L’area biellese e il nord Italia in generale possono dirsi al sicuro dal rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata? Se ci fermiamo all’apparenza del fenomeno mafioso, con i suoi riti e le sue evidenze, certamente più conclamati al sud, forse si può affermare che dalle nostre parti questa piaga sociale sia meno rilevante, salvo alcuni casi clamorosi, ma episodici. Ma se si cerca di guardare con maggiore attenzione alle dinamiche sociali che mettono al centro degli interessi il denaro, possiamo trovare delle sorprese.
Il dubbio è stato insinuato l’altra sera alla Fondazione Pistoletto da Alessandro De Lisi, esperto consulente della commissione anti mafia ed ex collaboratore del magistrato Caponnetto a Palermo, che è intervenuto all’affollato convegno promosso dal sindacato edili della Filca Cisl sull’utilizzo di strumenti sociali contro le mafie. «Occorre seguire il flusso dei soldi, diceva il giudice Falcone» ha spiegato De Lisi. «E anche se nelle province del nord non assistiamo al riprodursi di fenomeni mafiosi così come ce li immaginiamo, va detto che in queste società si manifestano “entità” che, per interessi economici, riproducono il fenomeno della criminalità organizzata o che, importandolo attraverso le famiglie, realizzano una vera e propria clonazione delle cosche».
Visto così il fenomeno mafioso al nord assume un aspetto inquietante, come ha sottolineato il segretario della Filca biellese Piero Tarizzo: «Nel Biellese la mafia ha una presenza “media” per intensità del fenomeno, ma dobbiamo tenere la guardia alta, perchè a pochi chilometri da noi, a Milano, intorno al business dell’Expo, ci sono stati 300 arresti e i soldi che la n’drangheta ricava dal traffico di droga, vengono impiegati nell’usura per strozzare le imprese locali, rilevarli e assicurarsi gli appalti con una patente di regolarità, senza dover necessariamente sparare in mezzo alla strada».
La proposta della Cisl sta nel Progetto san Francesco, alla base del convegno, di cui è responsabile lo stesso De Lisi, che punta a creare una rete sociale per costruire un contesto ambientale sfavorevole a infiltrazioni mafiose. E propio l’appuntamento di Biella è servito a sancire un’alleanza, in quest’ottica tra la Filca e il Siulp, il sindacato di polizia, il cui segretario biellese Davide Mauro, ha spiegato il senso parlando di una collaborazione che consenta, grazie ai delegati sindacali nei cantieri, di raccogliere informazioni preziose per le forse dell’ordine. A Biella iniziative che coinvolgono diverse istituzioni per la regolarità in campo edile, non sono nuove. Il viceprefetto Davide Garra ha infatti spiegato che la nostra provincia è stata tra le prime in Italia a costituire un osservatorio sui cantieri, con sindacato, imprese, enti di vigilanza, per la correttezza previdenziale e il rispetto delle norme di sicurezza.
Il colonnello dei carabinieri Federico Ruocco, ha invece sottolineato importanti risultati operativi dei suoi uomini, sul fronte dell’usura, che sono rimasti riservati per proteggere le vittime. L’edilizia è quindi un settore esposto alle infiltrazioni criminali, ma il sindacato non ha intenzione di criminalizzare un settore che, come ha spiegato il segretario regionale della Filca Piero Donnola, è parte rilevante del prodotto interno lordo e da lavoro a milioni di addetti, operando per lo sviluppo economico e infrastrutturale del Paese. Si vuole solo che tutto ciò avvenga nella legalità, tutelando così non solo i lavoratori, ma anche le imprese che agiscono correttamente e che spesso si vedono scippare gli appalti da concorrenti dalla dubbia reputazione.
Donnola ha quindi ammonito sul fatto che in Piemonte il problema della criminalità sia tutt’altro che marginale e ha lodato la recente legge 136 sulla tracciabilità dei cantieri, varata dal Governo: «Perchè» ha detto «il primo passo per tenere lontana la mafia dall’edilizia, è di garantire sicurezza e correttezza contrattuale». Un modo certamente diverso di fare sindacato in edilizia, è stato quello raccontato dal segretario della Filca di Palermo Salvatore Scelfo, che, riferendosi ad alcuni episodi particolari (come il taglio delle gomme delle auto dei fedeli alla messa di Natale di don Garau, erede di don Puglisi ucciso dalle cosche), ha fatto capire cosa significhi vivere in un contesto fortemente compromesso come quello siciliano.
Gianclaudio Vianzone, segretario regionale del Siulp Piemonte, ha invece messo in luce le difficoltà delle forze dell’ordine alle prese con i tagli imposti dal governo che impediscono agli agenti di operare al meglio: «Nonostante ciò abbiamo ottenuto risultati importanti, che, però va detto, ci sarebbero stati con qualunque governo». La società civile che potrà costituire un forte partner di questa rete sociale contro la mafia, era rappresentata da due testimonial: il primo, Lorenzo Tivelli, è uno studente dell’associazione “No Mafie”, che ha spiegato come certe forme di associazionismo giovanile possano fornire un’occasione di lavoro e aggregazione sociale per i suoi coetanei, utilizzando al meglio i denari confiscati alla mafia; Domenico Cipolat, coordinatore della rete di Libera a Biella, che raduna 20 associazioni, ha invece spiegato come, a livello locale, venga riproposto lo schema di rete che Libera sta costruendo in tutta Italia.
Infine, le conclusioni della segretaria regionale della Cisl Piemonte Giovanna Ventura, che ha lanciato un messaggio forte: «La cosa peggiore che possiamo fare è rassegnarci e rinunciare a combattere. Ciò vale nella lotta contro le infiltrazioni mafiose, ma anche in quella quotidiana del sindacato per la tutela del lavoro». La Ventura ha anche aggiunto che «contro la criminalità organizzata, la prima difesa sta nel corretto funzionamento della pubblica amministrazione».