È proseguito anche durante il mese di agosto lo stato di agitazione del settore del legno arredo, deciso dai sindacati di categoria FenealUil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil dopo la rottura della trattativa da parte di Federlegno per il rinnovo del contratto. Ad oggi ci sono circa 150 mila addetti che aspettano il nuovo Ccnl da oltre 17 mesi. Lo stato di agitazione prevede il blocco della flessibilità e degli straordinari, mentre si susseguono attivi e assemblee in tutti i luoghi di lavoro. Nei prossimi giorni, inoltre, la Filca avvierà una serie di riunioni tra le Rsu in diverse realtà territoriali italiane. Tra le date già fissate ci sono venerdì 11 settembre in Lombardia, lunedì 14 nelle Marche, martedì 15 nel Triveneto e giovedì 17 in Umbria, mentre altri incontri sono in corso di definizione.
“Nei 15 incontri svolti con Federlegno in questa lunga trattativa – ha dichiarato il segretario nazionale della Filca, Salvatore Federico – abbiamo sempre dimostrato la nostra disponibilità nel trovare soluzioni condivise nell’interesse delle comunità aziendali. Prendiamo atto della inaccettabile e immotivata chiusura della parte datoriale. Nessun riscontro da parte di Federlegno anche su temi a noi molto cari come ambiente e sicurezza, formazione, diritti, bilateralità, welfare. Quella decisa i primi di agosto è la seconda mobilitazione del settore, dopo lo sciopero generale del 21 febbraio scorso. È davvero arrivato il momento di dare una vigorosa accelerata alla trattativa e di raggiungere in tempi rapidi l’accordo sul testo da noi rinviato alla controparte”.
“A complicare le cose, però, ci sono le dichiarazioni di Bonomi: il presidente di Confindustria – spiega Federico – è intervenuto a gamba tesa sul tema della contrattazione, parlando di rivoluzione e ricordando solo i punti di suo interesse previsti nel Patto per la fabbrica, sottoscritto da sindacati e Confindustria. Un accordo che deve essere rispettato da tutti perché definisce nel migliore dei modi come si fanno i contratti e la loro importanza per la crescita del Paese. Attraverso la contrattazione possiamo gestire l’innovazione, la formazione delle nuove competenze, il benessere organizzativo nelle aziende e la partecipazione dei lavoratori, creando le condizioni per una ‘Comunità aziendale’, che è alla base della dignità del lavoro e che avrebbe effetti positivi anche sulla produttività, a vantaggio delle imprese. C’è bisogno di un chiarimento, ad esempio, sulle misure di welfare previste nei contratti e sulle modalità di erogazione delle stesse”.
“Un esempio: sarebbe giusto condividere le misure del welfare aziendale concesse dal datore di lavoro senza un accordo con il sindacato, facendole quindi passare per la contrattazione, valorizzando così il confronto. E poi bisognerebbe estendere anche ai prossimi anni la possibilità di raddoppiare il limite massimo della somma prevista per il welfare aziendale, che passerebbe così da 258 a 516 euro. Su questi temi sono perfettamente d’accordo con quanto ha dichiarato recentemente il neo segretario generale della Fim, Roberto Benaglia. Va inoltre riconosciuta l’importanza della bilateralità e del vantaggio che essa produce sia per i lavoratori che per le imprese, e anche per il territorio in cui l’impresa insiste. Ci preoccupa inoltre la situazione nelle imprese sul fronte della sicurezza anti-Covid. Nelle aziende italiane gli addetti lavorano e rischiano ogni giorno, rappresentando un potenziale contagio anche per i propri familiari. È per questo motivo che è necessario mettere in atto tutte le misure idonee ad azzerare i rischi di contagio, garantendo la massima sicurezza in tutti i luoghi di lavoro. Attraverso il protagonismo dei Comitati aziendali, ad esempio, si potrebbero investire risorse economiche per la prevenzione del Covid”.
“È il momento però di passare ai fatti – prosegue il segretario nazionale della Filca – garantendo un contratto dignitoso e moderno e assicurando ai lavoratori la sicurezza, un salario adeguato, condizioni di lavoro caratterizzate dal benessere organizzativo e dalla partecipazione degli stessi lavoratori alle decisioni dell’azienda. Di questo ha bisogno la comunità aziendale, non certo della rivoluzione bonomiana. Anche perché una vera rivoluzione vorrebbe dire rafforzare ancora di più la partecipazione e la bilateralità, due temi a noi molto cari. Tutto ciò vale in modo particolare per il contratto del legno, un settore che in passato si è rivelato moderno e lungimirante. Oggi può davvero diventare un esempio per tutti gli altri comparti, un modello da imitare”, ha concluso Federico.