Vi proponiamo di seguito un articolo di Maurizio Petriccioli, segretario confederale della Cisl, pubblicato oggi dal quotidiano “Conquiste del Lavoro”.
“Il nostro segreto è tanta qualità e dialogo continuo con il sindacato”. Sono le parole di Martin Winterkorn, amministratore delegato del gruppo Volkswagen, a spiegare le motivazioni di un successo, quello ottenuto nel 2011, che appare ancora più straordinario se si considera che il risultato è maturato in controtendenza rispetto ai dati del settore automobilistico e che l’incremento delle vendite si è realizzato prevalentemente in Europa e nel Nord America, dove vi è una sovrapproduzione di automobili e la domanda aggregata maggiormente risente degli effetti della crisi. Ma l’altro dato interessante è che l’utile record di 15 miliardi di euro è stato almeno in parte (al netto delle “pesanti” stock options destinate al gruppo dirigente) ripartito fra i lavoratori, che ottengono un bonus di 7.500 euro l’anno. Da questa cronaca emergono considerazioni che vale la pena approfondire. La più interessante, mi sembra, riguarda l’assoluta non sovrapponibilità fra il modello Volkswagen ed il modello Fiat. A marcare questa differenza, nei giorni scorsi, è stato lo stesso Sergio Marchionne: “Andiamo dove si fanno affari, siamo nomadi”. Una sintesi efficace che conferma le scelte strategiche compiute negli ultimi anni di Maurizio Petriccioli dalla casa torinese. Il trasferimento di benessere dai paesi dell’occidente verso “il mondo nuovo” amplia i mercati di sbocco, produce nuove opportunità di consumo ed investimento ma crea anche nuove schiere di imprenditori e finanzieri. Una maggiore concorrenza da vincere sul piano della qualità, dell’innovazione di prodotto e di processo, della sostenibilità sociale ed ambientale.
I tedeschi lo hanno compreso da tempo. Per questo il loro “modello”, pur non completamente ed in tutto esportabile alla realtà italiana, soprattutto a causa del livello dimensionale medio delle imprese, è vincente. Ora devono comprenderlo anche Mar-chionne e l’altra parte del movimento sindacale che continua a privilegiare modelli di relazioni antagonistici. La Cisl ha indicato un’altra strada. La Fim l’ha tracciata concretamente in tempi più recenti, assumendosi, le proprie responsabilità, come nel caso di Pomi-gliano e di Miratimi. Dunque, c’è da sperare che l’esempio Volkswagen risvegli l’interesse del mondo politico, sindacale edimprenditoriale sui temi della partecipazione. In una rilettura che guardi non solo alle prospettive di crescita della democrazia economica e alla giustizia sociale ma come opportunità concreta per rilanciare il sistema economico e le imprese. Per questo la Cisl, insieme ad alcune federazioni di categoria dell’industria (la Fai, la Femca, la Filca, la Fim e la Flaei), intende rilanciare i temi della partecipazione strategica, organizzativa e finanziaria, dei lavoratori nell’impresa, cogliendo l’occasione della presentazione delle piattaforme per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Occorre aggiornare e rendere esigibili i diritti di informazione e consultazione già previsti nella parte prima dei contratto nazionale; rafforzare la bilateralità, collegandola sempre più alla gestione diretta di parti contrattuali; utilizzare gli strumenti messi a disposizione dal codice civile per attuare la partecipazione finanziaria dei lavoratori al capitale dell’impresa e fare passi in avanti concreti sul piano della partecipazione strategica alla governance, anche traendo spunto da esperienze interessanti, quali quelle realizzate recentemente in alcune aziende partecipate dal Comune di Verona. Ad un’analisi superficiale potrebbe sembrare azzardato, o comunque fuori luogo, rilanciare questi temi nel bel mezzo di una crisi economica di portata planetaria. Eppure noi riteniamo che le attuali esigenze di ristrutturazione e riconversione produttiva e commerciale del nostro Paese possano avvenire solo con un “cambio di visione” nelle relazioni sindacali e nel governo delle imprese e della finanza.
Questa è l’alternativa, sia rispetto ad un modello di relazioni sindacali antagonistico, perdente e superato dalla storia, sia rispetto alla retonca padronale di un capitalismo fragile e familistico, ostaggio della speculazione finanziaria e della redistribuzione su scala planetaria. La vicenda della Volkswagen lo conferma.