Il territorio etneo è uno dei più sismici in Italia, come dimostrano le cronache di questi giorni, eppure
l’intera zona è classificata come area a rischio sismico 2 e non 1. A lanciare l’allarme sono stati la Filca Cisl e la Cisl Sicilia che un mese fa hanno scritto una lettera al vicepremier Luigi Di Maio, chiedendo di intervenire per la ridefinizione del rischio. Dopo la tragedia scampata di questi giorni, la Cisl e la Filca Cisl Catania, tornano a chiedere che il governo nazionale si attivi immediatamente per risolvere quest’illogicità amministrativa. “L’attuale indicatore di rischio sismico – affermano Maurizio Attanasio e Nunzio Turrisi, segretario generale Cisl Catania e segretario generale Filca Cisl Catania – ha impedito, nel corso degli anni, di poter mettere in piena sicurezza l’area, partendo dalla riqualificazione e dalla messa in sicurezza degli edifici pubblici. Alla luce degli eventi sismici di questi giorni non è più rinviabile la riclassificazione del rischio sismico, da 2 a 1”. La Cisl e la Filca Cisl ricordano il dossier realizzato nel 2013 dal servizio sismico nazionale, elaborato attraverso una simulazione realizzata sulla base di questi parametri: la densità abitativa e i dati del Sige (Sistema informatico di gestione delle emergenze della Protezione civile) sulla vulnerabilità degli edifici (in base ad altezza e a epoca/materiali di costruzione) e sul tipo di terreno dove sorgono. Su queste variabili, lo studio ha elaborato i cosiddetti “scenari di danno comunali”, con tre diverse ipotesi : terremoti di bassa, media e alta intensità. Per l’ultima ipotesi si calcola la potenza massima della storia sismica di ogni singolo territorio. Se oggi si ripetessero quegli eventi, il quadro – secondo il dossier del Servizio sismico nazionale – sarebbe apocalittico. Catania sarebbe la città italiana con il maggior numero di quelle che nel documento si chiamano “persone coinvolte” (morti e feriti): ben 161.829. A cui si aggiungerebbero 136mila senza tetto. Secondo uno studio elaborato nel 2013 dall’ordine regionale dei geologi, secondo cui sempre in Sicilia la probabilità di sisma di magnitudo 7, nei prossimi 150 anni, è del 99%. “È prioritario che si realizzi la cosiddetta via di fuga dall’Etna, ovvero la strada che collega i paesi dell’area pedemontana alla tangenziale di Catania, come previsto dalla Protezione civile – dichiarano Attanasio e Turrisi – i fondi per l’opera sono inseriti all’interno del Patto del Catania, ma a oggi manca il progetto esecutivo. Serve una cabina di regia della Città metropolitana di Catania che metta insieme tutti i Comuni coinvolti per dotare presto il territorio di un’infrastruttura essenziale per la sicurezza”. Per la Cisl e la Filca Cisl catanese, “vanno attuati subito gli interventi per la messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici e privati, così come vanno predisposti tutti i piani di intervento comunali”. “Scopriremo prima o poi cosa abbia determinato in questi anni la classificazione del rischio sismico 2 per una zona come quella etnea – aggiungono Attanasio e Turrisi – ma in attesa che si sciolga quest’arcano, ricordiamo l’elevato pericolo che incombe su tutto questo territorio. Non possiamo essere impreparati rispetto a terremoti in una zona come questa, che deve essere a rischio sismico 1 e non 2 come attualmente”.