Da Conquiste del Lavoro di venerdì 9 giugno 2017 – Articolo di Ester Crea (scarica il pdf)
Quattro terremoti in 8 anni, gli anni della crisi economica più devastante dal Dopoguerra ad oggi. E’ così che oggi appare l’Italia: un paese terremotato, alle prese con una difficile ricostruzione tanto del tessuto economico quanto di quello sociale. Lo sanno bene i lavoratori dell’edilizia, non tanto e non solo perché costruire è il loro mestiere, ma perché sono stati tra i primi a subire il tracollo.
Le cifre le ha fornite Franco Turri, segretario generale della Filca Cisl, il primo sindacato del settore per numero di deleghe delle Casse edili (dunque di iscritti certificati), che proprio ieri ha chiuso i lavori del suo congresso nazionale: 800mila i posti di lavoro persi dal 2008. Dati che pur tenendo in considerazione la lieve ripresa del biennio 2015/2016, confermano lo tsunami che ha travolto il settore nel periodo 2008/2017 in tutte le voci, con un calo superiore al 50%: lavoratori, monte salari, ore lavorate, imprese, permessi di costruzione. E’ così che l’Italia è finita in fondo a tutte le relative classifiche tra i Paesi dell’Unione europea. Eppure, a parole, tutti riconoscono nell’edilizia un settore anticiclico, in grado di far ripartire il Paese. Vale sempre l’esempio degli Stati Uniti, che uscirono dalla crisi del ’29 grazie alle politiche keynesiane e all’edilizia (lo stesso Turri lo ha ricordato). Le occasioni, peraltro, non mancano: basterebbe mettere in sicurezza il nostro territorio, tra i più fragili a livello mondiale tanto per l’assetto idrogeologico quanto per il patrimonio costituito dai suoi beni storici e artistici. Il problema è far ripartire la macchina.
”Sul settore pesano le mancate riforme, – incalza il sindacalista – la corruzione, le scelte contradditorie ed altalenanti in materia di grandi opere, la lenta e farraginosa applicazione del nuovo Codice degli appalti, la mancata riduzione del numero delle stazioni appaltanti, l’incapacità di spesa e progettazione delle pubbliche amministrazioni, la gestione dei finanziamenti a singhiozzo, la burocrazia, la frammentazione delle imprese, la perdita di potere d’acquisto delle persone, la scomparsa dell’attrattività del mattone come bene rifugio, il costante e continuo blocco delle opere pubbliche… fino al paradosso che anche dove ci sono i fondi i cantieri non partono perché le stazioni appaltanti non sono in grado di produrre una progettazione esecutiva”. Il risultato più evidente sono le grandi opere incompiute e l’abbandono di intere aree del Paese, a cominciare dal Mezzogiorno. Altro che industria 4.0! Il rischio che corriamo è la desertificazione, e non solo industriale. Da qui l’appello che il sindacato dei lavoratori delle costruzioni della Cisl – unendo l’occasione dell’appuntamento congressuale alla fase di avvio della ricostruzione post terremoto in Centro Italia – ha lanciato a sostegno di una grande campagna per il lavoro edile.
Otto, in particolare, le priorità indicate nella relazione di Turri: 1) lo stimolo e l’impegno nei confronti della pubblica amministrazione e delle stazioni appaltanti perché procedano in breve tempo all’apertura dei cantieri delle opere già finanziate e/o sospese; 2) l’attivazione dell’osservatorio per la verifica dello stato di attuazione delle opere o degli ostacoli che ne impediscono la partenza; 3) l’accelerazione dell’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti; 4) la ricerca di fondi di finanziamento innovativo per le opere pubbliche; 5) l’utilizzo dei fondi pensione per finanziare opere pubbliche ed attività produttive; 6) dare sistematicità e continuità ai bonus per l’edilizia; 7) l’attuazione del progetto Casa Italia; 8) la costruzione di infrastrutture materiali ed immateriali (porti e ferrovie, ma anche scuole e banda larga) per sostenere i processi di innovazione della cosiddetta quarta rivoluzione industriale.
“Dobbiamo impegnarci per far capire che il settore delle costruzioni vuole offrire un contributo per una vita migliore per tutti”, ha precisato il segretario generale della Filca, richiamando non solo il titolo della tavola rotonda organizzata dal sindacato sui problemi della ricostruzione post terremoto, ma anche ricordando che c’è un’edilizia di qualità che nulla ha a che vedere con la cementificazione e gli ecomostri, e che rappresenta invece un’opportunità per migliorare l’ambiente e la qualità della vita delle persone, rendendole più sicure. “Ai politici spetta la scelta di incanalare risorse ed energie verso un modello di sviluppo che punti alla coesione ed al rilancio del Paese”, ha aggiunto, richiamando così quel patto per l’Italia che il sindacato di Via Po chiede inutilmente da anni.