anno, non comporta l’incompatibilità con la Cassa integrazione. L’imprenditore, quindi, acquista i divani dal contoterzista, assicurandosi così qualità del prodotto (perché è realizzato da un suo ex-operaio) e garantendosi un prezzo decisamente più competitivo (la paga-oraria nelle aziende contoterziste è decisamente inferiore a quella delle “aziende-madri”). Il contoterzista, dal canto suo, ha commesse assicurate e discreti margini di guadagno. E vantaggi ci sono pure per il lavoratore, che riesce ad aumentare le entrate mensili, limitate agli ammortizzatori sociali. “Il sistema è ben rodato – dichiara Acciai – e consente all’imprenditore di avere assicurata la professionalità, indispensabile per vendere il prodotto. Scovare le truffe non è facile, anche perché nel caso di retribuzione, anche se parziale, attraverso i voucher, il lavoratore è perfettamente in regola, seppur per una minima parte dell’orario di lavoro. Come sindacato, però, non siamo rimasto a guardare – riferisce Acciai – e più volte, in passato, siamo intervenuti denunciando questo fenomeno alle autorità competenti”. Filca-Cisl, Feneal-Uil e Fillea-Cgil non sin sono limitate alle denunce: “Il punto 16 dell’accordo sulla Natuzzi sottoscritto presso il ministero dello Sviluppo economico il 10 ottobre scorso – sottolinea il segretario nazionale della Filca – fa riferimento alle azioni di contrasto al lavoro sommerso. In particolare c’è l’impegno a ‘contrastare fenomeni di concorrenza sleale riconducibili ad attività sommerse’, come si legge nell’accordo, ‘tramite piani d’azione del Gruppo ispettivo interforze, costituito con gli organismi ispettivi di Inps, Inail, Direzione regionale del Lavoro, Guardia di Finanza, Nuclei ispettivi del Lavoro, Carabinieri, Questure e Prefetture”. Insomma, un vero gioco di squadra in grado di contrastare le truffe ed assicurare così il rispetto delle leggi e delle regole del mercato.