Di seguito l’intervento del segretario generale della Filca-Cisl, Enzo Pelle, pubblicato sul sito “Diario dei Nuovi Appalti”.
L’obbligo scattato a gennaio 2024, che prevede la digitalizzazione per ogni genere di appalto e contratto pubblico, sta mettendo in difficoltà l’intero sistema di gara. Principale cardine dell’istituto è la Banca Dati Nazionali dei Contratti Pubblici (BDNCP) gestita dall’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione. I cambiamenti ci colgono sempre impreparati: l’e-procurement, la digitalizzazione dell’appalto, costituiva già un obiettivo delle Direttive Ue del 2014 in materia di contratti pubblici, in quanto idoneo a “semplificare la pubblicazione degli appalti e accrescere la trasparenza”. Inoltre aumentava le possibilità per tutti gli operatori economici, anche i più piccoli, “di partecipare a procedure d’appalto nell’ambito del mercato interno”. Disciplina poi inclusa nel precedente Codice Appalti 50/2016. Tale obbligo, nonostante gli anni trascorsi dalla suddetta data, prima del Dl 36/2023, non aveva ancora trovato piena attuazione. È un processo che, al netto dei ritardi odierni nella registrazione certificata delle stazioni appaltanti, ha avuto un periodo di gestazione molto lungo e di non semplice risoluzione.
Il processo di digitalizzazione, quindi, è divenuto realtà soprattutto in concomitanza con gli obiettivi stabiliti dal Pnrr, e di conseguenza con gli impegni intrapresi nei confronti della Commissione Europea. Per quanto gli effetti siano indubbiamente positivi, e la Filca-Cisl abbia sempre sostenuto come la digitalizzazione e la trasparenza siano gli obiettivi da perseguire in un sistema di semplificazione, non possiamo, però, accontentarci unicamente di assolvere al compito tecnico affidatoci, non sfruttandone le potenzialità relative alla corretta e concreta esecuzione qualitativa di un appalto. Il semplice adempimento tecnico, come dimostrato in questo primo mese di attuazione, arreca problematiche e ritardi, se non è preparato coinvolgendo gli attori interessati, con tempistiche certe. Possiamo effettivamente osservare che, se la digitalizzazione della programmazione si sia svolta senza troppe complicazioni, quella di affidamento incontra difficoltà e ritardi nell’adeguamento delle piattaforme deputate, che bloccano di fatto molteplici attività pubbliche. Riconosciamo come una fase di avvio di un sistema nuovo implichi delle necessità di assestamento, anche tecnico. Questo è stato dimostrato, a titolo di esempio, dalla corretta azione dell’Anac, che con un comunicato ha esentato fino a ottobre 2024 le stazioni appaltanti dall’utilizzo delle piattaforme per le spese sotto i 5.000 euro.
Ma è importante sottolineare un aspetto specifico: il processo di digitalizzazione investirà anche la fase di realizzazione, il momento più complesso per le opere. Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, per espressa volontà del legislatore, prevede il passaggio di questa fase in digitale entro giugno 2025. A questo si lega l’introduzione del BIM dal 1° gennaio 2025 per tutti gli appalti sopra il milione di euro. Allora diventa evidente il bisogno fondamentale di prepararsi, concretamente e per tempo, all’avvio di questa nuova fase. Seppure il BIM, sul panorama internazionale, stia diventando anche una metodologia di modeling che lascia il passo alla più moderna Intelligenza Artificiale. Bene stanno facendo le stazioni appaltanti accreditate in tema di formazione, e lo stesso discorso vale per il settore privato. Ma con l’entrata in vigore della nuova soglia obbligatoria, nel 2025 sarà fondamentale potenziare e accelerare questa preparazione. Non basta: la digitalizzazione della fase di esecuzione deve anche essere legata alle prospettive, sia normative, sia di qualità e trasparenza, che il settore può offrire. Pensiamo al Cartello di cantiere digitale o alle varianti in corso d’opera e ancora al Durc, digitale già dal 2015, e alla congruità nel calcolo della manodopera. Fondamentale sarà il coinvolgimento di tutti gli attori, quindi, in un’ottica di intervento sinergico e trasparente, al fine di non bloccare il paese in un momento di transizione così importante e portare il sistema dell’investimento italiano verso la semplificazione, la trasparenza, la modernità, la sostenibilità e la qualificazione.