Cambia la figura del restauratore

Cambia la figura del restauratore

Roma
Nel 2004 la diminuzione degli investimenti per il settore è stata pari al 30%
30.000 cartoline di protesta pronte ad “invadere” il ministero
Parte da Roma la protesta dei restauratori italiani, che hanno indetto per oggi una mobilitazione contro il decreto del ministro dei Beni Culturali, Urbani, che ridefinisce i profili dei restauratori. In Italia lavorano circa 30.000 restauratori, l’80 per cento sono donne. La maggior parte è costituito da giovani: l’età media è di 32 anni. L’ iniziativa unitaria nazionale è promossa dai sindacati degli edili, Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil. Nel corso dell’incontro sono state illustrate le modifiche proposte dai sindacati al Decreto del Ministero Beni Culturali, che definisce troppo genericamente i profili degli addetti al restauro e degli altri operatori che svolgono attività complementari al restauro, snaturando l’inquadramento professionale del Contratto Nazionale degli Edili. L’iniziativa sarà caratterizzata dalla raccolta di firme e dalla distribuzione di 30 mila cartoline da far sottoscrivere ai lavoratori del restauro che verranno inviate al Ministro dei Beni Culturali. Nonostante le dichiarazioni fatte sull’importanza economica e strategica dei Beni Culturali nel nostro paese, il Governo in realtà non punta e non investe adeguate risorse per lanciare un’economia di settore. A partire dal 2000 si è assistito ad una progressiva contrazione della spesa, come si deduce dai dati relativi ai finanziamenti destinati alla conservazione, nel 2004 si è infatti registrata una diminuzione degli investimenti pari al 30% su base nazionale rispetto all’anno precedente. La scelta di tagliare così drasticamente i fondi non è giustificabile e corrisponde ad una pericolosa deresponsabilizzazione da parte del governo verso un settore strategico come questo. E’ necessario sottolineano i sindacati degli edili che l’intero sistema venga preso in considerazione anche come sistema produttivo che promuove cultura. Bisogna puntare ad un insieme di regole che pur tenendo fermi i principi di tutela, conservazione e fruizione, garantiscano alle imprese ed agli operatori del settore il riconoscimento della professionalità, dei diritti e delle tutele. Le principali disfunzioni nascono, oltre che dai motivi sopra indicati, da un problema di fondo che è quello della mancanza di strumenti di riconoscimento omogenei delle professionalità operanti nel settore. Un problema che investe tutte le figure che operano nei beni culturali; dall’Archeologo, allo Storico dell’Arte, al laureato in Beni Culturali, al Tecnologo della Conservazione fino ad arrivare al Restauratore, per il quale il problema è ulteriormente complicato dalla mancanza di percorsi formativi chiari e dalla totale assenza di standard formativi di riferimento. Il problema dell’individuazione di chi è restauratore e chi no è certamente uno dei grandi nodi nel settore della conservazione. Tale problematica, scaturita dalla necessità di garantire interventi di alta qualità, sulle opere d’arte che costituiscono il nostro patrimonio culturale, ha catalizzato l’interesse e la discussione degli ultimi anni all’interno del mondo del restauro. A queste discussioni non ha corrisposto da parte delle Istituzioni un atteggiamento responsabile che portasse a fare chiarezza sulle professionalità necessarie al settore, ritardando di fatto l’elaborazione di standard formativi che permettessero di realizzare corsi di studio uniformi per tipologia e titoli rilasciati. In Italia esistono tre Istituti statali, che dipendono direttamente dal Ministero per i beni e le attività culturali; l’Istituto Centrale per il Restauro, l’Opificio delle Pietre Dure, l’Istituto Centrale per la Patologia del Libro (l’Istituto per il Restauro del Mosaico sta cercando di ottenere da anni il riconoscimento ufficiale del titolo). I primi due Istituti sono attivi e formano in tutto 36 restauratori all’anno. I titoli rilasciati sono gli unici riconosciuti dalle Soprintendenze per il conseguimento della qualifica professionale di restauratore. Da queste due scuole sono usciti dal dopo guerra ad oggi circa 1.300 restauratori. Esistono poi moltissime scuole regionali, provinciali e private che hanno già licenziato circa 10mila restauratori ai quali però le Soprintendenze non riconoscono la formazione. Bisogna sottolineare che l’esiguo numero di Restauratori diplomati e riconosciuti nel nostro Paese non è sufficiente a soddisfare la richiesta di lavoratori nel settore. Aggiungiamo a questa lista anche molti lavoratori privi di formazione specifica, che hanno acquisito la loro professionalità direttamente sul cantiere, in alcuni casi attraverso contratti di formazione lavoro. Tutti questi lavoratori non sono mai stati considerati, dalle Soprintendenze e dalle imprese del settore, restauratori di beni culturali malgrado i titoli ottenuti dai diversi centri di formazione. Il Ministero calcola che non vi siano in Italia più di 600 restauratori di beni culturali, mentre ignora il numero dei così detti collaboratori restauratori di beni culturali. E’ in via di pubblicazione un nuovo Decreto che stabilisce i profili di competenza dei restauratori e degli operatori che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione dei beni culturali mobili e delle superfici decorate di beni architettonici, adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 d’intesa con la Conferenza Stato – Regioni. Vengono individuati quattro profili professionali: • Il Restauratore conservatore di beni culturali • L’Operatore qualificato sui beni culturali • L’Operatore specializzato sui beni culturali • Altre attività complementari e integrative di conservazione dei beni culturali e delle superfici architettoniche decorate. Il Progetto di Decreto definisce per il momento solo la figura del Restauratore conservatore di beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici, mentre individua solo i contenuti essenziali delle competenze degli altri operatori. L’approfondimento di questi ultimi profili di competenza viene rimandata ad un successivo decreto da concordare con le Regioni. Inoltre la descrizione delle competenze professionali previste per la figura dell’operatore qualificato di beni culturali non corrisponde all’attività fino ad oggi svolte dalle figure di collaboratori restauratori nei cantieri e nei laboratori di restauro, dove hanno sempre svolto, sotto le indicazioni metodologiche di un restauratore accreditato presso le Soprintendenze, tutte le operazioni di restauro conservativo, talvolta gestendo interamente il cantiere. Tutte queste figure non possono venire ignorate, va loro riconosciuto il ruolo svolto in tutti questi anni a sostegno della salvaguardia del nostro patrimonio culturale. Dopo l’iniziativa di Roma, alla quale hanno partecipato, oltre ai rappresentanti del settore restauro, il Segretario Generale di Feneal Uil Franco Marabottini, il Segretario Generale aggiunto di Filca Cisl Giuseppe Virgilio e il Segretario Generale di Fillea Cgil Franco Martini la mobilitazione proseguirà nelle principali città d’arte del nostro Paese: Bologna, Catania, Firenze, Napoli, Perugina e Venezia, città nelle quali per tutto il mese di maggio le organizzazioni territoriali unitarie di categoria organizzeranno appositi presidi nei punti di maggior incontro con l’opinione pubblica. Roma 18 aprile 2005
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